Milano

Lo sciopero della mimosa

Donne, per favore, quel fiore caduco, e dal profumo troppo intenso, quasi nauseante, non accettatelo quest’anno per l’8 marzo. Provate a rifiutarlo con un gentile "No, grazie". E se chi ve lo regala (o propina?), insiste in maniera ossessiva, stalkerizzante, buttatelo. Come se vi liberaste da un giogo virtuale…

Nell’era della superficialità, delle relazioni a portata di click, del diritto all’oblio e della post verità (quella che emerge dopo, nella maggior parte dei casi quando si verifica un femminicidio: prepotenze, minacce, violenze note a tutti ma, si sa, l’omertà regna sovrana negli affari privati…), guardo al qui e ora (hic et nunc, giusto così, per essere definita elitaria). 

La violenza sulle donne è trasversale all’età delle vittime ed alla latitudine in cui vivono. Alle porte di Milano, Rozzano, si sono consumati per anni gli abusi di un nonno ai danni della nipotina; in Argentina, regione di Tucuman, una ragazzina di 11 anni, sì undici, ha dato alla luce con un cesareo d’urgenza il bambino frutto degli stupri del compagno della nonna. Un parto avvenuto dopo 5 settimane di dinieghi all’interruzione di gravidanza richiesta dalla stessa mammina ed effettuato da una ginecologa che ora rischia sanzioni. 

In fondo che cosa vale la vita di una donna? Sedici anni di reclusione se l’omicida ha agito per la tempesta emotiva suscitata dalla gelosia (sentimento già nobile di per sé…). E’ appena accaduto, in appello a Bologna, dove un uomo, dopo aver strangolato a mani nude per gelosia una donna conosciuta da un mese, si è visto dimezzare la condanna a 30 anni comminata in primo grado. Proprio in virtù della soverchiante tempesta emotiva alla base del gesto… Ci stiamo riavvicinando, sotto mentite spoglie, al delitto d’onore? Eppure sembrava essere stato finalmente ostracizzato il raptus, “un termine senza senso psichiatrico”. A dirlo non un tuttologo bensì Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano.

In questi giorni si è riaperto il dibattito sulle quote (rosa) nei Cda. Sacrosanto, vista la scolarizzazione di successo delle donne e la loro sacrosanta aspirazione (e usiamo pure anche il termine, spesso deprecato, ambizione) ad un percorso professionale senza disparità di genere. Siamo – ancora – alla punta dell’iceberg, al soffitto di cristallo per chi vi è prossimo ma siamo terribilmente lontani/e dalla realtà vissuta nelle difficili periferie, nei quartieri dormitorio, nelle baraccopoli che albergano, come noto, anche da noi.

Anche per questo aderiamo allo sciopero della mimosa! Diciamo NO ai selfie con il fiore giallo. Gesti rivoluzionari nell’era della omogeneizzazione dei trattamenti  e della omologazione dei comportamenti ma un passo, piccolo ma carico di significato, nella direzione del recupero, da parte delle donne, di una completa e diffusa dignità (sostantivo, non a caso, di genere femminile…).

 

Giovanna Guzzetti








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