Milano
“Per Milano una Moratti leghista”. Bolognini: “Sala? Si può battere”
Per Milano 2021 ci vuole una “Moratti leghista”: è la sfida lanciata dal nuovo coordinatore della Lega Stefano Bolognini. L'INTERVISTA
Di Maria Teresa Santaguida
Per Milano 2021 ci vuole una “Moratti leghista”: è la sfida lanciata dal nuovo coordinatore cittadino della Lega, e assessore regionale alle Politiche Sociali e abitative,
Da poco oltre alla carica di assessore alla Casa in Regione è diventato coordinatore cittadino della Lega. Quali sono i primi passi in questo nuovo ruolo?
Starò a Milano tutto agosto per impostare il lavoro con cui partire a settembre. Sto pensando ad esempio a come la Lega potrà incidere nella rigenerazione di un’area di città nuova che nascerà con la fusione degli ospedali San Paolo e San Carlo: insieme alla riqualificazione dello scalo ferroviario di San Cristoforo e con l’arrivo della M4 quella zona a sud di Milano cambierà volto. Il sindaco Giuseppe Sala ha parlato di orti urbani, ma noi vogliamo provare ad immaginare anche delle attività commerciali e dei parcheggi. Sono temi amministrativi, ma credo che i partiti debbano avere la funzione di coinvolgere i cittadini anche in questo. Con i parlamentari italiani ed europei, come
Che cosa manca alla Lega per conquistare Milano-città?
Mi viene in mente la manifestazione che abbiamo fatto quando è stato approvato il provvedimento dei biglietti a 2 euro: una vera stangata per i milanesi. C’erano tanti politici, ma non siamo stati in grado di coinvolgere le persone normali, che pure sono state quelle più colpite dall’aumento. Dobbiamo parlare di più con la società civile: con le periferie di Milano che soffrono, ma anche con il centro. C’è una fascia di malcontento che non crede alla versione della città raccontata dal sindaco Sala. Lui appare sempre bello, simpatico, efficace ed efficiente, ed è riuscito a trasferire questa immagine anche su Milano, ma c’è una parte di città che non funziona, e noi dovremo essere coscienza critica. Perché dall’esterno si potrebbe pensare ad una sorta di ‘paese dei balocchi’, ma così non è.
E quali sono gli alleati nel far emergere questo racconto alternativo?
Faccio un esempio: solo a Lorenteggio e Giambellino ci sono 50 associazioni che si occupano del quartiere. Con loro dobbiamo dialogare, se è vero che il ruolo del partito è diverso da quello dell’amministrazione. Quanto al centro cittadino: è logico che ora le élites si rapportino con chi governa, ma dobbiamo dimostrare che possono parlare anche con noi. Penso alla scuola e al sindacato: due mondi da cui siamo stati sempre esclusi. Ora al ministero dell’Istruzione c’è Marco Bussetti, in quota Lega e già provveditore di Milano. E anche nel sindacato abbiamo fatto passi avanti, ad esempio nell’Ugl: è importante avere rappresentanza anche al di fuori del partito.
E’ un’idea di partito, questa, però, che appartiene di più alla sinistra, a grandi contenitori come il Pd…
Quando guardo alle loro Primarie vedo che sono un’occasione per avvicinare e votare anche lavoratori, associazioni, sindacati. Insomma, penso che anche a noi tocchi aprire la porta: è il momento di farlo.
Bisogna aprirla di più al centro o a destra?
Sicuramente noi non saremo mai per l’accoglienza indiscriminata e diremo sempre che per le case popolari devono avere precedenza gli italiani, i residenti, gli anziani e le forze dell’ordine. Però sappiamo che c’è molta parte della società cattolica che ha una certa sensibilità, pur credendo nei valori di identità e famiglia tradizionale: possiamo intercettarla. Lo stesso Salvini racconta che sono molti i preti e le suore che gli scrivono per incoraggiarlo; ma non solo: ci sono famiglie e persone che frequentano parrocchie e oratori che la pensano come noi. Il mio ruolo mi ha portato a parlare con associazioni come il Banco Alimentare e l’opera Cardinal Ferrari, che non erano abituate a dialogare con la nostra parte politica. Ora l’interlocutore per il Welfare sono io, magari si accorgono che la direzione è la stessa, pur mantenendo un forte accento sugli italiani e sui residenti. Chi fa l’assessore non va solo a cercare consensi, ma deve anche mostrarsi credibile per alcuni mondi.
Forse per intercettare questo consenso, bisogna moderare alcuni toni aspri adottati dalla Lega in campagna elettorale (e non solo)?
Dobbiamo cercare di parlare di più, spiegando meglio le nostre ragioni. Spesso mi capita che quando le persone, magari in periferia, parlano con me, Morelli, o Senna rimangano spiazzate: come se non si aspettassero la competenza e la conoscenza che mostriamo. I giornali faticano a far uscire questo aspetto. Ma io stesso, come assessore, ho parlato molto di come attuare progetti inclusione dell’Unione Europea in periferia e nei quartieri popolari, e questo ha sorpreso tanti. Non ho problemi a dire che se una persona o una famiglia mostrano la seria volontà di integrarsi e riabilitarsi, non abbiamo niente in contrario.
La sfida delle elezioni 2021 è già partita. Sarà un percorso difficile?
E’ una sfida difficile perché Sala è molto forte adesso: c’è una parte considerevole di milanesi che lo apprezza. Poi ci sono i capoluoghi, come Bergamo e Brescia che sono in mano al centrosinistra e noi non ce lo dimentichiamo, perché significa che anche in Lombardia i loro amministratori sono apprezzati, nelle grandi città. Però vediamo degli scricchiolii: a Milano, ad esempio, lo è stato la perdita di Ema, che è stato un autogol clamoroso.
Quindi il lavoro che state facendo in città è già capitalizzabile per il 2021, mancano meno di due anni…
Secondo me sì. L’ho detto più volte: nel 2016, tre mesi prima delle elezioni, nessuno conosceva Stefano Parisi, molti conoscevano Sala invece per Expo. Questa volta Sala avrà dalla sua la vittoria delle Olimpiadi, ma se Parisi l’altra volta ha perso per una manciata di voti, rischiando di diventare sindaco, oggi noi ci troviamo con un partito e uno schieramento strutturato. Se lavoriamo insieme, in 6 mesi o in un anno, non è detto che non si possa ribaltare la situazione.
Che tipo di figura di candidato immaginate?
Serve una persona che sappia parlare al centro e alle periferie. Che sia conosciuta a Milano, che sappia parlare alle banche ma anche alle persone.Vedo un profilo proveniente dalla società civile: una Moratti leghista. Che sappia allargare il perimetro delle idee. La Lega da sola non basta, ma anche per una questione numerica, in questo momento storico, abbiamo la responsabilità di questa scelta. In passato il sindaco di Milano lo sceglieva Silvio Berlusconi, oggi penso sia giusto che lo scelga Matteo Salvini, perché rappresenta il partito di maggioranza della coalizione.
Autonomia: la sfida sembra arenata. Chi sta davvero mettendo i bastoni tra le ruote? E’ forse anche il consenso che la Lega ha preso al sud che rallenta il percorso?
C’è una parte di Movimento 5 Stelle sordo a questo problema. Ma la volontà di far andare avanti questo Governo dipende anche dall’Autonomia. Io sono moderatamente fiducioso, anche se i tempi si stanno allungando molto. Sarebbe difficile ripresentarsi agli elettori di alcune regioni, non solo in Lombardia e Veneto, dicendo ‘abbiamo scherzato’.
I tempi?
In autunno si voterà in Emilia Romagna, una delle regioni che - seppure in modo diverso - hanno voluto l’autonomia. Sarebbe bello che entro la data delle elezioni (ottobre, probabilmente, ndr.) il Governo possa già concedere qualcosa di significativo.