Chi ha ucciso la Sinistra in Italia? Spoiler: non è stato Matteo Renzi
La morte della Sinistra italiana inizia da molto lontano e i colpevoli della sua "uccisione" sono molteplici. E a volte ritornano
La Sinistra in Italia è praticamente morta e lo si vede chiaramente nella reazione scomposta al governo Lega-m5s. L'opposizione non esiste, e nel principale partito che dovrebbe rappresentarla, ovvero il Pd, si preferisce continuare la corsa all'autodistruzione dividendosi in faide assassine tra renziani e zingarettiani (ieri era fra dalemiani e veltroniani, fra renziani e bersaniani e così via), minacciando nuove scissioni, auspicando fondazioni di ennesimi partiti e così via. Come se tutto ciò già non avesse portato al disastro.
Ma sarebbe troppo facile dare la colpa di tutto ciò a Matteo Renzi, che "uomo di Sinistra" non è in fondo mai stato. No, l'ex premier ed ex segretario dem ereditò un corpo già moribondo e ferito mortalmente da mille coltellate infertegli negli anni precedenti e, grazie a una congiuntura di vari elementi a suo favore, riuscì a rianimarlo con un guizzo vitale alle elezioni europee del 2014. Ma, come già detto, il corpo era già stato ineluttabilmente condannato a un tragico destino da coloro che avevano preceduto l'ex sindaco di Firenze alla guida del Partito Democratico e delle coalizioni facenti capo alla Sinistra, o da scriteriati alleati.
Personaggi che, per smania di potere e, arrivati dopo molti anni al Governo del Paese nel 1996 con la vittoria dell'Ulivo alle elezioni, finirono per perdere il contatto diretto con la realtà e con il loro elettorato di riferimento, portando in ultima analisi all'ascesa del m5s.
Parliamo di sedicenti personaggi di Sinistra quali Fausto Bertinotti, che iniziò la carriera da paladino degli operai per concluderla come prezzemolino nei salotti televisivi e alle feste con Valeria Marini. Una delle prime regole in politica è essere testimonial della propria comunicazione. E quando Bertinotti pontificava sulle tendenze troppo destrorse del primo Governo Prodi che egli sosteneva (e che fece cadere) per poi farsi fotografare in barca con il mondanissimo banchiere Mario D'Urso, iniziava a discendere quella triste china che portava al conflitto tra sbandierati princìpi di Sinistra ed effettiva condotta del tutto lontana a questi ultimi. Una condotta che finì per far disamorare molti "compagni".
Compagni che videro intraprendere la stessa strada da parte dell'uomo politico un tempo celebrato come più intelligente d'Italia, ovvero Massimo D'Alema. Nel goffo tentativo di rendersi più "simpatico" agli italiani durante il suo passaggio a Palazzo Chigi da Primo Ministro, ascoltò le sirene dei suoi spin doctor e da sussiegoso e algido funzionario di partito si trasformò in preparatore di risotti nel salotto di Bruno Vespa, in maldestro emulo di Gianni Agnelli al timone di barche a vela, accompagnatore di cani nelle gare di agility e acquirente di scarpe griffate del costo dello stipendio di un operaio. La sua fallimentare esperienza al Governo portò a un nuovo trionfo da parte di Silvio Berlusconi, che D'Alema finì per favorire indirettamente o meno in mille modi, come successivamente finì per favorire il successo dei grillini. Che con lui ebbero vita molto facile, basti pensare alla dichiarazione del "lider Massimo" in occasione della cruciale votazione per lo scudo fiscale nel 2009. "Non ci hanno detto che era importante" fu la sua giustificazione per l'assenza del Pd in aula. Parole che suonavano un po' troppo azzardate da parte del suddetto "politico più intelligente" del Paese e che alimentarono la propaganda grillina ad aeternum sull'inciucio tra i dem e Forza Italia.
E a proposito di Pd, che dire del suo fondatore, ovvero Walter Veltroni? Meno borioso del suo "nemico interno" D'Alema, il mite Veltroni rivelò tuttavia di non essere mai stato comunista, inimicandosi gran parte dell'elettorato, e nel 2008 condusse una campagna elettorale contro l'immancabile Berlusconi (che poi stravinse alle urne entrando in Parlamento una maggioranza bulgara) all'insegna del savoir faire evitando di chiamare per nome l'avversario, finendo per farne ampiamente il gioco, tanto da riportarlo al Governo con una maggioranza bulgara in Parlamento. "L'americano" Veltroni venne preso di mira con lo sfottò "ma anche", evidenziando una tendenza al cerchiobottismo che risultava offensiva in un periodo di aspra contrapposizione tra berlusconiani e antiberlusconiani. Intanto il m5s cresceva e cresceva, e le contraddizioni dei leader dem scontentavano sempre più l'elettorato di Sinistra, che finiva per rifugiarsi nell'astensionismo o a sposare le cause grilline.
Veltroni, dopo un certo periodo di tempo caratterizzato dall'oblio, si è riaffacciato qualche giorno fa tornando "sul luogo del delitto" con un lungo appello accorato su Repubblica invitando il Pd a riaprire alla sua Sinistra... proprio lui che, come descritto sopra, fu il principale artefice della cancellazione dal Parlamento delle formazioni di Sinistra alternative a quello che di lì a poco sarebbe divenuto il Partito Democratico.
Negli anni compresi tra il 1996 e il 2013 (anno, quest'ultimo, in cui divenne premier Enrico Letta, che premiò nell'esecutivo i fedelissimi del suo Think Tank VeDrò, i quali stanno alla Sinistra come Berlusconi sta al comunismo), i leader di Sinistra parvero farlo apposta a rendersi invisi al loro elettorato di riferimento. Pagarono senz'altro l'esperienza di Governo che costa sempre qualche consenso, ma in primis persero progressivamente terreno per via del loro arruffato e controproducente antiberlusconismo o, in alternativa, per una troppo blanda opposizione al Cavaliere quand'era invece necessario contrastarlo. Pagarono una certa narcisistica propensione alla comparsata televisiva e soprattutto la sottovalutazione del progressivo scontento del loro popolo, finito ampiamente tra le braccia di Grillo. Mentre quest'ultimo parlava schiettamente e diceva "pane al pane, vino al vino", dall'altra parte politici di Sinistra come Niki Vendola si profondevano in dotte e forbite disquisizioni ore rotundo (leggi "supercazzole") che risultavano indigeste ai compagni più agguerriti.
Gli operai si ritrovavano sempre più impoveriti ma davanti alle fabbriche i leader di Sinistra erano sempre meno presenti; le periferie e le realtà locali più piccole vedevano la chiusura delle storiche sedi del Partito Comunista poi diventate del Pd, e venivano lasciate ai grillini e all'estrema destra. Il ceto medio soffriva sempre più, ma la Sinistra pareva occuparsi più volentieri di extracomunitari e di diritti civili, perdendo terreno nel bacino elettorale di riferimento.
Insomma, in questi anni la Sinistra italiana ha avuto molti assassini, e sulla sua carcassa martoriata continuano ad accanirsi personaggi come Laura Boldrini, castigata dagli elettori alle urne eppure uscita da una porta e rientrata in Parlamento da una finestra. E continuano ad accanirsi i vari esponenti dem che si fanno la guerra tra di loro per una candidatura alla segreteria, seguiti da orde di fans tra loro contrapposti che se le danno di santa ragione sui social network. In attesa come Amleto dell'alba, quando ormai si è ben oltre il tramonto.
E quando il signor Ivano da Marino, disoccupato, assurge a eroe e paladino e viene acclamato come "leader" dell'opposizione al Governo giallo-verde mentre nel Pd ci si scanna giornalmente sulla data del prossimo congresso evitando di vedere che alla Festa dell'Unità di Torino si sono presentate solo trenta persone, si capisce che, quanto a suicidio della Sinistra, ci troviamo di fronte all'occultamento di cadavere, e accanimento su ciò che ne resta.
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