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Politica
Elezioni 2018, Giorgio Galli: "Si va verso il governo di larghe intese"

"Si è aperta la strada di una nuova interessante prospettiva per la sinistra in disfacimento, da studiare e valutare molto seriamente".

Giorgio Galli, 90 anni compiuti il 10 febbraio, decano dei politologi italiani, opinionista di Panorama negli anni '70, a lungo ordinario di Storia delle Dottrine Politiche all'Università degli Studi di Milano e prolifico scrittore, è un'attentissimo osservatore di quanto gli (e ci) accade attorno: dal 'rush' finale delle elezioni alle ipotesi del post elezioni, dall'evoluzione culturale e politica Oltreoceano e al di là delle Alpi, fino alle novità editoriali.

E la sua attenzione è posta, come una lente d'ingrandimento, "al bellissimo perchè ben argomentato" saggio dell'economista Andrea Ventura 'Il flagello del neoliberismo' uscito da poche settimane per 'L'Asino d'oro edizioni', che il politologo, entusiasta, presenterà il 24 marzo prossimo a Brookpride Milano.

"Questo bellissmo saggio si può felicemente coniugare con la mia tesi delle 500 multinazionali che governano il mondo", esposta in 'Come si governa il mondo: teorie, volti, intrecci' per Rubettino editore.

"Si tratta di vedere e di valutare molto seriamente tutte le possibili integrazioni e sinergie. Di certo posso sin d'ora dire che si è aperta la strada di una nuova interessante prospettiva, da costruire, per la sinistra in disfacimento".

Prima una brevissima e non peregrina constatazione sulle imminenti elezioni del 4 marzo:"ogni formazione politica si attrezzi bene con rappresentanti di lista e scrutatori super preparati perchè credo che ci saranno moltissimi errori nelle votazioni e non certo per colpa degli elettori ma per i complicati meccanismi di voto: ognuno dovrebbe esser preparatissimo per contestare eventuali errori e anche per difendere al meglio i propri voti". Tanto la legge elettorale, il Rosatellum, quanto i meccanismi di voto a Galli non piacciono affatto.

Detto ciò, il politologo spezza una lancia 'a sinistra', là dove da sempre batte il suo cuore: "andrò a votare sicuramente e strada facendo deciderò: certo qui non c'è nè un Corbyn nè un Sanders, due signori avanti con gli anni che sono stati capaci di trascinare dalla loro parte una marea di giovani e di millennials avendo coraggiosamente riaggiornato il Socialismo e i suoi valori: uguaglianza, libertà, giustizia sociale, emancipazione, sempre attuali".

E per il post elezioni? "Mah, spetta al Presidente della Repubblica dare indicazioni per la formazione di un governo: molti parlano del 'governo del Presidente' e di larghe intese...e non a torto. Vedremo", dice sorridendo.

Insomma, un occhio attentissimo all'attualità stringente, ma quel che appassiona Galli è 'la cultura', ossia come si muove il pensiero, e come i clerici vagantes che vagavano per il mondo per dare e ricevere nei rapporti con gli altri le novità intellettuali mostra in toto il suo interesse per 'Il flagello del neoliberismo' dove l'autore cita un personaggio politico molto stimato da Galli: Riccardo Lombardi e la sua idea utopica di "una società più ricca perchè diversamente ricca".

"Bisognerebbe riscoprire più in profondità l'acomunista Lombardi: per me non si è fatto ancora abbastanza. E soprattutto il Lombardi dei primi anni '70 quando in solitudine, o quasi, ebbe il coraggio di opporsi al Governatore della Banca d'Italia, Guido Carli chiedendo insistentemente l'abolizione del segreto bancario e la trasparenza di un sistema opaco, rocca impenetrabile. E' proprio in quegli anni che il capitalismo cambiò pelle e natura e Lombardi se ne accorse prima e più di altri".

Quel che, del saggio di Ventura 'Il flagello del neoliberismo' ha maggiormente attirato l'attenzione di Galli è l'aver "ben argomentato" come il neoliberismo sia più che una 'teoria economia', una 'concezione' culturale, antropologica, fondata, "sull'idea che gli esseri umani siano macchine calcolanti - come sostiene Ventura - prive di affetti e di pensiero, come priva di pensiero sulla società e sulla natura umana è la scienza economica che lo sostiene".

Ancor di più Galli ha apprezzato la domanda intelligente che si è posto l'autore: "come mai nonostante i suoi effetti sull'economia e sulla società, manca ancora una valida opposizione?".

A questa domanda intelligente una prima risposta di Galli può essere questa: "nella cultura della sinistra è prevalsa l’idea che il crollo dell’impero sovietico equivaleva al crollo del grande prodotto culturale che è stato il marxismo. Il marxismo ha studiato il capitalismo meglio dei grandi studiosi liberali, Marx è meglio di Keynes e Schumpeter".

E non caso Lombardi il marxismo, depurato dalle interpretazioni deliranti soprattutto del '68, non lo abbandonò mai, ma se ne servì per il suo "riformismo rivoluzionario" e le "riforme di strutture".

Le premesse così per un interessante confronto tra il politologo 90enne pieno di aperture nella ricerca continua di "una prospettiva per la sinistra in disfacimento" e un brillante economista laicamente di sinistra a tutto tondo, altrettanto aperto al confronto, ci sono tutte. 

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