Politica
Elezioni politiche 2018, così Renzi-Veltroni aiuterà Berlusconi
Elezioni politiche 2018, il centrosinistra? Un'opera distruttiva già vista 10 anni fa
Dieci anni passati inutilmente, bruciati, come se nulla fosse accaduto. Aprile 2008, il Pd a vocazione maggioritaria di Valter Veltroni, teorico del Yes we can, esce sconfitto dalle elezioni politiche. La 'Sinistra Arcobaleno' dei duri e puri, nata l'8 e 9 dicembre 2007 alla Nuova Fiera di Roma, e guidata dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il comandante in cachemire, non supera la soglia del 3% e resta senza rappresentanza in Parlamento. Ritorna così il centro-destra di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, lasciato libero, dopo appena due anni, dal rissoso centro-sinistra allargato alla 'sinistra radicale', che ha pensato bene di liberarsi del 'poeta morente', Romano Prodi.
Ma l'opera distruttiva non era finita: passano appena 15 giorni e il rissoso 'centro-sinistra' regala il governo della Capitale a Gianni Alemanno, un personaggio dai trascorsi inequivocabili, che brucia al secondo turno il papalino radicale Francesco Rutelli.
Dieci anni dopo, 2018, il copione se non proprio identico - allora non c'era il M5S di Beppe Grillo - presenta comunque delle analogie, dei tratti simili, ha politici, in ruoli e funzioni diverse, in comune. Il Pd di Veltroni è, più o meno, il Pd di Matteo Renzi: sempre quello del voto utile, sempre quello del male minore. Unica differenza: il Pd di Renzi, pur con la spruzzatina di arancione dell'ex-sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, è più a trazione cattolica che comunista per un divorzio breve consensuale.
Quello con i fan della 'Ditta' di Pier Luigi Bersani che si sono ricongiunti, non in 'Sinistra Arcobaleno', ma in 'Liberi e Uguali' con i compagni transfughi della prima ora, Pippo Civati e Stefano Fassina e con i fan del poeta di Terlizzi, Nichi Vendola: a guidare la pattuglia dei 'Liberi e Uguali' della 'sinistra radicale' 2018, data dai sondaggi al 6-7%%, sarà questa volta il presidente del Senato, il magistrato Piero Grasso. Corsa a se, e del tutto inutile, faranno gli irrudicibili di Rifondazione Comunista.
Il centro-sinistra arriva alle elezioni 2018 poco coeso, con alle spalle i governi Renzi e Gentiloni, dei sondaggi poco lusinghieri, tra il 25 e il 28% e con qualche grossa ammaccatura: il referendum perso un anno fa. Viceversa il centro-destra, uscito dall'anonimato, appare, con il redivivo Silvio Berlusconi, in pole position e con buone chance di ritornare, ancora una volta, o da solo o in coabitazione con il Pd di Renzi, al governo del Paese.
Obiettivo comune ai due schieramenti - che hanno nel Dna il gene della "governabilità", che, Eugenio Scalfari docet, "fa la politica", a prescindere dalla noiosa e fastidiosa 'morale', dai valori che s'intende realizzare - è isolare il M5S. Meglio l'usato garantito, Silvio Berlusconi che, ritornato abile e arruolato, o giocherà in proprio o in coabitazione il ruolo del mazziere, di chi dà le carte.
E dieci anni dopo il disastroso 2008, si dovrà riavvolgere la pellicola del film e ripetere il solito refrain: rifondare la sinistra, mentre altrove o governa, Antonio Costa in Portogallo, o è pronta a farlo, Jeremy Corbyn in Inghilterra o vi si sta candidando per la crescita dei consensi, negli Usa con Our Revolution di Bernie Sanders. Purtroppo, in Italia, c'è da superare la pregiudiziale socialista.