Politica
Poletti ad Affaritaliani.it: “Non abusare del diritto allo sciopero"
"Penso che il diritto allo sciopero venga anche usato in maniera impropria, senza stare attenti agli effetti che si provocano sui cittadini. Quando la gente è esasperata si rivolge alla politica chiedendole di cambiare le regole e di ridurre la libertà". Lo dichiara Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, intervistato da Angelo Maria Perrino, direttore di direttore di Affaritaliani.it, a margine della settima edizione della rassegna culturale Ponza d'Autore.
Lei, intervenendo a Ponza d'Autore, ha parlato della sua famiglia e dei valori che le sono stati trasmessi. Ci riassume quello che ha detto?
"Vengo da una famiglia di contadini, di mezzadri: eravamo in 16. Abbiamo vissuto in questa grande comunità dove tutti avevano un compito. Per esempio mio nonno, che era il più anziano, aveva quello di accendere e tenere acceso il camino mentre noi bambini facevamo lavori adatti alla nostra età. In questa famiglia abbiamo conosciuto il senso della comunità: ognuno di noi doveva fare qualcosa affinché l'insieme funzionasse. Credo che questo sia il senso generale di cui abbiamo bisogno. Un Paese in cui ognuno si fa carico della propria responsabilità e migliora le proprie condizioni insieme a quelle degli altri”.
Cosa che in Italia non c'è ancora…
"Non a sufficienza. Ma ci sono cose bellissime come le tante persone impegnate nell'associazionismo, nel volontariato o i numerosi imprenditori e lavoratori che fanno bene il loro lavoro. Ci sono tante cose positive, bisognerebbe che ci fosse un collante per metterle insieme e dare loro un obiettivo. Se riusciremo a farlo credo che l'Italia abbia tutto il potenziale per andare molto bene".
Lei ha elencato molti difetti dell'Italia, come gli scioperi fatti male che diventano un boomerang...
"Penso che il diritto allo sciopero venga anche usato in maniera impropria, senza stare attenti agli effetti che si provocano sui cittadini. Quando la gente è esasperata si rivolge alla politica chiedendole di cambiare le regole e di ridurre la libertà. Agitazioni del genere fanno male ai lavoratori”.
Lei ha dichiarato che bisogna riscoprire il successo. Che cosa intende?
"Sul piano culturale bisogna riscoprire questa idea. Quando il successo è frutto dell'impegno, del lavoro e del proprio estro è un elemento positivo. Generalmente, invece, si tende a criminalizzare il successo considerandolo frutto di comportamenti sbagliati o illegali".
Lei sostiene che viviamo di conflitto, ovvero di una contrapposizione tra imprenditori e lavoratori....
"Penso che il binomio conflitto-contratto che ha rappresentato la logica delle relazione tra lavoro e impresa nell'arco dell'ultimo secolo, sia superato e non in grado di interpretare le caratteristiche nuove del lavoro: che è sempre fatto di più fantasia, responsabilità e creatività. C'è bisogno di partecipazione, cooperazione e responsabilità. I contratti di lavoro si devono adeguare a queste nuove caratteristiche".
Lei paragona le norme che regolano i contratti di lavoro ai grandi libroni, stile Promessi Sposi…
"Sì, ci sono tomi infiniti che però non rappresentano ancora la relazione tra il lavoratore e l'opera, ovvero il frutto del suo lavoro. Credo sia essenziale porre rimedio a questa cosa".