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Lavoro forzato, via al divieto Ue di vendere merce prodotta con sfruttamento

Lavoro forzato, via al divieto di vendere merce prodotta con sfruttamento

Approvato in via definitiva con 555 voti favorevoli, 6 voti contrari e 45 astensioni, il regolamento che vieterà a tutti gli stati membri dell'Unione Europea di vendere o esportare prodotti (anche online) fabbricati tramite lo sfruttamento del lavoro. Una volta formalizzato, il nuovo regolamento verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale europea ed entrerà in vigore nei prossimi tre anni. Se quindi si riterrà che un prodotto sia stato realizzato utilizzando il lavoro forzato, non sarà più possibile venderlo sul mercato europeo (anche online) e le spedizioni saranno intercettate alle frontiere di ogni stato membro dell'Unione. 

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Quello del lavoro forzato, compreso quello minorile, è un problema mondiale. Secondo le stime dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), a livello globale sono circa 27,6 milioni le persone in una situazione di lavoro forzato, di cui 3,3 milioni minori Rispetto al 2016, il numero è aumentato di 2,7 milioni. Presente in vari settori, dal tessile al minerario, dall'agricoltura ai servizi, per lavoro forzato si fa riferimento a situazioni in cui si obbligano le persone a lavorare facendo ricorso alla violenza o all'intimidazione attraverso la manipolazione del debito, il trattenimento dei documenti d'identità o la minaccia di denuncia alle autorità competenti per l'immigrazione. La relatrice della commissione per il mercato interno, Maria Manuel Leitao Marques ha dichiarato: "Oggi, in tutto il mondo, 28 milioni di persone sono intrappolate nelle mani di trafficanti di esseri umani e Stati che li costringono a lavorare con poca o nessuna paga. L'Europa non può esportare i suoi valori mentre importa prodotti realizzati con il lavoro forzato. Il fatto che l'UE abbia finalmente una legge per vietare questi prodotti è uno dei più grandi risultati di questo mandato e una vittoria per le forze progressiste." 

Dello stesso avviso la relatrice della commissione per il commercio internazionale Samira Rafaela:  "Questa è una giornata storica. Abbiamo adottato un atto legislativo innovativo per combattere il lavoro forzato in tutto il mondo. Il presente regolamento promuove la cooperazione dell'Unione Europea e internazionale, sposta il potere dagli sfruttatori ai consumatori e ai dipendenti e offre possibilità alle vittime di ricorrere. Inoltre trasforma le politiche commerciali in un futuro più verde ed equo."

Con l'entrata in vigore della legge, le autorità degli Stati membri e la Commissione europea potranno indagare su merci sospette, catene di approvvigionamento e produttori. Ci sarà una commissione competente anche al di fuori della Ue, mentre l'autorità nazionale coordinerà l'indagine relativa al proprio territorio. Per contribuire a valutare possibili violazioni del regolamento, la Commissione istituirà una banca dati contenente informazioni verificabili e regolarmente aggiornate sui rischi legati al lavoro forzato. Diversi i criteri che verranno adottati:

  • l'entità e la gravità del presunto lavoro forzato
  • la quantità o il volume dei prodotti immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione
  • la quota delle parti del prodotto finale che potrebbero essere state ottenute con il lavoro forzato
  • la prossimità degli operatori economici ai presunti rischi di lavoro forzato nella loro catena di approvvigionamento, nonché il loro margine di azione per affrontarli

Le conseguenze per le imprese che continueranno ad utilizzare  il lavoro forzato saranno pesanti.  Infatti i produttori di merci vietate dovranno ritirare i loro prodotti dal mercato europeo e donarli, riciclarli o distruggerli. Le società non conformi potrebbero essere multate. Le merci potranno essere rimesse sul mercato una volta che l'impresa eliminerà il lavoro forzato dalle sue catene di approvvigionamento. La decisione finale, che sarà presa dall'autorità nazionale coordinatrice delle indagini, verrà applicata in tutti gli altri Stati membri sulla base del principio del riconoscimento reciproco. L'introduzione del nuovo regolamento avrà sicuramente un impatto positivo sui consumatori,  dal momento che per i prodotti presenti sul mercato europeo verrà garantito il rispetto delle norme in materia di diritti umani. Per quanto riguarda le imprese, invece,  la proposta avrà il potenziale di ottimizzare gli sforzi in materia di sostenibilità sociale e maggiore credibilità tra i clienti. 

Secondo il rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), i profitti derivanti dal lavoro forzato raggiungono l’equivalente di 218 miliardi di dollari ogni anno. Il valore dei profitti illegali è aumentato di 64 miliardi di dollari ( 37 per cento) dal 2014, alimentato sia dalla crescita del numero di persone in regime di lavoro forzato che dai maggiori profitti generati dallo sfruttamento delle vittime. Nel rapporto “Profitti e povertà: la dimensione economica del lavoro forzato” pubblicato dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), l’agenzia dell’Onu che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani internazionalmente riconosciuti, si stima che i trafficanti ed i criminali guadagnino quasi 10.000 dollari per vittima, rispetto agli 8.269 dollari (al netto dell’inflazione) di dieci anni fa. In una ipotetica classifica dei profitti illegali totali annuali derivanti dal lavoro forzato, Europa e Asia centrale sono al primo posto (84 miliardi di dollari), seguiti da Asia e Pacifico (62 miliardi di dollari), Americhe (52 miliardi di dollari), Africa (20 miliardi di dollari) e Paesi arabi (18 miliardi di dollari).






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