Lega, chi sale e chi scende con Salvini. La mappa del potere. Tutti i nomi
Lega nazionale, così cambia il potere in Via Bellerio
Il congresso di Parma ha sancito la trasformazione della Lega da movimento nordista a partito nazional-sovranista, sulla scia del Front National di Marine Le Pen e di Russia Unita di Vladimir Putin. Il fatto che l'articolo 1 dello statuto non sia stato toccato, ovvero il riferimento all'indipendenza della Padania, è stato soltanto un cadeau simbolico alla vecchia guardia e ai pochi secessionisti rimasti. Agli occhi di molti la Lega appare oggi come un partito personale, una sorta di Lega Salvini simile al PdR, partito di Renzi dopo le primarie dem del 30 aprile. In realtà al fianco del segretario leghista c'è una squadra di volti nuovi e non nuovi che lo affianca nella definizione delle strategie politiche e nelle trattative difficili con gli alleati, Silvio Berlusconi in testa.
Dal congresso esce ancora più forte la posizione di Giancarlo Giorgetti, l'uomo cresciuto al fianco di Umberto Bossi (era l'unico ammesso dalla famiglia nella clinica svizzera all'epoca della malattia) che ora viene definito la vera mente del Carroccio. Per tantissimi anni presidente della Commissione Bilancio della Camera, Giorgetti è uomo schivo, sincero (pane al pane e vino al vino) che non ama l'esposizione mediatica. E che è è sempre più il primo consigliere di Salvini. Il suo intervento è stato decisivo per evitare che il Senatùr lasciasse il movimento e il suo essere salviniano per merito e competenza e non per scelta fa di lui nella Lega di oggi l'uomo più potente forse al pari dello stesso segretario. Giorgetti è anche il tessitore dietro le quinte delle relazioni con gli altri partiti sullo spinoso tema della legge elettorale nonché il dirigente leghista che per primo affianca Salvini nelle trattative con Forza Italia e il suo leader.
Un ruolo importante lo assumono i due capigruppo in Parlamento, Gian Marco Centinaio (Senato) e Massimiliano Fedriga (Camera) che sono di fatto i due generali salviniani nelle istituzioni. Roberto Calderoli, aribitro imparziale durante l'organizzazione delle primarie, è risalito nelle quotazioni in Via Bellerio e, seppur ormai della vecchia guardia, può ancora giocare un ruolo importante soprattutto nei tatticismi parlamentari, di cui è abilissimo, a Palazzo Madama.
Roberto Maroni, inevitabilmente, perde smalto e peso politico. Pur senza ammetterlo chiaramente si era schierato con il suo assessore Gianni Fava, salvo poi dichiararsi "salviniano al 100%" dopo l'esito delle votazioni tra i militanti. Ora il Governatore lombardo si concentrerà sul referendum autonomista di ottobre e sulla corsa alla riconferma in Regione nel 2018, ma certamente non ha più la rilevanza nazionale che aveva anni fa. Discorso differente per Luca Zaia, salviniano non pasdaran e anche lui impegnato nella campagna per il referendum autonomista. L'ex ministro dell'Agricoltura, però, non ha mai contestato la linea del segretario ed è il numero uno della Lega in Veneto, Regione fondamentale dove il movimento raccoglie perfino più consensi che in Lombardia. Zaia, al contrario di Maroni, ha così anche un ruolo nazionale.
In ascesa anche la figura di Edoardo Rixi, numero uno del Carroccio in Liguria, Regione dove Salvini ha sfiorato il 100% nella competizione con Fava. Perdono peso in Via Bellerio tutti coloro che si erano schierati a vario titolo con l'assessore lombardo all'Agricoltura, primo fra tutti il presidente del Copasir senatore Giacomo Stucchi che aveva perfino smentito Salvini sul presunto dossier dell'intelligence in tema di migranti e ong. Gianluca Pini, vice-capogruppo leghista alla Camera e numero uno della Lega in Romagna, è stato al fianco di Fava e anche lui contesta la "deriva lepenista" ma la sua abilità politica a Montecitorio gli consenti di avere ancora voce in capitolo, soprattutto a Montecitorio.
Tra le altre figure da segnalare la conferma del ruolo importante dei milanesi salviniani Igor Iezzi e Alessandro Morelli e il declino definitivo dell'ex Governatore piemontese Roberto Cota. Torna a far parlare di sé, in positivo, anche l'ex presidente della Provincia di Varese Dario Galli. Fuori dai giochi completamente gli ex ministri Francesco Speroni e Roberto Castelli. Tra i volti nuovi della Lega salviniana appare in forte crescita l'italo-nigeriano (e fedelissimo del segretario) Tony Iwobi, a capo del Dipartimento Sicurezza e Immigrazione, membro del Consiglio federale e per molti sicuramente candidato alle prossime elezioni politiche (probabilmente al Senato). Iwobi sarebbe così il primo parlamentare di colore della Lega.
E Umberto Bossi? Inutile dire che la sua presidenza della Lega, scritta nello statuto a vita (o finché vorrà lui), è del tutto priva di potere. Resta il fondatore, da rispettare per quello che ha fatto in passato, che anche dopo il congresso contesta lo sbarco al Sud di Salvini, ma che, come dimostrano le ultime vicende, non ha alcun peso politico e ormai pochissimo seguito tra la base.