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Lega, così il "Burino padano" Bossi fece fallire il programma federalista

Lega, così il "Burino padano" Bossi fece fallire il programma federalista. La storia

I festeggiamenti per i 40 anni della Lega, hanno mostrato che il senatur, continua imperterrito la guerra contro Salvini, iniziata prima che venisse eletto segretario, al solo sentirlo nominare. Per lui, con un nome che ricorda la durezza del bosso, già sentire il nome, Salvini, gli sembrava troppo moscio. Rottura e guerra totale da parte del senatur, quindi, per sempre. 

Bossi a celebrare a casa sua a Gemonio, con Roberto Castelli. Salvini a Varese con Giancarlo Giorgetti.

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Particolare significativo dei separati in casa: 

Matteo Salvini, dal tono quasi un San Matteo, grato a Bossi "Tutto è partito da Lui. Senza Bossi noi oggi, non staremmo qua. Abituato ai suoi insulti. Le sue telefonate, di giorno e anche di notte, a base di insulti, servono a migliorare."

Bossi, il miracolato da Berlusconi e dai suoi soldi, truculento, pesante, volgare, rozzo come sempre, a ripetere il ritornello "Bisogna cambiare segretario", circondato da nostalgici della vecchia Lega, tutti a calpestare scritte "Salvini traditore" e a definire "stron..." chi lo vota. C'è Roberto Castelli che dice ai fedelissimi "Ho nostalgia di quando appiccicavamo manifesti della Lega Nord o riempivano i muri con le scritte inneggianti alla Lega Nord. Castelli non è un rozzo e ignorante alla Bossi. È colto e preparato. Nostalgia dei tempi andati? È naturale. Marcello Veneziani ha scritto uno splendido articolo in cui ricorda i sogni che, lui da quindicenne e tanti amici coetanei o più grandi, riponevano in Gianfranco Fini. Sogni traditi e svenduti per l'appartamento lasciato da Annunziata Almirante al partito e non a lui, per essere svenduto a suo cognato, a sua insaputa. Caso molto più originale e grave, capitato all'onorevole Claudio Scajola, a cui regalarono un appartamento a sua insaputa e poi assolto.

Il sogno, il programma del MSI espresso nei comizi, era chiaro nella finalità: pensare allo scrittore Antonio Pennacchi che divulgò il termine fascio-comunista, scrivendo un libro con lo stesso titolo. Aveva vissuto da giovane la bonifica dell'agro pontino.

Ricordiamo che quella bonifica rappresenta una delle opere più importanti della storia d'Italia. A partire dal 1931, Mussolini pianificò quella che sarebbe stata l'opera di bonifica della palude pontina, portando a compimento un progetto tentato invano nei secoli passati. Il fascismo aveva quindi ben iniziato, come impegno sociale. Si rovinò soprattutto per le scelte di politica estera. Come attualmente,  può rovinarsi la Meloni, con la sua sudditanza assoluta agli USA. Pennacchi, e chi come lui, tipo Marcello Veneziani, salva alcuni aspetti del fascismo, può avere nostalgia di quegli aspetti e dei tempi in cui potevano pensare alla realizzazione dei loro sogni.  Ma qual era il sogno prospettato dalla Lega Nord e dal suo capo, che mi piaceva chiamare il Burino padano? C'era la parte ritenuta seria e che viene tuttora ricordata e rivendicata dai nostalgici di Bossi: liberarsi di Roma ladrona, acquistando l'autonomia della Padania.

C'erano poi le iniziative velleitarie, come la sostituzione delle banconote italiane, con le "banchignote" della Banca Padana, il cui prevedibile flop costò una fortuna a chi, oltre a Roma ladrona, ebbe un assaggio della Padania ladrona. Per non parlare delle carnevalate folkloristiche dei riti sul e nel Dio Po.

Nessuno delle due anime attuali della Lega, mi sembra che abbia ricordato il professur Gianfranco Miglio, tra i pochi se non l'unico ideologo, che propose finalità al partito Lega, chiare e comprensibili. Nel periodo in cui fu della Lega, Miglio elaborò un progetto di riforma federale fondato sul ruolo costituzionale assegnato all'autorità federale e a quella delle macroregioni o cantoni (del Nord o Padania, del Centro o Etruria, del Sud o Mediterranea, oltre alle cinque regioni a statuto speciale). Questa architettura costituzionale prevedeva l'elezione di un governo direttoriale composto dai governatori delle tre macroregioni, da un rappresentante delle cinque regioni a statuto speciale e dal presidente federale. Quest'ultimo, eletto da tutti i cittadini in due tornate elettorali, avrebbe rappresentato l'unità del paese.

L'opportunità di elaborare e discutere il programma federalista del professur, fallì miseramente. grazie all'estrema ignoranza e all'intolleranza del senatur. Il 16 maggio 1994, in aperto dissidio con Umberto Bossi, Miglio lasciò la Lega Nord dicendo di Bossi: «Spero proprio di non rivederlo più. Per Bossi il federalismo è stato strumentale alla conquista e al mantenimento del potere. L'ultimo suo exploit è stato di essere riuscito a strappare a Berlusconi cinque ministri. Tornerò solo nel giorno in cui Bossi non sarà più segretario» il senatur aveva costretto alla fuga il valido e preparatissimo professur, l'unico che aveva esposto un programma, condivisibile o non, ma certamente da discutere.

L'incredibile ignoranza del Burino padano è la parte finale di questo articolo, con la cronaca della giornata che trascorse a Perugia, per convincere i perugini ad aderire alla Lega Nord. 

lega
 

La giornata in Umbria del Burino padano (per Bossi la Foresta Umbra, sta in Umbria)

Nell’agosto del 1997 su alcuni muri di Perugia, completamente coperti da una miriade di variopinti manifesti invitanti a sagre e manifestazioni varie, comparvero quelli sull’elezione di Miss Padania. La curiosità per l’iniziativa si univa a un divertente stupore nel leggere che la gara di bellezza si sarebbe svolta a Città di Castello, una cittadina lambita dalla E45, a circa 50 km a nord di Perugia.

La bella cittadina umbra, dove cadenze e suoni del dialetto perugino lasciano il posto alle prime dolcezze del parlare romagnolo, veniva considerata città padana, credo all’insaputa della stragrande maggioranza degli umbri e in particolare dei castellani. I pochi manifesti leghisti facevano capire che in quella tre giorni dall’aria di sagra con pretese culturali, la Lega Nord era in cerca di simpatie umbre, ricalcando le Feste dell’Amicizia e quelle dell’Unità, con tarallucci e vino... pardon!... con piadina e birra. Sei mesi dopo, esattamente il 28 febbraio 1998, era stata inaugurata una sezione della Lega a Collestrada, piccola ed elegante frazione ormai agganciata a Ponte San  Giovanni, zona tra le più industrializzate del perugino, vicinissima al capoluogo.

Per l’occasione intervenne il segretario che, oltre alla pubblicità dei comunicati stampa aveva cercato, tramite i suoi emissari, di farsi intervistare da radio e televisioni, ricorrendo con tutti, per favorire l’abbocco, alla più banale delle sviolinate: “Abbiamo scelto la vostra emittente perché ci risulta che è tra le poche serie, se non la più seria!!!”. C’era stato chi, come il dr Bruno Brunori, Direttore di Umbria TV, aveva continuato fino in fondo, a dichiararsi non interessato all’intervista, anche quando, dalla sviolinata, i leghisti erano passati al celodurismo, con un linguaggio meno adulatorio e vagamente minaccioso.

C’era stato invece chi, come i dirigenti di TEF, s'erano sentiti onorati per la sviolinata, organizzando un’intervista con tanto di abbracci e di festeggiamenti finali... a parte l’incidente di cui parlerò tra poco, sotto il titolo “A Bossi non piace il BOSSO.

I piccoli fatti di cui mi accingo a parlare forse sono irrilevanti. Ma quotidiani e settimanali sono pieni di articoli su fatti irrilevanti. Se leggiamo poi le pagine di quotidiani locali che riportano la cronaca locale, troviamo spesso quasi solo fatti irrilevanti. Il calcio la fa da padrone con la miriade di tornei organizzati per giovani dai dieci ai novantanni. I piccoli fatti, forse irrilevanti, che voglio segnalare, non hanno trovato spazio in alcuna pagina né di quotidiani locali, come Il Corriere dell’Umbria né tantomeno nazionali, come La Nazione e Il Messaggero, nonostante le segnalazioni e gli articoli inviati agli uni e agli altri. Né, a parte la telemittente Umbria TV, hanno avuto la minima segnalazione nelle televisioni private. I fatti sono questi: Bossi in Umbria ha dimostrato che lui poteva imporre ovunque la vista di stendardi, fazzoletti e cappelli verdi e regalarli a destra e a manca, ma nessuno poteva osare farsi vedere, se c’era lui, con una bandiera o un fazzoletto “tricoloruti”.

Se un tricoloruta gentilmente gli proponeva uno scambio di stendardi, come civilmente si usava anche tra pellerossa, lui sarebbe andato su tutte le furie ritenendosi provocato.

Alcuni perugini, in occasione dell’inaugurazione della sezione leghista, avevano preparato degli striscioni antiscissione e anti-Lega, alcuni dei quali umoristicamente apprezzabili. Inoltre volevano esporre alcune bandiere e ostentare fazzoletti tricolori. Il cambio deciso all’ultimo momento del luogo ove tenere il comizio (da una piazza del centro a un hotel) spiazzò gli striscionisti che non fecero in tempo a trasferirsi davanti all’hotel.

Così, quando il segretario stava per arrivare all’hotel, solo “un gruppo” di tre studenti universitari mostrava uno striscione e una bandiera italiana. La polizia, con perfetto tempismo, fece sparire striscione e bandiera di quei silenziosi dimostranti.

Cosicché, quando arrivò il capo, circondato dai gorilla, di cui uno particolarmente gorilla, l’atmosfera non era dissimile, a parte la bara ed i fiori, da quella che si osserva in occasione dei funerali di qualche carabiniere o poliziotto.

Conclusione: era dovere di cronaca commentare, anche ultravelocemente, che Bossi potesse insolentire gli italiani e in particolare i meridionali, ma le direttive date alla polizia erano quelle di reprimere ogni pur civile cenno di risposta. Il senatur nel comizio all’interno dell’hotel ripeté, pari pari, con il solito tono roco e monocorde, le cose già dette durante “l’intervista” a TEF, come risposte preparate e rifilate con grande faccia tosta, indipendentemente dalle domande ricevute. L’atmosfera dentro l’hotel era di grande sospetto: più carabinieri, poliziotti in divisa ed in borghese e gorilla, che gente non in servizio. Tra il pubblico si notava la presenza di giovani e anziani filofascisti: dal “sole che sorgi, libero e giocondo, tu non vedrai nessuna cosa al mondo, maggior di Roma” i fautori della grandeur della propria terra erano passati all’odio per “Roma ladrona”. Quei facinorosi di studenti andarono la sera stessa a segnalare l’accaduto a diverse sedi televisive. Risultato: ancora l’unica eccezione al silenzio totale, fu il telegiornale di Umbria-TV, che riferì l’episodio, per segnalare l’eccesso di zelo delle autorità nell’accontentare il truculento ed intollerante boss.

A BOSSI non piace Il BOSSO

Era questo il titolo dell’articolo sull’intervista al senatur, svoltasi negli studi della rete televisiva TEF, che Flavio Vezzosi, insegnante, musicista e critico musicale, aveva proposto al quotidiano perugino Il Corriere dell’Umbria. L’articolo, accolto calorosamente e giudicato in un primo momento veritiero, interessante, divertente e da pubblicare con sollecitudine, veniva poi totalmente bocciato prima dal Corriere dell’Umbria, per decisione del direttore e, nei giorni successivi, dalla Nazione e dal Messaggero. Le redazioni di questi due ultimi quotidiani non chiesero tagli o modifiche. Sostennero che per parlare di fatti politici nelle pagine di cronaca locale, dovevano chiedere l’autorizzazione alle sedi principali: e queste non l’avevano concessa!

Così abbiamo un altro elemento per poter sospettare che vi fosse una forte tendenza a livello nazionale a non “stuzzicare” minimamente il raffinato senatur. Ma veniamo ai fatti: perché a Bossi non piace Il BOSSO?

L’intervista televisiva, condotta in modo timido per l’evidente timore del moderatore di beccarsi qualche rinquadrata dal lupo padano, si stava svolgendo in modo irresistibilmente soporifero. Alle domande innocue, formulate sinteticamente in pochi secondi, l’allora secessionista rispondeva con il solito fiume di frasi fatte. Il noioso andazzo del comizio veniva bruscamente interrotto dagli interventi di un coraggioso e noto personaggio giornalista tele-sportivo perugino: Guglielmo Mazzetti, detto Mimì.

Ironico, sorridente e pungente, mai maleducato, il giornalista-intrattenitore-allenatore, si beccò del provocatore in diretta e del cornuto fuori trasmissione. Il suo exploit vivificò quella serata e riscattato parzialmente l’ambiente umbro, per la storica occasione della visita. Sarebbe stato veramente imperdonabile che al capo leghista non fosse stata offerta neanche un’occasione in cui poter annusare, col suo famoso fiuto politico, odor di dissenso. E quel che gli emissari ed il segretario del segretario avevano incredibilmente giudicato accettabile e goliardicamente spiritoso, fu immediatamente riconosciuto come insopportabile dal celebre fiuto bossiano. Infatti, quando Mimì gli rifilò l’ascolto del rocchettaccio scritto appositamente per lui ed intitolato IL BOSSO, presto apprezzato nel perugino, col nome IL rock del burino padano, Bossi dimostrò, appunto, di non gradire IL BOSSO. Anzi, di odiarlo. E se avesse potuto, avrebbe preso per il collo l’ardimentoso e disinvolto Mimì.

 

Eravamo d’accordo con TEF di realizzare un servizio televisivo intitolato Bossi in Umbria, condotto da Mimì.

Nel servizio si sarebbe riportata l’unica notizia seria che una stampa libera e seria avrebbe dovuto dare in questa occasione: quando arriva lui con il fazzoletto monocoloruto, devono sparire quelli tricoloruti, altrimenti il roco hitlerino s’arrabbia e comincia a urlare, sputacchiando in tutte le direzioni. Niente cartelli di studenti, niente striscioni. Solo domande “serie” ed abbracci finali, al gandhiano con il mitra in mano.

La Lega Nord ha mandato tutto all’aria. Un dirigente di TEF ha telefonato alla nostra segretaria dicendo queste testuali parole: “Abbiamo avuto il piacere di essere scelti dalla Lega perché la nostra rete è stata giudicata la più seria della piazza e certe cose non possiamo farle.” Chiuso il discorso ed addio trasmissione per Mimì. Abbiamo chiesto a TEF di poter utilizzare degli spezzoni dell’intervista ed abbiamo ricevuto un’incredibile risposta: erano in attesa dell’autorizzazione della Lega.

Dimenticavo: ovviamente il brano IL BOSSO era stato trasmesso con l’autorizzazione ed il pieno, addirittura entusiastico appoggio dei dirigenti di TEF. Alcuni avevano avuto a disposizione la cassetta con il canto ed il testo in più copie, una decina di giorni prima dell’intervista. Il moderatore dell’intervista lo conosceva addirittura da circa un anno, cioè da quando lo aveva ascoltato l’otto maggio del 1997, presso Il Contrappunto Jazz Club di Perugia, alla sua prima esecuzione.

TEF intervenne per le riprese televisive e per darne notizia nella cronaca locale. Ed ecco riportate le domande che Mazzetti rivolse a Bossi o che non gli fu possibile rivolgergli per mancanza di tempo (quelle dopo la sesta).

1) Senatore, immagino che il Centro Studi Storici della Lega, Le sia stato di aiuto nel formulare le varie ipotesi di divisioni per un’Italia Federale e che abbia tenuto nel dovuto conto, le testimonianze, a partire da quelle di Plinio, secondo cui “gli Umbri sono la gente più antica d’Italia, estendendo il loro territorio, a Nord, fino alla Romagna, a Sud fino alla Foresta Umbra (che non è in Umbria, ma nelle Puglie) e ad Est, fino all’Adriatico. Per l’espansione ad Ovest c’erano e ci sono dei problemi. Infatti, come forse saprà, il 15 Settembre del ‘96, ad Orvieto è stata proclamata la Repubblica della Libera Etruria, creando notevole imbarazzo per la capitale Perugia. Gli orvietani, come risulta dalle riprese televisive, hanno addirittura istituito un loro esercito di volontari.

Perugia è quindi contesa dalla Repubblica della Padania e da quella dell’Etruria che è pronta a far di Perugia la propria capitale. La Padania cosa offrirebbe agli Umbri?

2) I perugini hanno fondato Bologna e Perugia ha mantenuto e salvato la cultura, contro l’avanzare dei barbari, quando scomparve l’impero romano. D’altra parte tutti ricordano il periodo dell’invasione longobarda come il più buio: sparì ogni forma di cultura, proprio come i Dori annientarono la cultura micenea nell’antica Grecia.

Ciò premesso, un movimento separatista locale propugna la creazione della Repubblica dell’Umbria, che come si vede da questa carta geografica, andrebbe dall’Emilia alle Puglie... - Mazzetti mostra la cartina riportata in un opuscolo realizzato in un’oretta e pomposamente attribuito ad un inesistente Centro Ricerche del Centrione. Nella cartina la zona verde rivendicata goliardicamente dall’inesistente Repubblica dell’Umbria, va da Bologna al Gargano. Bossi esclama: “Ah, per essere piccoli, vi siete allargati un po’....” e Mazzetti riprende - Il cuore verde d’Italia, caro Senatore, batte da queste parti, non sotto le Sue camicie verdi.

EccoLe, come piccolo omaggio, un opuscoletto per dimostrare che l’Umbria, è stata culla di cultura e di spiritualità religiosa. Valori che sono alla base delle nostre antichissime radici, difficilmente compatibili con i riti del dio Po e dei suoi sacerdoti.

3) Senatore, mi perdoni, ma la Lega è Bossi e quindi abbiamo la massima curiosità verso il personaggio Bossi. Anche Lei, da buon italiano, si è cimentato con la poesia. Ecco una vignetta sugli ultimi versi dell’unica sua poesia nota, pubblicata tempo fa su Il Corriere della Sera, con tanto di traduzione in italiano e commento da parte di un docente universitario bolognese (una poesia sul Ticino che “va giù come una pisciata”).

Ha smesso di scriverne, o possiamo sperare di leggerne ancora?

4) Lei viene messo tra i venditori di fumo, cosa del resto, affermata più volte nel “poema” che Le è stato dedicato. Cosa risponde a chi l’accusa che cominciando con il fare un sottinsieme dei più ricchi, non si risolve un bel nulla, tornando all’Italia dei Comuni, anzi, dei Quartieri?

5) Quartieri, Comuni, Province, Regioni e adesso Megaregioni: non Le è mai venuto il dubbio che basterebbe solo spingere nella direzione delle autonomie regionali, senza ricorrere alle guardie padane, ai mitra, al “buttiamo fuori i meridionali”?

6) Senatore, prendiamo lo spunto da quest’altra vignetta, su un Suo tentativo di cambiare delle banchignote padane con la Sua immagine, con lire italiane. Possiamo sapere quel è il cambio ufficiale di una lira italiana in Padania?

- Il Centro Statistiche della Lega, Le ha comunicato il rapporto chilometri autostradali e ferroviarii per abitante della Lombardia e della Sicilia?

- In caso di una vostra secessione, c’è un movimento che fa capo a un noto esperto di storia, che reclamerebbe ingentissimi danni da annessione.

Infatti, quando la Padania decise d’annettersi il resto d’Italia, le riserve finanziarie del Nord, erano solo il 17% del totale di tutta l’Italia. Una delle prime mosse del potere nordista, fu di svalutare di circa il 20% la lira napoletana. Vi furono episodi di mega-furti, alcuni veramente incredibili, come il trasferimento di un intero ponte di ferro da Napoli al Nord. Le ferrovie, costruite prevalentemente al Nord, furono un vero e proprio ladrocinio.

Senatore, ha un’idea di quanto potrebbe pretendere il Centro-Sud di indennizzo, tenendo conto degli interessi maturati?

Conclusioni, tratte dal Rock del Burino padano: 

E nacque allor nell'isterismo

il capo del celodurismo,

che a un sol problema ha dato soluzione:                

a quello della propria occupazione.

E, ricordando che si presentò come cantante a Castrocaro:

"Ah, quanto ci costò caro,

quel tuo insuccesso a Castrocaro!

Col tuo pensiero, messo in rap,

quanti seguaci e tutte rap..."






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