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Politica
Lega in trincea per il Veneto. Salta Zaia? Pronti 4 candidati. I nomi
Luca Zaia e Matteo Salvini (Lapresse)

Regionali, per avere di nuovo il Veneto (Zaia o non Zaia) la Lega deve tornare almeno al 20% 

 

Persa la Sardegna, ora il Carroccio si concentra sul Veneto. Nell’isola, dove Christian Solinas non sarebbe stato ricandidato da tutta la coalizione di Centrodestra alle elezioni regionali del 25 febbraio -anche se non ci fosse stato il colpo di scena giudiziario che l’ha coinvolto- tirava già un’aria “tesa”: era chiaro che Giorgia Meloni volesse imporre Paolo Truzzu di Fratelli d'Italia e la Lega non poteva correre da sola rompendo il Centrodestra, dopo l’ultimatum della premier.

Inutile - spiegano fonti qualificate leghiste - rivendicare la Basilicata o addirittura il Piemonte. Non solo perché Antonio Tajani e tutta Forza Italia hanno fatto quadrato da settimane attorno a Vito Bardi e ad Alberto Cirio dicendo che non si toccano, ma anche perché con l'8% nazionale, laddove dovesse saltare Bardi in Basilicata ad esempio, il candidato non sarebbe della Lega ma nuovamente di Fratelli d'Italia. E lo stesso discorso vale per il Piemonte, visto che al Nord FdI non ha nemmeno un governatore. Quindi inutile in questa fase creare tensione e aprire nuovi fronti.

Incassata la sconfitta sul fronte sardo, con l'assicurazione che in Umbria verrà ripresentata come presidente l'ex senatrice leghista Donatella Tesei, ora la vera grande battaglia del partito di Matteo Salvini è proprio il Veneto. Ieri il deputato Alberto Stefani, segretario del Carroccio veneto, ha spiegato ad Affaritaliani.it che la battaglia per eliminare il vincolo dei due mandati andrà avanti anche con altre azioni e provvedimenti in Parlamento. Ma gli alleati sono piuttosto freddi. Meloni nella conferenza stampa di inizio anno non ha escluso un intervento, rimettendosi al Parlamento.

Ma i segnali che arrivano non sono positivi. In particolare Tajani nei giorni scorsi si è detto contrario affermando che è giusto tenere il vincolo del doppio mandato. E probabilmente, afferma qualche voce ben informata, lo stesso Salvini non si straccerà le vesti per difendere a spada tratta Luca Zaia, con il quale in diverse occasioni ha avuto idee divergenti. Ultimo caso quello della legge regionale, bocciata per un voto, sul fine vita. Norma frutto di una iniziativa popolare sulla quale Zaia era d'accordo e invece il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture ha affermato che se fosse stato in consiglio regionale avrebbe votato contro.

La verità è che sono in molti nella Lega ad aspirare al ruolo di presidente della regione Veneto. Anche qui però Meloni ha in mente Luca De Carlo, senatore di FdI e coordinatore regionale. Molto dipenderà dal risultato delle elezioni europee, soprattutto in Veneto. Alle Politiche del 2022 Fratelli d'Italia ha più che doppiato il Carroccio: 32,6% contro il 14,6. Uno smacco per la Lega nella regione dove storicamente è più forte. Se a giugno nel voto per l'Europarlamento il partito di Salvini riuscisse a tornare in Veneto intorno al 20 con un calo di FdI rispetto alle Politiche, accorciando quindi le distanze, allora sarebbe quasi certa la riconferma della regione al Carroccio.

Ma se saltasse la norma sul terzo mandato e Zaia non potesse più ricandidarsi chi sarebbe il candidato leghista per il Centrodestra? Quattro i nomi che si fanno nel partito. Il primo è certamente quello dell'ex sindaco di Padova e attuale sottosegretario allo Sviluppo economico Massimo Bitonci. Altro nome di peso storico volto della Lega nella regione è quello di Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, molto vicino a Zaia. Poi c'è lo stesso Stefani che potrebbe essere della partita essendo il segretario regionale.

E infine il quarto nome in lizza è quello di Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo economico della giunta Zaia e su posizioni bossiane, autonomiste, spesso in contrasto con la linea di una Lega nazionale di Salvini. Marcato rappresenta in Veneto l'anima storica della Lega quella per cui prima di tutto viene la battaglia dell'autonomia e del federalismo (e forse per questo è anche dei quattro quello che ha oggettivamente meno chance).

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