Politica
M5S,ai grillini non resta che giocare la carta 5 stelle rosse con Fico e Dibba
Il voto in Molise e in Fvg è un avvertimento da non sottovalutare, di qualcosa che non ha funzionato e che si è rotto nel rapporto tra il M5S e gli elettori
Sette sordi rintocchi della campana friulana sono suonati per il Movimento Cinque Stelle, finito all'angolo e ridotto a perorare il voto a giugno, da chi voleva mettere all'angolo: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, i protagonisti del patto del Nazareno. Beninteso, non sono i sette sordi rintocchi suonati in Friuli Venezia Giulia quelli di una campana che suona "a morto", ma, senza forti e immediati correttivi di linea, potrebbero diventarli. Trattasi di un avvertimento, da non sottovalutare, di qualcosa che non ha funzionato e che si è rotto nel rapporto tra il Movimento e gli elettori: 17 punti in meno, dal 24,6% delle politiche al 7,1% delle regionali, o 13 se il riferimento è l'11,6% raccolto dal candidato 'governatore'.
In poco più di due mesi, tra il 4 marzo e il 29 aprile, il Movimento ha perso 139.514 voti sulla lista e 106.524 voti sulla candidatura a governatore: sono tanti, tantissimi. Già in Molise un piccolo, ma significativo, segnale, non delle dimensioni friulane, era emerso: sei punti in meno tra le politiche (44,7%) e le regionali (38,5%).
Quanto meno un indietreggiamento e comunque un rallentamento rispetto all'exploit del 4 marzo. Improvvisamente, nel pieno delle esplorazioni dovute per la formazione del governo, a più di cinquanta giorni dal terremoto elettorale del 4 marzo che ha colpito al cuore - anche in Italia - il sistema della democrazia rappresentativa, risuonano sette sordi rintocchi della campana friulana.
E volendo la sera stessa del voto in Friuli, il senatore Matteo Renzi deus ex machina del Pd, con cui il M5S aveva gettato le basi per l'avvio di un confronto ricercato, spentosi il forno con il centro-destra, ha pronunciato a 'Che tempo che fa' sull'ammiraglia della Rai, il 'non possumus' al sostegno parlamentare di un governo a cinque stelle che a un governo Pd-M5S: "Governi chi ha vinto le elezioni". Il sogno di una notte di mezza primavera del Premier in pectore Luigi Di Maio si è infranto, bruciato sul nascere dai protagonisti del patto del Nazareno: Di Maio è finito, allora, come quei suonatori che andarono per suonare e ritornarono "suonati"?
Forse sì, forse no: di certo lo scettro di Premier in pectore si è rovinato, consumato, non brilla più, come il day after del terremoto elettorale e non solo per colpa dei protagonisti del patto del Nazareno che, dalle rispettive fortezze, si lanciano messaggi d'amore. La politica - e il Premier in pectore lo ha imparato sulla sua pelle - nonostante il terremoto elettorale del 4 marzo, resta tuttora più "sangue e merda" che "contratti di governo" tra politici che, come si suol dire, hanno "a cuore" il buon funzionamento delle istituzioni nell'interesse degli elettori: la politica non pretende la morale, cioè valori universali, ma la "governabilità", ossia il potere per il potere.
Non si può dire, ridire, ripetere non siamo nè di desta nè di sinistra e candidare a 'governatore' del Friuli Venezia Gliulia un bravo, bravissimo ricercatore approdato di recente al Movimento ma ex- Alleanza Nazionale: l'originale è quasi sempre preferito al griffato! E se il sogno di una notte di mezza primavera conteneva anche la prospettiva di rifare la vecchia democristiana - il grande partito di centro che vive attingendo a due forni - beh, anche questo sogno si è sbiancato, è irreale: quel posto è già occupato, da tempo, proprio dai protagonisti del 'patto del Nazareno' che, senza squilli di trombe e rulli di tamburo, lavorano a un rassemblement tipo 'La Repubblique En Marche' dell'enfant prodige Emmanuel Macron.
Resta una prateria enorme sul lato opposto - a sinistra - da seminare e coltivare intensivamente per colmare un vuoto culturale e di pensiero: ecco, qui - a sinistra - ci sono molte più probabilità di costruire un originale rassemblement: o una sorta, per restare alla Francia, di Epinay o, guardando al Regno Unito, alla rivoluzione corbyniana del vecchio Labour Party blairiano che a piccoli passi si sta trasformando per l'improvviso Youthquake (terremoto culturale, politico, sociale, creato dall'azione dei giovani) in un Movimento a cinque stelle rosse.
Difficile dire se il Premier in pectore degasperiano che, come il Napoli ha solo annusato lo scudetto, si è solo avvicinato all'uscio di Palazzo Chigi, sia la persona giusta per lanciare apertamente e senza indugi la scommessa a sinistra, ultima chance: forse sarebbero più adatti altri cinque stelle come Roberto Fico o Alessandro Di Battista.