Contrordine. Il Pd ci ripensa: meglio il mercato
Il governo vuole privatizzare l' acqua. Addio referendum. In 26 milioni dissero sì alla gestione pubblica. Alla Camera, però, l' esecutivo appoggia la cancellazione di quell' obbligo.
Quanto contano i 26 milioni di italiani che nel lontano giugno del 2011 votarono "sì" ai due referendum sull' acqua pubblica? Poco o niente. Da pochi giorni questa è non solo la realtà, ma anche la risposta ufficiale del governo Renzi: la gestione dei servizi idrici non deve essere pubblica, ma di mercato. Al di là di ogni altra considerazione, non un buon viatico per il referendum sulle trivelle che si celebra ad aprile. Ecco la storia dell' acqua.
Ora però, alla Camera, hanno cominciato a discutere un ddl di iniziativa popolare che risale al 2007: lo presentarono i movimenti per l' acqua pubblica e in questa legislatura è stato "aggiustato" da un intergruppo parlamentare in cui figurano deputati di Pd, Sel e Movimento 5 Stelle, partiti che appoggiarono il referendum. Federica Daga ( M5S ) è la prima firmataria di una legge che qualifica l' acqua come "diritto umano" e, come tale, garantisce a tutti una fornitura minima di 50 litri al giorno pagata, se serve, dalla fiscalità generale. Il cuore del ddl è l' articolo 6: prescrive l' affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato (niente Spa pubblico-privato), gli enti hanno un anno per adeguarsi.
Il problema, scrive il fatto, è che la legge, ora che si comincia a votare per portarla in Aula, a qualcuno non va più bene: martedì 8 marzo i resoconti di Montecitorio danno conto dell' esistenza di due emendamenti di Enrico Borghi e Piergiorgio Carrescia (deputati Pd come gli altri firmatari) che chiedono di "sopprimere" l' articolo 6, cioè il cuore della legge. Il 9 marzo, poi, il relatore Massimiliano Manfredi (Pd) "esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Borghi e Carrescia". La sottosegretaria Silvia Velo, a nome del governo, "concorda". L' esecutivo, insomma, vuole cancellare l' articolo centrale della legge, quello che invera la volontà di 26 milioni di italiani (oltre la metà degli aventi diritto).