E se la Brexit fosse un'opportunità?
E se la Brexit fosse un’opportunità per l’Italia?
Siamo così certi che il rifiuto di Londra all’Europa unita sia una tragedia? La narrativa è questa, ma ci basta superare la fase emotiva per ricavarne una prospettiva politica differente. Gli inglesi non sono tra i sei fondatori dell’Unione. Se escono è perché rinunciano al progetto di costruzione della società aperta in cui avevano creduto. La società aperta non prevede la presenza soffocante della burocrazia e delle sue troppe regole. Gli inglesi fanno bene a lamentarsene, ma scappando non risolvono nulla, al contrario rifiutano l’apertura al mondo, di uomini e merci. Facciamoci noi portavoce di un’Europa aperta e senza burocrati. Siano Milano e Roma a proporre un modello di sviluppo diverso.
Economicamente le conseguenze sono difficilmente quantificabili. Soprattutto a spaventarci maggiormente potrebbero essere i dazi che le merci in entrata e in uscita potrebbero subire Questi sarebbero tanto gravi quanto le limitazioni alla libertà di ingresso in territorio britannico. Il fatto che i così detti talenti fatichino a giungere nella partita delle start-up europee è un altro vantaggio per tutti noi. Attiriamoli a Milano, offrendogli di più di quello che ricevono a Londra.
Ma a fare paura sono i mercati che sembrano reagire senza razionalità. In verità uscendo dalla UE gli inglesi perderebbero alcuni asset fondamentali dell’Unione, come per esempio la EFA, l’Agenzia Europea del Farmaco. Svedesi, danesi e noi italiani ci siamo già fatti avanti per prendercela. Bella notizia. Così come per l’agenzia che dovrebbe monitorare la finanza che non ha ancora aperto ma che già potrebbe andarsene. Questa sarebbe comodo portarsela a Milano.
Tranne qualche edge fund, molti istituti bancari e finanziari temono che con la Brexit Londra debba rinunciare alla regolamentazione UE. Cosa significa? Che si dovranno adeguare alle nuove regole inglesi che saranno migliori di quelle UE - dubito - ma varranno solo a Londra, non più nel resto d’Europa. Così banche ed istituti dovranno aprire un’altra sede per l’Europa a 27. A questo punto conviene traslocare. Che Milano e l’Italia siano in pole position, in grado di offrire infrastrutture e servizi, e soprattutto un’ambiente meno ostile al business.
Pietro Paganini
*Direttore Generale Fondazione Einaudi e John Cabot University