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Palazzi & potere
Elezioni 2018: Di Maio (M5S) pensa all'alleanza impossibile
Foto La Presse

Tutti danno per scontato che Matteo Renzi, sceso sotto la fantomatica 'quota Bersani', lasci. Per di più, alcuni ben informati (anche tra i sondaggisti) ritengono che per il Pd sia possibile un risultato addirittura al di sotto del 20. Eppure, scrive La Verità, stando ai boatos che in queste ore giungono copiosi da Largo del Nazareno, sede del Partito Democratico, il segretario non ci penserebbe proprio a lasciare e si starebbe già attrezzando per resistere al 'bombardamento', sventolando addirittura lo spauracchio di un governo 'con chi ci stà', LeU e 5 Stelle compresi. 

“Anche sotto il 20, il segretario farà di tutto per non mollare la poltrona. Con la sua truppa di fedelissimi di cui sta riempiendo le liste cercherà di fare due cose: rimanere segretario del Pd e avere voce in capitolo nella formazione del prossimo governo, qualunque esso sia", si spiega. "Il Giglio magico, in tal modo, seppur ridimensionato potrebbe comunque continuare ad avere voce in capitolo nelle principali vicende economico-istituzionali del paese, anziché rischiare di finire nell'oblio dell'opposizione". Sarebbero soprattutto i "colonnelli" renziani a spingere per non uscire completamente dalla "stanza dei bottoni"; ciò li renderebbe assai più vulnerabili ed esposti agli attacchi dei nemici.

D'altra parte, continua La Verità,  anche Di Maio e soci avranno non poche difficoltà a mettere in piedi una coalizione di governo qualora vincessero le elezioni; Liberi e Uguali di Pietro Grasso stenta a decollare (quotata solo al 6%) e con Salvini (difficilmente 'addomesticabile') i rapporti sono tesi e altalenanti. Con un Di Maio che vuole a tutti i costi giocarsi la sua chance governativa ('ora o mai più'; non ne avrà un'altra essendo già al secondo mandato) tutto diventa possibile. Anche alleanze sino ad ora 'impensabili'. Certo, dalle parti grilline si fa chiaramente notare che prima si preferirebbe tentare di governare con Liberi e Uguali poi eventualmente con Salvini e solo in ultima istanza con il PD (ma meglio, ovviamente, senza l'arcinemico Matteo Renzi); il vero obiettivo grillino è di arrivare intorno al 30% e di sperare nel terremoto politico dei partiti altrui in modo da avere buon gioco nel dare le carte quando Di Maio farà l'appello per il governo del paese. Andare al governo con LeU e PD per i grillini non sarebbe una bestemmia purché a comandare il gioco nel Partito Democratico non fosse più Matteo Renzi. 

Non a caso, da ormai molto tempo sussurri sapienti suggeriscono a Luigi di Maio di completare il suo percorso di istituzionalizzazione e normalizzazione ed il passo indietro di Beppe Grillo in queste ore conferma questo percorso. Senza Grillo, di Maio e il Movimento 5 Stelle avranno mani libere per le alleanze. Un Movimento normalizzato e senza più il fondatore sarebbe facilmente spendibile per molte soluzioni governative. Il buon rapporto tra Luigi Di Maio e il Capo dello Stato Sergio Mattarella (nel Movimento si giura che sono definitivamente finiti e superati i tempi degli attacchi smodati al Quirinale) sta lì a dimostrarlo.

"Non lasceremo l'Italia nel caos" continua a ripetere il capo politico dei pentastellati. "La legge elettorale attuale non promette niente di buono. Rappresentiamo oggi la prima forza politica nel Paese e non abbiamo intenzione di lasciare l'Italia nel caos la sera delle elezioni. Se non dovessimo aver raggiunto un numero capace di darci l'autonomia per governare, faremo un appello pubblico alle forze politiche chiedendo di mettere insieme le priorita' del Paese per dare un governo all'Italia". E questo, se l'italiano ha ancora un senso, vuol dire che l'appello verrà rivolto a tutte le forze politiche, Pd compreso. 

Anche le 'mani libere' rivendicate a Davos da un politico attento e navigato come l'attuale Premier Paolo Gentiloni (sempre in sintonia con il Quirinale) potrebbe prefigurare nuovi e inediti scenari governativi.

 

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