Palazzi & potere

I guadagni dei partiti

Presentata a Roma l'indagine sul Fundraising


 
Quanto guadagnano partiti? È stata presentata l’indagine comparativa 2016 “Fundraising per la politica in Italia, Stati Uniti d’America e Regno Unito” a cura del Centro Studi sul Nonprofit e delle associazioni Raise the Wind, Costruiamo Consenso e Competere. Tra gli invitati alla presentazione alla Camera dei Deputati diversi esperti del settore e rappresentanti della politica che hanno dato vita ad uno stimolante dibattito riguardo la Legge sul finanziamento pubblico ai partiti che entrerà in forza a partire dal 2017.

 
La ricerca, conclusasi a settembre 2016, ha monitorato le attività di fundraising e people raising di diciassette tra partiti e movimenti politici italiani e ha rilevato un incremento della percentuale dei soggetti che adottano almeno una tecnica di fundraising, passata dal 45% del 2013 (anno precedente all’entrata in vigore della legge sull’abolizione del finanziamento pubblico diretto) al 100% del 2016 (ultimo anno prima del taglio definitivo del finanziamento pubblico diretto). Inoltre, è pari all’88% la percentuale di partiti e movimenti che quest’anno ha adottato due tecniche di raccolta fondi; al 59% la quota percentuale di chi ne ha utilizzati tre. Va segnalato che rispetto al 2013 è aumentata la percentuale di partiti e movimenti politici che raccoglie i dati dei propri donatori passando dal 25 al 94%. 

 
Tuttavia, nonostante un trend in crescita come dimostrato dai dati raccolti, si è trattato principalmente di semplici raccolte fondi che non mirano alla periodicità delle donazioni né a creare un rapporto duraturo con il donatore. I partiti italiani risultano ancora poco strutturati e dotati di figure specializzate nella fidelizzazione con l'elettore e nell'implementazione di tecniche avanzate di fundraising. 

 
Nando Paglioncelli, presidente di Ipsos Italia, ha spiegato che “il tema del fundraising per la politica in Italia è condizionato da tre elementi critici: una forte crisi di rappresentanza, la scarsa partecipazione dei cittadini al dibattito pubblico e la percezione distorta dei costi della politica”. Inoltre, continua Paglioncelli “un elemento da non sottovalutare quando si discute di fundraising politico, specialmente nel nostro paese, riguarda l’appartenenza politica dell’elettore: nel 2013 il 39% degli elettori ha modificato la propria opinione, votando in maniera diversa dalle consultazioni precedenti”.

 
L’On. Maurizio Bianconi, Conservatori e Riformisti, ha invece puntato il dito contro un altro aspetto. “In Italia il rapporto con la politica è di tipo orizzontale, non verticale. Ed è questa caratteristica a rendere difficile una raccolta fondi indiretta. E’ evidente a livello locale, quando tra il cittadino e il politico si crea un clima di scambio. Il finanziamento in cambio di un favore”. L’On. Bianconi ha concluso sostenendo la creazione di Fondazioni che funzionino da mediatori tra donatori e politica, sulla falsa riga dei PACs americani.

 
Ha concordato con l’On. Bianconi anche l’On. Misiani, PD, sulla necessità di creare dei comitati di raccolta fondi, auspicando però di discostarsi da un modello sfacciatamente americano, troppo legato ad un sistema di “scambi” e condizionamenti da parte di grandi donatori.

 
Per l’On. Palmieri, Forza Italia, tre sono le questioni da affrontare con urgenza. In primo luogo occorre superare il concetto di tesseramento al partito per arrivare, invece, ad una membership; il versamento delle donazioni attraverso il 2x1000 garantirebbe un maggior livello di trasparenza; infine occorre organizzare delle campagne elettorali con programmi politici chiari e puntuali.

 
Ha concluso i lavori della conferenza Domenico Petrolo, Coordinatore dell’Ufficio Fundraising PD Nazionale. “Il problema è anche culturale, si fa difficoltà a chiedere donazioni. A ciò si aggiungono le riserve da parte delle aziende che temono un danno di immagine e di reputazione ogni qualvolta uno scandalo politico approda sui giornali”. “E’ importante anche mantenere alta l’attenzione su una legge che regoli le lobby, - ha continuato Petrolo - in modo da poter costruire un ecosistema limpido all’interno del quale far muovere i gruppi di interesse senza sospetti o ambiguità”.

 

Pietro Paganini