ITALIA, 9 PROPOSTE PER TORNARE A CRESCERE
Il quadro internazionale non è dei più rosei. La popolazione sta invecchiando, si riducono i consumi e aumenta il risparmio. La disoccupazione mantiene i salari fermi e i redditi reali stagnanti, indebolendo la domanda aggregata. Le politiche monetarie divergenti aumenteranno il rischio di dislocazioni di mercato, mentre le tensioni geopolitiche, la volatilità dei mercati e le svalutazioni competitive rappresentano ulteriori fattori di rischio.
In tale contesto le prospettive di crescita del nostro paese non sono brillanti. La meritocrazia e la propensione al rischio sono perennemente ostacolate da un’ossatura burocratica granitica, il PIL pro capite è bloccato al livello di fine anni ’90, la disoccupazione è al di sopra dei livelli pre-crisi e la crescita è lenta, con innovazione e competitività al di sotto della media europea. Investire è sempre più difficile e sempre meno redditizio, il nostro debito pubblico è il secondo più alto della zona euro dopo la Grecia e il sistema bancario alla canna del gas (servono 40 miliardi per gli aumenti di capitale).
Eppure la nostra economia è:
a) di grandi dimensioni, almeno nel mondo occidentale e nel contesto europeo;
b) relativamente diversificata;
c) solida – è il secondo produttore manufatturiero in Europa e il quinto nel mondo;
d) resiliente – grazie soprattutto al risparmio privato che è al di sopra della media europea.
Gli ultimi anni di proclami riformistici non hanno portato a nulla o quasi. In mancanza di spinte esterne o di sforzi politici adeguati, è giunto il momento di sviluppare fattori di crescita interni, migliorando la competitività a lungo termine e attirando gli investimenti con delle vere riforme strutturali che abbiano come obbiettivi:
1. Promuovere la crescita con politiche fiscali da affiancare a quelle monetarie della BCE;
2. Riqualificare la spesa in infrastrutture e istruzione;
3. Ridurre le tasse sul lavoro;
4. Promuovere la ristrutturazione del sistema bancario;
5. Riformare la legge elettorale per garantire stabilità ma anche un costante rapporto fra parlamentare e il territorio di cui è espressione;
6. Migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione e favorire la meritocrazia;
7. Stimolare la crescita della produttività:
8. Rendere il mercato del lavoro più flessibile;
9. Allineare i salari con la produttività.
Il tempo stringe e il governo Gentiloni è troppo debole per ragionare su riforme significative, ma un peggioramento della performance rappresenterebbe un grave pericolo per l’Unione Europea per la moneta unica.
Benedetta Fiani