Palazzi & potere
La libera concorrenza che in Italia non arriva mai: la beffa del DDL
Dopo anni di stallo, il Ddl concorrenza, tanto temuto dalle corporazioni, è stato approvato alla Camera ed è ritornato al Senato per la quarta lettura. A partire dall’iter parlamentare, che ne ha sancito di fatto l’inutilità, fino ad arrivare al Governo si capisce come il concetto di concorrenza in Italia sia avversato da più parti e, quand’anche ci si decide ad affrontare il tema, lo si fa in modo blando e svogliato. È così che una legge che potrebbe fare la differenza per imprese e consumatori finisce per essere spogliata dei suoi elementi fondamentali. E questa volta c’è stata pure la beffa targata Partito Democratico.
Innanzitutto, dopo le proteste, le minacce e lo schierarsi delle forze politiche, non si è riusciti ad inserire alcuna norma o indicazione precisa per il riassetto del trasporto pubblico ed il servizio di pubblica utilità reso ad esempio da taxi e noleggio con conducente. Il tutto è stato prorogato di 12 mesi per paura di perdere consenso in campagna elettorale. Intanto Uber è stato bloccato, nonostante le varie sentenze riabilitanti e le raccomandazioni dell’Autorità garante per la concorrenza, e Flixbus è stato affossato nella manovra correttiva di bilancio. Alla faccia della libera concorrenza nel libero mercato.
Nessuno tocchi avvocati, notai e farmacisti. Sono le caste più forti e resistenti al cambiamento e all’innovazione. Il primo testo elaborato, nel 2015, prevedeva qualche privilegio in meno. Poca roba, ma sempre un passo avanti verso la semplificazione burocratica nel settore degli immobili e delle società private. Sui farmaci di fascia C invece la speranza non si è mai palesata. Tutti i progressi comunque sono stati stralciati e sono rimaste piccole norme prive di alcun peso per liberalizzare un mercato stantio. Scordiamoci le autocertificazioni e le procedure semplificate online in vigore negli altri Pesi: andremo ancora dal notaio per un bel po’. Il problema è che nella classifica Doing Business 2017 siamo al 50esimo posto e rischiamo di rimanerci a lungo.
Infine la beffa per il consumatore: il tacito rinnovo per le polizze assicurative riguardanti danni e rischi accessori per la Rc Auto è stato ripristinato. Per liberalizzare il settore delle assicurazioni, il Governo Monti introdusse il divieto del rinnovo tacito delle polizze assicurative, in linea generale, nel decreto Sviluppo Bis del 2012. Si voleva alimentare una maggiore concorrenza tra compagnie di assicurazione. A beneficiarne sono stati i consumatori: il costo medio delle Rc Auto è sceso in 5 anni del 18,3%, circa il 3% annuo di media. Infatti, per potere trattenere o acquisire nuovi clienti, le compagnie hanno dovuto competere, soprattutto sui prezzi. Ebbene quando il testo passerà al Senato questo beneficio del libero mercato sparirà, favorendo solo gli operatori.
Doveva essere un ddl a cadenza annuale, per muoversi progressivamente verso una maggiore liberalizzazione dei mercati e portare vantaggi ai consumatori, abolendo le logiche corporative. Si è trasformato in un provvedimento inutile e senza filo conduttore, permettendo alle varie lobby di agire liberamente. A pagarne le conseguenze, come al solito, sono la libertà di scelta dei cittadini e la capacità dell’economia italiana di innovarsi per cercare una via d’uscita alla crisi di competitività e di crescita. Rischia di passare ancora una volta il messaggio che l’Italia è non riformabile nelle sue componenti fondamentali e, ancor peggio, è allergica alla libera concorrenza.
Giacomo Bandini