Palazzi & potere
La nuova “battaglia del grano e l’allergia italica alla concorrenza
A Bari nei giorni scorsi si è svolto uno degli scontri della nuova “battaglia del grano”. A mobilitare qualche migliaio di agricoltori che hanno protestato nel porto per l’arrivo di una nave carica di grano canadese ovviamente c’è la Coldiretti. Il ritornello è che il grano canadese fa parte di una grande speculazione ai danni dei produttori italiani ed assomiglia molto al mantra del complotto dei “poteri forti”. Senza scordare che Coldiretti può rientrare benissimo nella categoria “poteri forti” in Italia, può essere utile una breve analisi dei fatti. Anche perché la battaglia del grano odora di protezionismo e avversione alla concorrenza ed ultimamente di storie così se ne vedono molte (chiedere a Flixbus).
Partiamo dai dati. I produttori di pasta e i raffinatori sostengono che per soddisfare il bisogno nazionale di grano duro, senza contare le esportazioni, servono 5.5 milioni di tonnellate. A livello locale ne vengono prodotte solamente 3.5 milioni. Di conseguenza vi è un deficit strutturale di circa 2 milioni di tonnellate. Per questo motivo, da anni, viene importato grano duro di diversa origine: Francia, Ucraina, Romania, Polonia, Ungheria, Russia e Canada.
Perché allora gli agricoltori si sono mobilitati? Nei comunicati ufficiali si legge che è in atto una speculazione, ma non ne vengono specificate le modalità. Una cosa è sicura, però. La speculazione non deriva dal prezzo del grano. Come ricorda Giordano Masini, agronomo e giornalista, oggi un quintale di grano duro nazionale è valutato circa 20 euro, mentre il frumento canadese circa 26 euro al quintale. Se ci fosse una speculazione e se i produttori di pasta e i trasformatori italiani fossero davvero artefici di un complotto ai danni degli agricoltori perché dovrebbero perderci economicamente importando un grano che costa molto di più, con una maggiorazione del 25%?
Quando ad essere esportato è il Made in Italy allora va tutto bene. Quando l’Italia è costretta ad importare, mettendo in concorrenza i prodotti italiani, invece va male. Peccato che i produttori di grano duro italiano oltre a ricevere i sussidi europei, ricevano anche dei veri e propri aiuti di Stato. Il Mipaaf infatti ha stanziato un fondo a tutela delle imprese agricole nel settore del grano per tutelarle dalle crisi del mercato. Le cifre: 100 euro per ettaro in caso di condizioni climatiche avverse e fluttuazioni di mercato improvvise. La copertura sarà supportata da Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, un ente pubblico finanziato con i soldi dei contribuenti.
È bella la concorrenza, quando sono gli altri a farla vero?
Giacomo Bandini