Palazzi & potere

Elezioni 2018, M5S: parla Vincenzo Scotti della Link Campus University

Incontriamo il Prof. Vincenzo Scotti, Presidente della Link Campus University e protagonista della vita politica e istituzionale italiana.


Prof. Scotti, cominciamo il nostro colloquio dall'attualità politica ....

Vorrei dire, anzitutto, che l'arte del governare è molto difficile. Lo era ai miei tempi, quando in pieno '900 eravamo immersi nel mondo bi-polare, dove era inevitabile lo schierarsi di qua o di là; di conseguenza, anche il pensiero politico era "schierato" e le posizioni altrettanto. Io sono cresciuto nella tradizione democratico-cristiana e ho sempre cercato, in politica e nelle istituzioni, di praticare l'antica arte della mediazione e di contribuire a formare classi dirigenti per il futuro. Oggi, nel mondo a-polare, tutto è cambiato; non ci sono più punti di riferimento fissi e immutabili e anche il governare deve "adeguarsi", restituendo nuova linfa alle nostre democrazie, in molti casi rimaste "appese" a un '900 che non c'è più. I partiti classici o sono scomparsi o sono in crisi profonda ma l'opportunità politica di semplificare i nostri assetti istituzionali va colta al volo, discutendone il merito; l'Italia paga il prezzo di una eterna transizione. Ricordo soltanto che l'esigenza di superare il bicameralismo perfetto risale ai tempi della Costituente ed è stata più volte sottolineata nel corso della nostra storia repubblicana. Ora, nel settantesimo anniversario della nostra Repubblica, sarebbe il caso di far intraprendere all'Italia il cammino della modernità istituzionale.

Molto spesso si parla di anti-politica, con riferimento a forze anti-sistema che sembrano prevalere in diversi contesti...

Rispetto alla lotta politica, la parola anti-politica non ha senso. Tutti coloro che si muovono nell'agone politico, infatti, compiono atti politici; si può essere d'accordo o meno con alcune posizioni ma non è possibile negare questo. Piuttosto, se vogliamo parlare di anti-politica dobbiamo guardare a cosa è diventata l'Europa; chi, come me, è cresciuto alla scuola dei "padri fondatori" (De Gasperi, Adenauer, Schuman), non riconosce più questa Europa. Nel '900, dopo le tragedie dei totalitarismi e della guerra mondiale, alcuni "visionari" pensarono all'Europa come a uno straordinario laboratorio di democrazia sovrannazionale e come integrazione fra stati per la pace e per lo sviluppo comuni. Invece, progressivamente, l'Europa è diventata il regno della tecnocrazia e delle gelosie nazionali, capace di imporre il pareggio di bilancio nelle Costituzioni degli stati ma incapace di governare un fenomeno come le migrazioni in chiave comunitaria; abbiamo di fronte a noi una Europa che ha colpevolmente abbandonato il Mediterraneo, contribuendo a farlo degenerare nei termini che vediamo. Il nostro Governo sta faticosamente cercando di far ritrovare all'Europa la sua anima politico-strategica; è la strada giusta, dobbiamo sostenerlo.  

Lei, da ministro dell'Interno, ha vissuto tempi particolarmente complicati nella guerra alla mafia e alla criminalità organizzata...

Guerra è il termine corretto. Ciò che fa male è che, mentre in molti riconoscono il ruolo positivo che avemmo all'inizio degli anni '90 nel contrasto all'anti-stato mafioso, oggi sembra dominare una cultura dell'apatìa, come se tutto fosse risolto. Se vogliamo davvero ricordare, senza retorica, figure come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (e molti altri), dobbiamo ripensare la guerra di allora nel contesto di oggi, ben sapendo che il problema non è risolto (... anzi) e che, vista la situazione attuale, le intuizioni di quegli uomini (molto spesso isolati) si rivelarono profetiche. La globalizzazione ha inevitabilmente diffuso il "cancro" mafioso a livello internazionale e la politica e le istituzioni non sembrano avere ancora colto la necessità di un vero coordinamento europeo e globale delle forze di intelligence e di polizia. E questo, a maggior ragione, è ancora più importante oggi in considerazione delle minacce a-simmetriche che vengono dalle nuove forme di terrorismo e da organizzazioni che usano sapientemente gli strumenti tecnologici e informatici.

Da alcuni anni, Lei ha fatto una scelta di campo, fondando una università...

Si, ho ritenuto di dover fare qualcosa per e con le giovani generazioni. Link Campus è un ateneo con vocazione internazionale che vuole aiutare i giovani a maturare un pensiero critico rispetto alla realtà globale. La nostra sfida è quella di coniugare sapere e fare, di re-integrare i saperi, di dare agli studenti un metodo di lavoro adatto a farli diventare protagonisti nei mondi che evolvono. Non esiste un solo problema che viviamo nei nostri territori che non sia un problema globale e questo ci impone uno sguardo diverso e la responsabilità di insegnare ai giovani a cogliere i "segni dei tempi", a comprenderli per governarli. Lavoriamo, infine, nella concreta prospettiva di fare della Link una vera e propria "comunità universitaria internazionale" in un Campus, stile anglosassone, a Roma. 

L'intervista è stata realizzata l'8/6/2016