Palazzi & potere
Reddito, assegno anche agli autonomi. La sentenza della Corte di Giustizia Ue
Ecco perché secondo la Corte di Giustizia Ue tutti i lavoratori (anche gli autonomi) hanno diritto a un sussidio di disoccupazione
Gli Stati nazionali, dunque anche l' Italia, devono prevedere nel loro sistema di sicurezza sociale una forma di sostegno al reddito anche per la disoccupazione dei lavoratori autonomi. E di conseguenza i governi e i parlamenti devono muoversi e orientarsi in questa direzione per garantire tale prestazione ben oltre l' ambito del lavoro dipendente. A maggior ragione per evitare condanne in sede comunitaria. Lo scrive il Quotidiano Nazionale, spiegando che a fissare questo innovativo e rivoluzionario principio è una sentenza della Corte di Giustizia europea depositata nelle motivazioni e nel dispositivo qualche giorno fa.
È incompatibile - questo il senso del verdetto - con il diritto dell' Unione, ledendo anche fondamentali principi di parità e di non discriminazione, la condotta dello Stato membro che assicuri un sostegno economico di disoccupazione, sotto forma di una indennità indirizzata a tal fine, esclusivamente ai lavoratori subordinati, escludendo dal novero dei beneficiari quelli autonomi. Tutti i lavoratori, insomma, non solo i dipendenti ma anche gli autonomi, hanno diritto a un sussidio di disoccupazione, quando la cessazione dell' attività professionale sia stata determinata da «ragioni indipendenti dalla volontà della persona interessata, come può essere una situazione di recessione economica».
La vicenda nasce dalla richiesta presentata da un cittadino rumeno residente in Irlanda che, per cinque anni, aveva svolto l' attività di imbianchino e poi era stato costretto a chiudere per assenza di commesse. Ebbene, la domanda era stata respinta come era stato considerato esaurito il permesso di soggiorno dell' artigiano, sulla base della mancata equiparazione tra dipendenti e autonomi. Ma per i giudici europei «risulta che una persona che ha cessato di essere un lavoratore autonomo a causa della mancanza di lavoro dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà, dopo aver esercitato una simile attività per oltre un anno, può, analogamente a una persona che abbia involontariamente perso il suo impiego dipendente dopo averlo occupato per un ugual periodo, beneficiare della tutela offerta dallo articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2004/38».
Si tratta - secondo numerosi avvocati del lavoro, come quelli dello Studio Rando-Gurreri - di «una sentenza storica, che potrebbe preludere a un intervento legislativo di recepimento in molti Stati membri, tra i quali l' Italia, ma anche alla proposizione di una o più class action sulla base del carattere self-executing della sentenza, che ben potrebbe applicarsi anche in mancanza di un intervento diretto, sulla base del principio di preminenza del diritto dell' Unione rispetto alle altre fonti primarie interne e a un semplice dato di fatto: in Italia una disciplina esiste, e i suoi effetti devono semplicemente essere ampliati ai professionisti e a coloro i quali siano stati o siano iscritti a Casse professionali».
In realtà, nel nostro Paese, se è vero che la Naspi riguarda solo i lavoratori dipendenti, è ugualmente vero che qualche forma di indennità, come la Dis-Coll, è prevista anche per i collaboratori iscritti alla gestione separata e, in qualche misura, per artigiani e commercianti. Ma si tratta, in questi casi, di misure non paragonabili alla indennità di disoccupazione in senso stretto. E, nello specifico, non c' è niente per le partite Iva, che versano anch' esse alla gestione separata senza che vi sia la minima prestazione per i casi di perdita delle commesse e del lavoro. Una grande patata bollente per il prossimo governo.