Palazzi & potere
Taxi, Flixbus e la libertà negata al consumatore
Il consumatore ha pochi diritti e una libertà limitata. Il garante di quest’ultima, la politica, ha dimostrato di non essere adeguata a prendere decisioni che tutelino la libera scelta e la concorrenza nel mondo globalizzato che viaggia 100 volte più veloce rispetto a 10 anni fa. Questo è il riassunto dei casi Taxi vs. Uber e Flixbus v. corporazioni del trasporto extraurbano, protagonisti dell’ultima settimana.
Prendiamo il primo caso, Taxi vs. Uber. I tassisti avevano sicuramente alcune, poche, ragioni per protestare perché se è vero che il libero mercato deve fare il suo corso e deve esserci competizione, ciò deve avvenire secondo regole minime, ma certe. E nel settore di riferimento queste regole sono obsolete e hanno contribuito alla creazione di un monopolio senza via d’uscita. La questione delle licenze costosissime, della rivendita di questo “patrimonio” a parenti ed amici autorizzata dallo Stato stesso senza controlli, la proliferazione di un servizio scadente e a prezzi altissimi senza che sia mai esistito uno straccio di concorrenza è figlia della mancanza di qualsiasi coraggio politico nel mettere mano alla situazione, razionalizzandola in modo adeguato all’evoluzione del trasporto urbano. Così il capro espiatorio è diventata l’innovazione, il progresso in questo caso rappresentata da Uber, e a pagarne le conseguenze sono solo i consumatori. I quali, non solo si sono visti negare un servizio di pubblica utilità per sei giorni consecutivi, ma hanno ancor più compreso che la vera concorrenza in Italia è e sarà sempre ostacolata da interessi politici e corporativi.
Questa settimana si è affermato il principio assoluto per cui protestare anche quando l’avversario non ti ha toccato è sempre lecito e spesso incoraggiato dall’allenatore purché porti un vantaggio alla squadra di appartenenza. Non solo, è facile e doveroso ingannare l’arbitro. Tanto che il Governo ha ceduto su tutti i fronti, convocando un tavolo di confronto con tassisti e Ncc, senza Uber e soprattutto senza i consumatori. I più danneggiati non potranno dire la loro. E, come ormai avviene da anni, non hanno più libertà di scelta, bensì devono subire i soprusi altrui.
Nel caso Flixbus invece è avvenuto l’esatto contrario. Il mercato ha agevolato la concorrenza leale di un nuovo player, molto apprezzato dal consumatore, e il legislatore non intervenuto, riconoscendo il successo e la bontà dell’iniziativa. La politica ha fatto il resto, purtroppo. Un altro emendamento et voilà: bloccato un servizio “scomodo”, nonostante il forte schieramento dei consumatori, inascoltati per l’ennesima volta. Questa volta l’arbitro è sì stato decisivo e ha individuato l’errore, ponendo l’ennesima pezza, ma avrebbe dovuto vigilare preventivamente e non l’ha fatto o l’ha fatto male.
Lo Stato o la politica non possono fermare il mercato e l’innovazione. È questo il messaggio che invece deve passare. Sono due processi irreversibili perché sono figli della libertà individuale. Opporsi a Uber, Flixbus, alla concorrenza e all’avanzamento tecnologico in modo violento significa vincere una battaglia oggi, ma perdere la guerra domani. Se la politica, le corporazioni, le rendite di posizione non si adegueranno al progresso, verranno semplicemente spazzate via, senza voce in capitolo. Dunque, conviene anche a loro armonizzarsi al contesto globalizzato, accettare il cambiamento e guardare al futuro poiché indietro non si torna. Anche perché i consumatori questa volta hanno subito e sono rimasti inascoltati. Domani però potrebbero decidere loro le sorti del mercato per riprendersi la libertà negata e, senza scendere in piazza, con un semplice click, saranno molto più forti di quei 3.000 manifestanti nel centro di Roma.
Giacomo Bandini