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Politica
Pd verso la scissione in autunno. Renzi fa riemergere la Balena Bianca
Di Giuseppe Vatinno
 
Ieri l'ex Presidente del Pd, ultimo segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI),  Gianni Cuperlo, persona istruita e dabbene ha esclamato: "Che ci sto a fare?" dopo aver letto due interviste: una di Renzi ad Avvenire ed un'altra del ministro Franceschini  a Repubblica.
 
Il premier, in particolare, si è lamentato del "cannoneggiamento" interno della sua minoranza nella prospettiva delle prossime amministrative e, soprattutto, del referendum costituzionale di ottobre.
 
L'attuale situazione del Pd risulta paradossale; Renzi, dopo la sua corretta analisi sulla scalabilità del partito, l'ha fatto suo in due tornate di primarie e da allora abbiamo assistito ad un fatto nuovo pur nel vecchio panorama della politica italiana.
 
Il Pd, nato dalla fusione dei Ds con la Margherita, rappresenta un unicum assoluto, a cui si può forse avvicinare solo quello che sta accadendo a Trump con il Partito Repubblicano e cioè una nomination invisa al partito stesso.
 
La cosa interessante per i politologi è che Renzi riesce a governare saldamente con maggioranza a geometria variabile che suppliscono alle problematiche interne con robuste "iniezioni" esterne come quelle di Alfano e Verdini; in effetti, Renzi non è neppure passato da una verifica elettorale diretta governando con il "consenso" ottenute alle Europee con l'exploit del 40%; la strategia di Renzi è chiara: una azione costante sui centri di potere con l'inserzione di uomini di sua assoluta fiducia.
 
Renzi così trasforma il potere politico in potere istituzionale con una gestione accorta e spregiudicata che per ora ha pagato.
 
La minoranza interna del Pd si lamenta (insieme anche la Camusso con la CGIL), ma tranne Fassina nessuno ha mollato il partito; infatti, il ruolo di minoranza permette un'ottima visibilità mediatica e potere politico. Basti pensare ai Giovani Turchi di Orfini che da oppositori renziani sono diventati stabile puntello governativo e politico.
 
In questa ottica devono essere inquadrati di fatto anche Cuperlo e Speranza che godono di una notorietà tardiva dovuta al loro ruolo formalmente oppositivo.
 
Diverso invece il discorso per i "vecchi": D'Alema e Bersani sono già ampiamente noti e non risplendono di luce riflessa. Loro sono, di fatto, la vera minoranza del Pd che compie atti non in funzione di effimere visibilità ma come progetto politico.Se scissione ci sarà proverrà quindi proprio da loro e non dai tanti satelliti del pianeta renziano che a staccarsi dalla casa madre non ci pensano proprio.
 
Quello che la vera minoranza del Pd potrebbe fare in autunno, indipendentemente dall'esito del referendum, di (ri)creare un partito di sinistra sulle orme di quello che furono i DS, aggregando pezzi di sinistra antagonista, verdi ed ecologisti.A questo punto a Renzi resterebbe un partito "margherizzato" con l'apporto strutturale  magari di Berlusconi, Alfano e Verdini: e la vecchia "balena bianca" riemergerebbe dalle acque.
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