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Politica

"Il 4 dicembre al referendum costituzionale voterò Sì per ragioni differenti da quelle per le quali molti voteranno Sì, ovvero la paura dell'instabilità, dello spread che sale etc, etc...", afferma ad Affaritaliani.it Roger Abravanel, 'guru' della meritocrazia.

L'INTERVISTA

Perché voterà Sì il prossimo 4 dicembre?
"Chi vota SI di solito lo fa per paura della “instabilità”. Io invece non temo l'instabilità ma l'immobilità. L'economia e la società  italiane sono ferme da 30 anni  perché  da noi non  è mai nata una vera democrazia parlamentare che possa dare un grande impulso al rinnovamento. In una vera democrazia parlamentare,  chi vota elegge un Parlamento che rappresenta una  chiara maggioranza che, a sua volta, esprime un esecutivo responsabile che porta avanti un determinato programma. Con il SI  appoggiamo Matteo Renzi che ha dato una spallata alla immobilità, attraverso l'abolizione dell'Articolo 18 e il Jobs Act e che cerca anche di fare un Riforma della Costituzione che permetta il nascere di una democrazia parlamentare. Con l'Italicum come legge elettorale avremo un vincitore chiaro, e non una coalizione, che è di per se difficile da fare funzionare, ma impossibile se ci sono due Camere con coalizioni diverse.  Non si tratta di un “dittatore“, ma di un premier “responsabile “ (in inglese si dice 'accountable'), nei confronti di una Camera e non più di due. Margaret Thatcher fu licenziata da un Parlamento a maggioranza Tories e lo stesso Trump dovrà comunque fare i conti con il Congresso, anche se a maggioranza repubblicana".

Che cosa pensa della modifica nei rapporti Stato - Regioni contenuta nella riforma di Renzi?
"La seconda ragione per cui voterò Sì è proprio la riduzione del peso e del potere delle Regioni, una grande stupidaggine costituzionale che ha moltiplicato i centri di poteri e ha ridotto la responsabilità di chi guida il Paese.  Chi è responsabile della malasanità al Sud, dei trasporti locali, di burocrazia sulle regole del lavoro e sull’ambiente tra regioni e stato? Con il sistema attuale la responsabilità non esiste". 

Però dopo la vittoria di Trump negli Usa potrebbe esserci anche da noi una rivoluzione modello Brexit con i 5 Stelle o la Lega...
"Lo vedo diffiicile. Salvini e Grillo non sono Trump. Il nuovo presidente americano intende espellere 2,5 milioni di messicani illegali, e se vuole lo farà (Obama ne ha espulsi 2 milioni,) ma in Italia non si possono rimandare indietro quelli che arrivano con i barconi perché la Libia non è il Messico. Trump potrà anche annullare il Nafta e chi ne soffrirà  sarebbe il Messico (non gli USA), ma se noi usciamo dall'Unione europea come dicono il M5S e la Lega, i primi a soffrirne saremmo noi - le nostre banche falliscono, lo spread e l'inflazione esplodono e per l'economia italiana è un vero disastro. Questa gente strombazza tutti i giorni ma i trumpisti italiani non faranno un decimo di quello che intende realizzare Trump negli Stati Uniti, il che vuole dire altri 30 anni di immobilità. Cosa è successo a Roma con la Raggi? Assolutamente niente".

Un'altra critica a questa riforma è che crea troppo potere nella mani di qualcuno, modello Erdogan. Che ne pensa?
"Non è vero. In Italia il nostro sistema di democrazia parlamentare è rimasto sotto choc da Fascismo per 50 anni frammentando i centri di potere.  Come detto, abbiamo due Camere con maggioranze spesso diverse  che non possono vigilare più le regioni. Il modo migliore di evitare un altro Mussolini è di avere una Camera con molto più potere, che è quello che la riforma propone". 

Tre mesi fa, quando i sondaggi davano il Sì in testa, lei ha scritto che o il premier si inventava qualcosa in termini di comunicazione o ci sarebbe stata una svolta negativa per il Sì con il rischio di 'Renzexit'. Ora tutti le danno ragione...
"Sta succedendo proprio questo. La discussione sulla Brexit era molto semplice. Io ero a Londra la settimana prima del referendum britannico e ho visto uno spot pro-Brexit con una donna anziana malata fuori dall'ospedale con la scritta 'full' e una coda di immigrati. Molto facile mediaticamente dire dentro o fuori. Molto più difficile è spiegare la fine del bicameralismo e la riforma del Titolo Quinto della Costituzione. Sono argomenti difficili soprattutto per la traduzione pratica di questi cambiamenti per chi è escluso dalla economia e dalla società aperta alla globalizazione e che ce la ha a morte con la politica. Così sta succedendo che  chi vota contro Renzi lo fa perché è antipatico e perché il suo partito gli dice di votare No, chi vota Sì lo fa invece per la paura dell'instabilità. Quasi nessuno vota per il merito della riforma".

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referendum





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