Renzi pronto per la “rivincita”, con l’elmetto e il colpo in canna
Dopo il “tormentone” 2016 sul SI e sul NO del referendum costituzionale il nuovo anno si apre con il refrain sulle elezioni: sì o no al voto anticipato? La carte, si sa, le dà il Capo dello Stato, per nulla propenso a far saltare il banco senza un sistema elettorale omogeneo per le due Camere e deciso a sostenere il tentativo del nuovo governo Gentiloni di proseguire il lavoro dell’esecutivo precedente sulle riforme. E Renzi? Il silenzio assordante del segretario del Pd in questi giorni di festa, come quiete prima della tempesta, può anticipare una nuova fase della strategia dell’ex premier ravvivando il fuoco sotto la cenere, rimescolando i bussolotti della politica fino a destabilizzarla e avviandola nel vicolo cieco con lo sbocco obbligato delle elezioni politiche anticipate entro sei mesi, forse a giugno.
Così, le liste dei candidati Pd alle politiche saranno decise da Renzi, con la minoranza out, cui resterebbe solo l’alternativa dell’addio subito o giungere spennati al congresso di fine anno. Per i “tre squilli di tromba” c’è tempo, ma il timore di un ulteriore rafforzamento del M5S e della Lega, il chiodo fisso di chiudere la partita con la minoranza interna e la bramosia di ricevere con le urne una investitura plebiscitaria dagli italiani non sono cambiate dal flop del 4 dicembre: Renzi resta convinto che la giovane età non basti a garantirgli un futuro politico, che il tempo non lavori per lui e che la lontana scadenza della legislatura nel 2018 possa scalfire quel rapporto di forte feeling che ritiene di avere tutt’ora con l’elettorato.
Il “rottamatore” sa che con il ko del referendum ha bruciato una parte del suo capitale politico ma che può disporre ancora di una forte riserva che va investita a breve, prima che svanisca. Proprio le dimissioni – corrette ma non obbligatorie - dopo il referendum consentono a Renzi di rilanciare immagine e chances politiche chiedendo legittimamente agli elettori il voto per un “secondo giro”. Gli ostacoli non mancano. A cominciare da un Pd che andrebbe a una campagna elettorale in stato comatoso, sfiancato e diviso ovunque, senza identità politica e programmatica.
Ma non mancano frecce nell’arco del segretario del Pd. Alla probabile bocciatura dell’Italicum da parte della Corte Costituzionale, tra pochi giorni, Renzi pare pronto a rispondere con un nuovo asse Pd-Forza Italia per una nuova legge elettorale proporzionale (basso sbarramento al 3 o 4%) con mini premio di maggioranza (10%) – senza il premio del 55% dei seggi al primo arrivato – rendendo di fatto impossibile per qualsiasi partito il tetto del 40%: una trappola per il M5S e una doppia possibilità sia per Renzi che per Berlusconi i quali potrebbero formare un governo con i rispettivi alleati. Centrodestra: Forza Italia con Lega, Fratelli d’Italia e cespugli vari. Centrosinistra: Pd con centristi e sinistre varie. O addirittura un governo (governissimo) delle larghe intese fra l’asse renziano e l’asse berlusconiano.
L’ex premier dimostra così di avere il pallino in mano, di rilanciare le proprie chances, da subito, senza rinvii. Chi può fermare Matteo con l’elmetto e il colpo in canna in questo suo tentativo di rivincita? L’attuale inquilino di Palazzo Chigi Gentiloni messo lì proprio dal segretario del suo stesso partito? Altri ministri o amici del “ciglio magico”? Ognuno di questi ha un proprio valore ma non pesa adeguatamente né nel partito né nelle urne. Tutti, con Renzi, sono in una botte di ferro ma i più, senza Renzi, sono pulcini nella stoppia. I pressanti problemi nazionali e internazionali – si dirà - non consentono l’interruzione della legislatura e il ricorso al voto anticipato che può diventare una avventura a rischio se non un vero e proprio salto nel buio. Se davvero fossero le emergenze del Paese a imporre il proseguimento della legislatura il governo Gentiloni nato da meno di un mese sotto l’egida renziana e tutti i parlamentari di ogni bandiera timorosi di perdere scranno e vitalizio potrebbero dormire fra due guanciali.
I problemi dell’Italia, invece, sono stati quasi sempre sottovalutati o strumentalizzati dai partiti e dai loro leader per questioni di potere e “affari loro”, ribaltando governi, facendo saltare legislature, ricorrendo al voto anticipato. E’ così anche oggi con Renzi, Berlusconi, Grillo e i rispettivi amici e nemici impegnati nel solito gioco delle “tre carte” per carpire la buona fede e il consenso degli italiani e tentare di raggiungere i propri obiettivi di potere. Il primo ministro Gentiloni, sornione e navigante dall’incedere felpato, fa buon viso a cattivo gioco cavalcando l’antico adagio: “Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io” ben sapendo che la bomba ad orologeria – con un tic-tac assordante - per far saltare il suo governo è stata posta proprio dal Pd, per volontà del segretario ed ex premier Renzi. Saranno caso mai i … nemici fuori dall’esecutivo e dalla maggioranza (leggi Berlusconi) a poter svolgere in Parlamento il ruolo del “118”, intervenendo al primo incidente di percorso. Ma il rais di Arcore non potrà fare il “pesce in barile” per molto tempo. Almeno così dicono i “leopoldini”. Ci penserà il ragazzo di Rignano a stanarlo o sarà il vecchio rais di Arcore a prendere due piccioni con una fava?