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Politica
Renzi rilancia, “No” a D’Alema per la sfida a populismi e demagogia

Ecco settembre e s’ode già il tuono del cannone. Dopo il silenzio feriale torna in campo, tirato a lucido e lancia in resta, Matteo Renzi. L’ex premier, sabato 2 settembre presenta il suo libro alle Festa de l’Unità emiliane di Reggio e Modena e il giorno dopo alla festa “Democratica” di Pesaro. Per il segretario del Partito democratico è l’occasione per rilanciare il suo pensiero strategico sull’identità e il ruolo del partito puntualizzando le principali questioni politiche sul tappeto in riferimento ai rapporti con il governo Gentiloni, ai contenuti della prossima manovra finanziaria e delle nuove riforme economiche e sociali, ai nodi dei migranti e della sicurezza, ai rapporti con la sinistra, alle alleanze in vista del voto di novembre in Sicilia con i sondaggi pro Centrodestra e da ko per la coalizione Pd-Alfano, possibile amaro antipasto delle politiche.

Se la Sicilia dovesse davvero rappresentare un laboratorio politico per il voto nazionale sarebbe anche per le politiche una corsa a due fra destre e M5S, una debacle per il Partito democratico, per il centrosinistra e per la sinistra tutta. Di fronte a tale prospettiva a Renzi non resta che saltare a piè pari l’imminente appuntamento elettorale, derubricando il voto in Sicilia come insignificante voto “locale”. Di fronte al popolo piddino Renzi non potrà però liquidare con sferzante ironia o con battute sarcastiche quanto affermato poche ore prime, venerdì 1° settembre alla Festa pisana di Articolo Uno-MDP, da Massimo D’Alema - una personale “ricetta” salva sinistra o da harakiri (secondo i punti di vista) - comunque una piattaforma politico-programmatica della sinistra extra Pd, un attacco rasoterra a Matteo e al suo partito condotto: “verso il disastro”.

Ecco, il lider Maximo accusa Renzi di aver voluto in Sicilia un accordo di potere con Alfano (doppiogiochista, fino all’ultimo in trattativa con Berlusconi) facendo saltare una possibile alleanza civica e di centrosinistra, regalando l’isola alla destra e anticipando il risultato delle politiche con “il Pd che va verso un disastro elettorale e che riconsegnerà alla destra un forte primato nel Paese”. Da qui il “che fare” dalemiano: “Il primo obiettivo è un’unica lista a sinistra, poi abbiamo il dovere di ricostruire una grande sinistra che non guardi solo alle elezioni ma più lontano”. A Matteo tremano le gambe o le parole di D’Alema sono musica per le sue orecchie? Forse è quel che il “rottamatore” voleva udire per “bollare” i fuoriusciti dal Partito democratico come nostalgici di una sinistra arroccata su se stessa, minoritaria, perdente e fallita.

Renzi non muterà la barra accentuando anzi il distacco del Pd da quel che ancora resta della cultura e della storia della sinistra di provenienza Pci. Il segretario ha messo in conto i costi elettorali di tale operazione certo di recuperare voti “moderati” con un Pd capace strategicamente di andare oltre se stesso aprendo porte e finestre alle componenti popolari, liberaldemocratiche e progressiste della miglior tradizione del riformismo laico e cattolico e tatticamente pronti per un listone alla Camera con Alfano, Pisapia, Calenda&C.

Una furbata elettoralistica o una oculata scelta politica che scaccia l’ambiguità e porta il Pd fuori dalla palude, baricentro di una inedita e ampia alleanza di forze riformiste senza etichette e scorie ideologiche, coalizione democratica alternativa alle forze dei personalismi, della demagogia e dei populismi? In questo senso Renzi pensa di andare oltre Berlusconi, cioè oltre la contrapposizione tra destra e sinistra. Una nuova sfida fra scelte demagogiche e populiste e scelte di governo che garantiscono stabilità fuori da qualsiasi avventura antidemocratica, scelte oculate e pragmatiche per il superamento delle disparità e della crisi basate sul concreto e razionale riformismo del: “Poco? Meglio di niente!” di… leninista memoria. Questo sulla carta.

Utopia? L’esempio diventa Minniti, l’ex Pci-Pds-Ds, che da ministro dell’Interno, non senza limiti e contraddizioni, ma senza uno sparo e senza tirar su un muro, tampona l’onda migratoria con l’arte della diplomazia felpata e della politica dei fatti. Un sollievo (pro tempore?) per il Paese e un uppercut per Salvini&C costretti sulla difensiva e a rifugiarsi nello scontato: “Minniti fa quel che avremmo fatto noi!” sapendo che il centrodestra al governo fece (anche) su questo poco e male. Insomma, è oramai chiaro che, eliminate le ultime scorie della sinistra ideologica nel Pd, Renzi spinge con il suo nuovo partito “senza colore” per una nuova alleanza – forse per una coabitazione sotto lo stesso tetto – fra “progressisti” e “moderati” sostituendo gli elettori di sinistra in fuga dal Partito democratico con i cosiddetti “centristi”, milioni di italiani (per lo più ex democristiani proprio come Renzi…) tutt’ora politicamente orfani in attesa di un partito e di una leadership adeguati e credibili. Non c’è spazio per il Ppe italiano. Neppure per un Pci ripulito, da XXI secolo. Ecco perché Renzi tira dritto, o almeno ci prova. E’ l’ultima sua freccia nell’arco. In caso di buco nell’acqua la soluzione c’è, nel più classico trasformismo italiano: una alleanza Renzi-Berlusconi, il “governissimo”! Per l’alt ai barbari. E per salvare l’Italia. L’Italia di “lor signori”.

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