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Politica
"Votare Giorgia serve a darle forza sui tavoli europei". Il piano di Meloni
Carlo Fidanza e Giorgia Meloni

"L’8 e il 9 giugno non si vota né per Ursula né per Draghi: si vota per Giorgia Meloni, che il giorno dopo saprà ancora una volta farsi valere e portare all’Italia il massimo risultato possibile sui tavoli europei"

 

E così alla fine Giorgia Meloni ha sciolto le riserve, ha annunciato la corsa da capolista alle Europee e ha chiesto agli italiani di votare semplicemente “Giorgia”. Una scelta per molti versi annunciata eppure non sono mancate le polemiche. Affaritaliani.it ha chiesto di spiegare il senso di questa candidatura e il progetto della premier in Europa all'uomo chiave di Fratelli d'Italia a Bruxelles e a Strasburgo, il capodelegazione al Parlamento Ue Carlo Fidanza, punto di riferimento di Meloni per le questioni internazionali.

"Polemizza una sinistra terrorizzata dallo straordinario consenso di cui Giorgia Meloni gode. L’idea di chiedere agli italiani di votarla scrivendo il suo nome di battesimo vuole significare proprio questo: “Giorgia” viene dal popolo e rende conto al popolo, che potrà darle ulteriore forza e fiducia l’8 e 9 giugno. Ma quando si richiama al popolo non lo fa in maniera stracciona o demagogica, perché per noi il popolo è fatto di operai e di imprenditori, di autonomi e di dipendenti, di benestanti e di poveri. La sinistra una volta pensava di avere l’esclusiva di questo concetto, oggi invece è insofferente e ci danno dei “populisti” perché sono sganciati dalla realtà". 

Ma non è un inganno, come dice qualcuno, chiedere un voto per il Parlamento Europeo sapendo perfettamente che non ci si può andare? 
"Questa è una polemica ridicola, i leader nazionali - e financo i premier - si sono candidati molto spesso alle Europee. Fino a quando non venne giustamente introdotta l’incompatibilità (1999, ndr) molti leader si facevano eleggere e si tenevano addirittura doppia poltrona e doppio stipendio. In questo caso è chiaro a tutti che Giorgia continuerà a fare il Presidente del Consiglio come gli italiani le hanno chiesto nel 2022 e che, più alta sarà la percentuale di FdI e più numerose saranno le sue preferenze personali, più forte Giorgia sarà ai tavoli europei per il bene dell’Italia. Del resto, alle Europee si possono esprimere fino a tre preferenze, e tutti potranno utilizzarne una per dare fiducia a Giorgia e le altre due per scegliere persone di qualità che a Bruxelles ci rimangano a lavorare per l’Italia".

Pare di capire che lei sarà una di queste…
"Se i cittadini della mia circoscrizione (nord-ovest, ndr) lo vorranno. Personalmente sono molto orgoglioso del riconoscimento che Giorgia Meloni ha dato ieri dal palco di Pescara al lavoro enorme fatto in questi cinque anni all’opposizione dalla delegazione di europarlamentari di FdI che ho avuto l’onore di guidare. Abbiamo ottenuto risultati straordinari con una delegazione di sei - cresciuti fino a dieci a fine legislatura - pensi un po’ a cosa potremo fare se sapremo moltiplicare la nostra presenza nelle aule di Strasburgo, insieme al nostro governo". 

È questo il senso dello slogan “L’Italia cambia l’Europa”? 
"Esattamente. In questi 18 mesi scarsi di governo Meloni abbiamo già visto il cambio di passo. L’Italia è tornata, non da comprimaria ma da protagonista. E abbiamo dimostrato che le cose possono cambiare. Penso all’immigrazione, tema sul quale se l’Ue seguisse con ancora più decisione la linea italiana avremmo risultati più significativi. Ma penso anche alle politiche green, nelle quali il governo Meloni ha avuto il coraggio di difendere con forza i cittadini, le imprese manifatturiere e gli agricoltori, dalle ecofollie di Timmermans e della sinistra. Abbiamo dimostrato che si può fare e si potrà fare ancora meglio con un grande consenso a FdI e la possibilità, stavolta davvero concreta, di cambiare maggioranza mandando la sinistra all’opposizione anche a Bruxelles".

Quindi né Draghi, né Ursula per la prossima Commissione? 
"Meloni ha ben chiarito che i giochi si faranno dopo il voto, tenendo conto del consenso dei vari partiti nazionali ed europei. L’8 e il 9 giugno non si vota né per Ursula né per Draghi: si vota per Giorgia Meloni, che il giorno dopo saprà ancora una volta farsi valere e portare all’Italia il massimo risultato possibile sui tavoli europei. È questa la doppia sfida per Bruxelles: cambiare la maggioranza per consentire all’Italia di cambiare l’Europa". 

Che tipo di campagna farà Meloni? 
"È già stata annunciata una grande manifestazione di chiusura a Roma l’1 giugno. Il resto lo stiamo ancora valutando nel dettaglio ma lei stessa ha chiarito che non intende sottrarre energie all’azione di governo, anche perché pochi giorni dopo il voto presiederà il G7 in Puglia… una straordinaria occasione per l’Italia. Ma tutti noi dirigenti e militanti di FdI non vedevamo l’ora di avere il suo nome nel simbolo e di poter fare la campagna elettorale per Giorgia anche laddove lei non potrà arrivare fisicamente in questo mese e poco più. Il contrario del Pd con la Schlein, insomma". 

Oggi Salvini vi accusa di aver “sostenuto politiche fallimentari” in Ue. Avete qualcosa da rimproverarvi? 
"Non penso che Salvini si possa riferire a FdI che in questi anni si è sempre battuta per l’interesse nazionale, per la difesa dei nostri settori produttivi dall’ideologia green, per la protezione dei nostri confini dall’immigrazione incontrollata. Forse ha esigenza di spostare l’attenzione dalle ultime uscite di Vannacci e dalle conseguenti polemiche interne alla Lega. Noi non ci intromettiamo, ci siamo limitati a dire che quella sulle classi separate per i bambini disabili è una sciocchezza. La pensiamo così".

Un’ultima questione. Pensando a concorrenza e regole Ue, sono sempre caldi i fronti tassisti e balneari, tradizionali bacini elettorali del centrodestra... come intendete muovervi? 
"Sono categorie che godono di cattiva stampa spesso oltre i propri presunti demeriti. Noi dobbiamo difendere il lavoro e l’impresa italiane dall’attacco di colossi multinazionali che non porterebbero valore aggiunto. Nel settore taxi c’è nervosismo, tanto che un recente incontro tra il Ministro Urso e un dirigente di Uber - che pochi mesi fa Urso stesso aveva fortemente criticato - ha fatto pensare a un cedimento del governo nella regolamentazione delle piattaforme. Mi auguro e sono certo che invece i decreti attuativi in discussione chiariranno bene gli ambiti di intervento ponendo un freno alla concorrenza sleale. Quanto ai balneari, il governo per la prima volta ha effettuato la mappatura delle coste che dimostra che non c’è scarsità della risorsa, requisito previsto dalla famigerata Bolkestein. Stiamo difendendo questo lavoro e questo principio in Ue, per arrivare a una norma di riordino che venga condivisa da Bruxelles, avallata dal Quirinale e applicata da comuni e tribunali. Dobbiamo fare presto".






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