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‘La Genovese’ di Enrico Fierro tra
cucina e politica in salsa ‘arraggiata’
Ritmo da cronista d’altri tempi. Narrazione asciutta, incisiva ed essenziale. Perfetto equilibrio con le peculiarità morbide, accattivanti e ammiccanti del racconto, proprio come una perfetta ‘Genovese’ che solo a Napoli sanno fare!
Sono le coordinate letterarie dell’ultimo lavoro e romanzo d’esordio di Enrico Fierro “La Genovese - Una storia d’amore e di rabbia” - Aliberti compagnia editoriale, 2017 il cui protagonista è un giornalista, Frank Santaniello, con la vita consumata dalla ‘raggia’ e dall’impossibile ‘cohabitation’ con l’emergente ticoon dell’agroalimentare, Pellegrino-Pel Diotallevi e con la “direttora” in carriera del suo giornale: “dura con quelli che considerava nemici, dolce con gli amici della sua piccola corte sempre osannante”.
Due personaggi che sembrerebbero prima abbozzati e poi plasmati sui contorni sorridenti di un Oscar Farinetti: protagonista, come il suo Pel, di un’impresa unica: “Fottere ai poveri la loro fame e la loro miseria, per trasformarle in un business e rivenderle ai ricchi a peso d’oro”, e sulle movenze seducenti di una giornalista “di testa” alla Concita De Gregorio, “che il segretario del partito aveva voluto al comando della sgangherata nave del giornale”.
Sullo sfondo una scuola di formazione caleidoscopica: “la strada”, ricca dei patrimoni immateriali tipici dei cosiddetti “sconfitti” della società. I ricchi, in altre parole, di trasparenza, sincerità, affetto, dignità, comprensione e umanità. Un ventaglio di profili di verità, che Frank aveva incontrato in giro per il mondo e tra i vicoli del suo quartiere. A partire da Peppino Matarazzo: l’edicolante che gli farà amare i giornali e segnerà il suo carattere di cronista e giornalista d’inchiesta.
I luoghi del racconto sono le tessere di un mosaico chiamato Sud, rappresentato molto più nelle versioni da memoria collettiva di un paio di generazioni in dissolvenza, che nelle istantanee odierne di una sceneggiatura decadente: tutta apparenza, esibizione e ostentazione di rancori, furbizie e prepotenze autoreferenziali.
Narrazione dal tono diretto, quella di Enrico Fierro, pungente e aggressivo al punto giusto, che accompagna la lettura, mi verrebbe da dire la cottura, che attraversando questi “luoghi” autoctoni si fa gustosa, interessante e stimolante.
Un nonno emigrato in America, mentre sua moglie era ancora incinta di mio padre, e mai tornato a casa perché morto oltreoceano prematuramente, senza mai conoscere suo figlio. Un edicolante-cartolibraio che mi faceva credito, per l’acquisto di libri e giornali, sapendo che l’avrei pagato con le prime mance raccolte.
Nonché una madre artista in cucina, autrice riconosciuta di un capolavoro meridiano come il ragù, il cui profumo intenso e verace, dal retrobottega di una tabaccheria equilibrava - coprendole - le zaffate del tabacco e accendeva il desiderio dei passanti all’uscita della messa domenicale, hanno favorito l’immedesimazione nelle trame de ‘La Genovese’ e riacceso vecchi ricordi di pezzi di vita paesana senza tempo.
Uno dei pregi, infatti, del romanzo di Enrico Fierro è racchiuso nel mosaico di tipicità socio-antropologiche di un Mezzogiorno custode di valori, tradizioni e relazioni, le cui tracce si direbbero disperse o cancellate dai venti insistenti, insidiosi e travolgenti dell’effimero televisivo o del vuoto senza fondo della virtualità digitale.
‘La Genovese’, come ripete l’autore, è un libro “dedicato a chi è rimasto indietro perché era più avanti degli altri”, nelle cui pagine si naviga - invece - costantemente di bolina ed è possibile riassaporare il gusto della sfida, il carattere agrodolce della coerenza, la forza della morale.
Enrico Fierro è un giornalista e scrittore irpino, scrive per “Il Fatto Quotidiano”. In passato ha scritto per il settimanale “Dossier Sud” diretto da Giuseppe Marrazzo, per “La Voce della Campania” e per “L’Espresso”, “Epoca” e “Avvenimenti”, collaborando a trasmissioni e inchieste per la televisione. E’ stato inviato speciale de “L’Unità”, firmando tra gli altri reportage sulla crisi dell’Albania e sulla guerra in Kosovo. Il documentario “La Santa. Viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta”, realizzato da Enrico Fierro e Ruben Oliva assieme all’omonima pubblicazione ha ricevuto il Premio Globo d’Oro 2007-2008. E’ autore, inoltre, di “Dieci anni di potere e terremoto” (1990) e “O ministro. La Pomicino story” (1991) scritti con Rita Pennarola e Andrea Cinquegrani; “E adesso ammazzateci tutti (2005), “Ammazzàti l’Onorevole” (2007). Per il teatro ha curato testo e regia di “O cu nui o cu iddi” con Laura Aprati.
(gelormini@affaritaliani.it)