A- A+
Roma
Elezioni presidenziali in Russia e Ucraina, poi si vota per l'Europa a giugno
Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky

Un destino incrociato unisce e separa Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky che vedono scadere il proprio mandato presidenziale a marzo 2024. Il cono d’ombra nel quale è scivolato il conflitto russo-ucraino, dopo l’inizio delle ostilità in Medio Oriente, rischia di far passare in secondo piano l’appuntamento elettorale al quale sono chiamati i cittadini dei due paesi.

Al di là della coincidenza di tempo, gli scenari che attendono gli elettori russi ed ucraini sono in realtà molto diversi. Le ultime votazioni di settembre nella Federazione Russa - che hanno riguardato tre elezioni suppletive per la Duma di Stato, 22 elezioni governative, 16 rinnovi parlamentari regionali e molte altre elezioni a livello comunale e locale - hanno confermato che l’incompiuta democrazia russa non permetterà all’Occidente di assistere, almeno nell’immediato futuro, a elezioni realmente competitive. “Russia unita”, il partito di Putin, ha ovunque stravinto con larga maggioranza, mentre l'opposizione ne è uscita ancora una volta azzoppata e nessun avversario dello Zar sembra attualmente in grado di guidare il dissenso.

Eliminati dalle liste i candidati dell'opposizione

Nelle regioni in cui si è votato la competizione sarebbe stata fortemente falsata dall’intervento preventivo delle autorità, che hanno impedito l’inserimento in lista ai candidati di opposizione più forti. Secondo Golos, organizzazione non governativa ora messa fuorilegge in Russia, quasi un quarto dei candidati sarebbero stati arbitrariamente estromessi dalla competizione, con un tasso di esclusione pari al 24,2 per cento. A poco è servita anche la denuncia del Consiglio d’Europa, che ha definito “illegittime” le elezioni tenute nelle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, annesse da Mosca dopo l’invasione in Ucraina, in “flagrante violazione del diritto internazionale”.

E' scontato il "non ricambio"

Anche il conflitto in corso non favorisce un imminente ricambio al vertice, rendendo la competizione presidenziale del prossimo 17 marzo poco più di una formalità di facciata. La campagna contro la guerra appare fallita e sui giornali le cronache dal fronte sono state declassate, ormai da tempo, a notizie dall’estero. I russi, d’altra parte - e non solo i sostenitori di Putin - hanno dimostrato di saper sopportare anche le sanzioni economiche inflitte da Unione Europea e Stati Uniti, considerate tuttalpiù un’inutile ingiustizia verso la popolazione, peraltro incapaci di interferire con le decisioni di Mosca. Inutile, infine, scommettere sui raggiunti limiti di età di Putin, che ha compiuto 71 anni a ottobre: non pochi, certo, ma sempre dieci in meno rispetto a quelli del suo omologo americano Joe Biden. In questo scenario asfittico per le sorti democratiche della Russia, Putin sembra dunque destinato a rimanere ben saldo al Cremlino almeno fino al 2030, dopo l’annuncio ufficiale della sua ricandidatura e forte di una legge che gli consente di candidarsi anche per il dopo 2030.

Dalle urne di Kiev risultati più o meno identici

Totalmente diversa l’atmosfera che si respira a Kiev, dove però gli esiti elettorali potrebbero essere sostanzialmente identici a quelli attesi a Mosca.

Il mandato di Zelensky, eletto nel 2019 con il 74% delle preferenze, va formalmente in scadenza fra tre mesi. Dall’inizio dell’invasione, però, il presidente ucraino ha varato la legge marziale, che tra i suoi effetti prevede anche la sospensione della chiamata alle urne, fissata in teoria per il 31 marzo.

“Non è questo il momento per le elezioni", ha dichiarato Zelensky in un videomessaggio alla nazione lo scorso novembre, sottolineando che gli ucraini dovrebbero ora pensare a proteggere lo Stato e non a “disintegrarsi” nelle polemiche politiche. “Questo è il momento della difesa e della battaglia, da cui dipende il destino dello Stato e del popolo”, ha aggiunto.

Dichiarazioni che sembrano in sintonia con il sentire comune degli elettori: secondo i sondaggi, l’80% degli ucraini sarebbe d’accordo con una sospensione delle competizioni elettorali (a ottobre si dovrebbe tenere anche il rinnovo del parlamento ucraino), perché la guerra in corso pone notevoli problemi di sicurezza e altrettanti problemi logistici, senza considerare che secondo i dati di Amnesty International più di otto milioni di ucraini, in maggioranza potenziali elettori, hanno lasciato il paese.

La decisione finale sull’appuntamento elettorale non appare scontata, perché Zelensky deve far fronte anche a un progressivo calo di popolarità. Il Kyiv International Institute of Sociology ha pubblicato un sondaggio secondo il quale la fiducia nei confronti del presidente è scesa di 15 punti in pochi mesi, passando dal 91% dello scorso maggio al 76% di ottobre, e sarebbe in progressivo calo anche quella nei confronti del governo e delle istituzioni non militari.

Un trend preoccupante per Zelensky e da contrastare con decisione, visto che alla lunga favorirebbe il rafforzamento delle opposizioni. Non a caso nei giorni scorsi l’ex assistente presidenziale Oleksiy Arestovych ha annunciato la sua candidatura contro Zelensky, dopo aver criticato il suo ex capo per l’andamento deludente della controffensiva. Da registrare anche i contrasti con i vertici dello Stato maggiore ucraino, dopo l’intervista rilasciata all’Economist dal generale Valery Zaluzhny che denunciava lo “stallo sul campo” delle operazioni, dichiarazione che ha provocato la pronta smentita dello stesso Zelensky.

Il voto è "sospeso"

Solo poche settimane fa il ministro degli esteri Kuleba aveva lasciato intendere come il presidente ucraino stesse ancora valutando la possibilità di indire regolari elezioni, affidando lo studio delle fattibilità a un’apposita commissione elettorale. E lo stesso Zelensky si era più volte detto pronto a tenere al più presto le elezioni, potendo incassare il sostegno economico di Usa e Ue e consentendo agli osservatori internazionali di monitorare il voto. Per questo, da qui ai prossimi mesi nessuna decisione appare scontata.

Iscriviti alla newsletter






Elezioni europee, capolavoro dell'ovvio del Pd Tarquinio: “La pace è meglio”

Elezioni europee, capolavoro dell'ovvio del Pd Tarquinio: “La pace è meglio”


Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

© 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

Contatti

Cookie Policy Privacy Policy

Cambia il consenso

Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.