Le atrocità del delitto di Luca Varani. Film già visto si chiamava La Trasgressione
di Gabriella Sassone
“Mi sembra di stare in un film horror”, ha giustamente detto qualche giorno fa quel povero diavolo di Valter Foffo, padre di quel Manuel che con “l’amichetto” pierre imparruccato e vestito da donna Marco Prato ha messo fine in modo orrendo e incomprensibile alla giovane vita di Luca Varani. Un delitto che da una quindicina di giorni sta sconvolgendo l’opinione pubblica per le modalità, la violenza e i particolari raccapriccianti che via via emergono dalle indagini ancora in corso. Cose che noi umani abbiamo forse davvero visto solo nei migliori horror. Ci è tornato alla mente un film di 30 anni fa, catalogabile oltre il trash, oltre il B-movie pecoreccio, oltre lo splatter, oltre il sadico. Si tratta de “La trasgressione (Cattivi Pierrot)”: lo scrisse, producendolo e interpretandolo nel lontano 1986 Piefrancesco Campanella, all’epoca giovanotto di belle speranze con una cascata di riccioli neri. A farcelo tornare in mente è lo studioso di cinema Emanuele Pecoraro, autore del recente “Marco Ferreri, l’uomo contro”, saggio pubblicato dalla Lithos dedicato al cineasta scomparso, che ora sta ultimando la stesura di un libro dedicato proprio a Campanella, intitolato “Un artista fuori dal coro”.
“Sto visionando tutte le opere di Campanella e mi sono reso conto che lui aveva previsto tutto 30 anni or sono. La sua pellicola “La trasgressione” aveva anticipato in maniera incredibile le dinamiche criminali e le relative motivazioni psicologiche alla base dell’efferato omicidio di Luca Varani”, spiega Pecoraro.
“La trasgressione” è la storia di due giovani apparentemente “normali”, un uomo e una donna, venuti casualmente in contatto, che trovano sublime realizzazione nell’uccidere barbaramente persone che incontrano sul loro cammino, senza apparente motivo. L’assoluta gratuità dei loro gesti, in un contesto di banale quotidianità, è da ricercarsi nell’esigenza di dare una compensazione alle rispettive frustrazioni. Fragilità, alienazione, impotenza, mancanza di valori, incapacità di provare sensazioni, danno quindi la stura alla violenza più incontrollata. Il tutto “condito” con droga (in questo caso eroina iniettata in vena), stupri, orge, sangue, sevizie, torture, sesso estremo, perversioni varie e avariate. Qui di cadaveri alla fine se ne contano sette o otto.
E, udite udite, nel film debuttò come protagonista accanto a Campanella, nel ruolo di una ragazza ricca e viziata trascurata dal padre, una Milly D’Abbraccio appena 20enne. Ma già nuda. Ancora non si era data al porno, che scelse nel 1992, e non si era imbottita di straripante silicone alle tette, né aveva labbroni e zigomi a pallina da ping pong. Nature era davvero bella. Il suo “partner in crimes” era proprio Campanella, ragazzo complessato, eroinomane, vissuto con una madre castrante. I delitti compiuti dalla strana coppia erano una forma di rivalsa nei confronti della società ma anche un modo per sfuggire ai propri fallimenti, alle proprie frustrazioni, al malessere interiore che li divorava. Anche loro ammazzavano, torturavano e stupravano a casaccio, “per vedere l’effetto che fa”.
La storia all’epoca fece scandalo ed ebbe molti problemi con la censura, che riteneva la trama troppo inverosimile perché i delitti erano apparentemente immotivati. Alla fine uscì col divieto ai minori di 18 anni. Ma, qualche volta, la realtà supera la fantasia e la cronaca di oggi sta lì a dimostrarcelo. Purtroppo. Nel cast anche Claudia Cavalcanti e la dolce Rosanna Banfi anche lei per la prima volta sul grande schermo.
L’opera prima di Pierfrancesco Campanella ebbe grande riscontro all’estero e in tempi recenti è stata rieditata negli Usa in versione Dvd, col titolo “Transgression”, distribuito dalla CAV Distributing Corporation.