Roma
Metro C, l'esperto boccia il progetto: “Un bagno di sangue. Fermiamoci”
L'ing. Sandro Simoncini analizza il travagliato percorso della Metro C
Metro C, stazione San Giovanni al via tra ritardi cronici e spese record. L'ing. Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l'università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA, boccia il progetto: "Un bagno di sangue, fermiamoci ai Fori Imperiali".
Il sindaco Raggi annuncia il termine dei lavori, un cantiere infinito che ha tra disagi e spese faraoniche sembrava destinato a non concludersi mai. Il "trionfale" taglio del nastro sabato 12 maggio, ma il bilancio totale è tutt'altro che positivo: "Con quasi sette anni di ritardo sull’iniziale cronoprogramma, la linea C della Metropolitana di Roma vedrà finalmente il suo percorso allungarsi fino alla stazione di San Giovanni - dichiara l'ing. Simoncini - Difficile, nella storia trasportistica europea, rintracciare una infrastruttura che abbia avuto uno sviluppo tanto travagliato e che presenti un così elevato numero di criticità: un esorbitante costo di progettazione e realizzazione di quasi quattro miliardi di euro, ritardi a ripetizione nella esecuzione delle varie tratte, un sistematico ricorso alla formula dei subappalti e problematiche al limite del risibile come i binari che provocano un anomalo consumo del materiale rotabile. Un bagno di sangue che va necessariamente arrestato con la realizzazione della tratta fino ai Fori Imperiali, già interamente finanziata, e per la quale l’orizzonte è stato ripetutamente spostato in avanti arrivando al 2022".
"L’apertura della stazione di San Giovanni – prosegue Simoncini – consentirà lo scambio con la linea A, mentre la successiva tratta fino al Colosseo permetterà l’aggancio con la Metro B: si tratta dei due snodi fondamentali senza i quali l’idea stessa dell’opera perderebbe di qualunque senso. A quel punto, però, la cosa più saggia sarebbe quella di fermarsi, evitando lo sbocco al di là del Tevere che fu ipotizzato addirittura dal Piano Regolatore del 1962. Non solo si scongiurerebbero investimenti finanziari insostenibili nell’attuale congiuntura economica, ma sarebbe anche l’occasione per un ripensamento dell’idea stessa di mobilità nella Capitale".
L'occasione potenziale per scommettere sui tram, i puntando in modo deciso e massiccio sull’implementazione della rete sulla falsa riga delle grandi città europee. "Si tratta di mezzi ecologici, che consentono un buon carico medio di passeggeri e che, grazie alle corsie dedicate, assicurano tempi di viaggio certi - assicura l'ingegnere Simoncini - Tra l’altro, per Roma si tratterebbe del ritorno a un passato di maggiore sostenibilità, visto che già agli inizi degli Anni 50, ad esempio, si contavano ben 30 linee di tram. Un’operazione, oltretutto, che potrebbe essere portata a termine con risorse finanziarie assai contenute e in un arco di tempo più che accettabile: in molti casi i binari sono ancora presenti sotto l’asfalto che è stato posato successivamente".