Roma

Vigili del Fuoco tra cadaveri e polveri del terremoto: “Noi, carne da macello”

La rabbia Usb. “Nessuna mascherina protettiva, né alcuna procedura che preveda tutela e controllo della loro salute”

di Valentina Renzopaoli

 

Nessuna mascherina protettiva, né alcuna procedura che preveda tutela e controllo della loro salute. I Vigili del fuoco, immersi per settimane tra le macerie dei terremoti, hanno respirato polvere e sostanze nocive, senza che nessuno si occupasse di monitorare i luoghi dell'intervento né eventuali danni o traumi.

 


“Siamo operatori del soccorso, non macchine né carne da macello”. E' è il grido di aiuto, oltre che di protesta, lanciato dall'Usb dei Vigili del fuoco. Dopo aver scavato per giorni a mani nude tra le pietre dei paesi sgretolati dal sisma, hanno proseguito anche nelle settimane successive a lavorare esposti ad ogni tipo di materiale contaminato, come l'amianto, senza mascherine né autoprotettori. Perché la procedura non prevede per loro alcun tipo di accessorio di protezione.
Una mancanza di attenzione inaccettabile che mette in pericolo la salute e la stessa vita degli angeli del soccorso.
“Non esistono procedure che tutelano la nostra salute né durante gli interventi di soccorso né successivamente. Siamo stati i primi ad arrivare nelle aree devastate dagli ultimi terremoti: abbiamo recuperato corpi senza maschere protettive né autoprotettori. E se questo è quasi ovvio nelle prime 48 ore dell'emergenza estremamente concitate, quando si scava con le mani e non si utilizzano accortezze perché la vita delle persone è la priorità, dopo questa situazione è realmente inaccettabile”, spiega Costantino Saporito, coordinatore nazionale Usb Vigili del Fuoco.



Per giorni il sindacato ha raccolto materiale fotografico e video per documentare la presenza di amianto tra le macerie. Comignoli, canne fumarie, tubature, lastre di copertura, mattonelle: i pezzi più grandi e facilmente visibili sono stati individuati dalla squadra specializzata Nbcr dei vigili del fuoco e contrassegnati con vernice rossa. La prima stima ufficiosa parla di una tonnellata di amianto recuperato, solo nel centro storico di Amatrice, nella parte sud.
Ma tutto il resto, quello finito tra le macerie, mischiato alle pietre, al cemento, alla polvere, è rimasto tra i detriti e nessuno sa come e dove si sta provvedendo a smaltirlo.
“Sappiamo che una ditta privata di smaltimento si sta occupando del recupero, non c'è stata alcuna trasparenza sulle modalità con cui è stata individuata e selezionata la ditta, su chi l'abbia scelta, e su come effettivamente stia lavorando”, spiega Saporito.

“Quello che ci risulta, paradossalmente è che nelle situazioni più a rischio, il recupero è affidato direttamente ai Vigili del fuoco, che estraggono il materiale e poi lo consegnano alla ditta per lo smaltimento. Ma l'operazione avviene con una semplice mascherina antipolvere. Assurdo”.
Alla mancanza di procedure in grado di prevenire il rischio, si aggiunge la totale assenza di controllo successivo ad eventuali situazioni di pericolo o esposizione. “I vigili del fuoco non vengono sottoposti ad alcuno screaning medico”, prosegue Costantino Saporito. “Pensi che il nostro lavoro non è nemmeno considerato “usurante”.
Nè c'è alcuna attenzione per l'aspetto psicologico di chi quotidianamente guarda in faccia la morte. “Abbiamo ricevuto notizie di squadre di soccorso che nei primi giorni di intervento ad Amatrice, hanno estratto fino a 22 corpi nelle zone vicine all'hotel Roma, senza che poi nessuno si fosse preoccupato se questi lavoratori potessero aver subito degli shock. Essere operatori del soccorso non significa essere delle macchine”.