Il Sociale

Come difendere i figli dal cyberbullismo: le risposte al convegno Bayer

I consigli degli esperti al convegno “Bulli da paura – Come difendere i ragazzi dai violenti”, organizzato da Bayer per il ciclo “Conosciamoci meglio”

di Lorenzo Zacchetti

Come difendere i figli da bullismo e cyberbullismo? Questo il tema al centro del convegno “Bulli da paura – Come difendere i ragazzi dai violenti”, svoltosi al Centro Comunicazione Bayer per il ciclo “Conosciamoci meglio”

 

L'iniziativa, con il patrocinio del Comune di Milano, è stata organizzata da Bayer per celebrare i suoi 120 anni di presenza a Milano e in Italia, attraverso un ciclo di incontri su temi sociali, in un'ottica di Corporate Citizenship. 

Organizzato in partnership con UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione, l’associazione di giornalisti che ha come obiettivo statutario quello di offrire una corretta divulgazione medico-scientifica), il quinto incontro svoltosi il 21 marzo si è incentrato su un tema di stretta attualità e si è aperto con la proiezione del video realizzato da FareXBene Onlus per la campagna "Mai più un banco vuoto", ispirato alla drammatica vicenda di Carolina Picchio.

Nonostante la cronaca ci riservi storie così inquietanti, il fenomeno non è ancora emerso in tutta la sua gravità. Questa allarmante considerazione ha trovato d'accordo tutti i protagonisti del panel coordinato da Massimo Barbieri di UNAMSI: l'Avv. Marianna Sala (Presidente di Corecom Lombardia), il Cap. Giovanni Coletti (Comandante della Sezione Indagini Telematiche dei Carabinieri di Milano) e Gianluigi Bonanomi (Giornalista, formatore e autore del libro “Il bullismo ai tempi di Internet”). 

Proprio Bonanomi ha esordito spiegando come almeno il 70% dei ragazzi che incontra nel corso della sua attività di formazione sia convinto che il bullismo sia una questione che non riguardi gli adulti e che possa essere comodamente risolta nel gruppo di pari, evidentemente sottovalutandone le conseguenze, anche penali.

Su questo, il Cap. Colletti ha spiegato come il cyberbullismo sia la somma di più comportamenti contrari alla legge (diffamazione, istigazione al suicidio, violenza privata...) e che spesso i Giudici procedano la fattispecie di “atti persecutori”, in quanto questi comportamenti sono spesso caratterizzati dall'elemento della ripetitività. Il fatto che nel caso di Carolina Picchio ci sia stato un solo episodio non ha però purtroppo impedito di giungere alle più estreme conseguenze.

L'Avv. Sala ha spiegato come la nuova legge non abbia introdotto il reato di cyberbullismo, ma abbia tuttavia elencato una serie i comportamenti ad esso riconducibili. “Inoltre la legge prende in esame la figura del minore, che sia vittima o carnefice, considerandolo soggetto da aiutare in entrambi i casi. Per il bullo, infatti, non si avvia un procedimento penale, bensì amministrativo. Spesso questi comportamenti non nascono dall'intenzione di commettere un reato, ma da un cattivo uso dei social network”.

Bonanomi ha evidenziato come si possano distinguere 7 tipologie di cyberbullismo:

1) Flaming: i conflitti verbali attraverso un post e le successive interazioni
2) Harassment: molestie vere e proprie, seppure in maniera “virtuale”
3) Fake news: la denigrazione della vittima attraverso la diffusione di informazioni false, comportamento che oltretutto può integrare i reati di ingiuria e diffamazione
4) Cyber Stalking: comportamenti che mirano a terrorizzare le vittime tenendole sotto controllo anche attraverso l'utilizzo di localizzatori GPS, app per lo spionaggio e altre tecnologie utilizzate in maniera impropria
5) Il furto di identità: è un comportamento che consiste nell'appropriarsi delle foto e dei dati pubblicati dalla vittima per postare a suo nome o comunque per utilizzarli in maniera a lei nociva
6) La diffusione di informazioni carpite: l'esempio più tristemente noto è proprio quello di video e foto realizzate in situazioni intime e inoltrate a conoscenti o comunque rese pubbliche
7) L'esclusione del gruppo: una forma di bullismo particolarmente pesante soprattutto in età adolescenziale, dove l'identificazione coi pari è un elemento fondamentale

Un elenco che certamente può incutere timore nei genitori di bambini e ragazzini che reclamano la possibilità di navigare sullo smartphone o altri device.

Per dar loro una mano, Bonanomi fornisce alcuni consigli pratici: “Suggerirei di prestare molta attenzione al fenomeno dello 'sharenting', una crasi tra 'share' e 'parenting' nata per descrivere la brutta abitudine di molti genitori che, per ottenere qualche like, pubblicano le foto dei propri figli. Io, personalmente, non ho mai postato alcuna foto dei miei figli, perché una volta messe online le foto non sono più di tua proprietà e, soprattutto, non sono più sotto il tuo controllo. Ormai, in media, i bambini ricevono il primo smartphone a otto anni: sta diventando il regalo più gettonato per la prima comunione. Acconsentire o negare? Ci sono delle vie di mezzo. Per esempio si può acquistare un cellulare di basso costo, tenerlo in casa a disposizione di tutti e connetterlo alle stesse chat di WhatsApp o social network al quale accede il bambino, così da monitorare in maniera discreta cosa succede. Poi c'è la 'navigazione familiare', un'attività di condivisione dell'esperienza online che propongo spesso nei miei percorsi formativi”.

L'Avv. Sala ha presentato la “Guida per la tutela dell'Identità Digitale”, insieme ad altre iniziative realizzate dal Corecom Lombardia. Il Cap. Coletti ha osservato come la Lombardia sia senza dubbio una regione virtuosa nella lotta a questa piaga, ma nel contempo ha messo in guardia la platea rispetto a due peculiarità del cyberbullismo: “A differenza del bullismo nella vita reale, davanti a un computer non c'è feedback empatico, quello che può portare a interrompere la persecuzione di una vittima che, ad esempio, si mette a piangere. L'altro problema è più tecnico, ma altrettanto concreto: i server sui quali sono appoggiati i social network sono tutti all'estero e questo crea notevoli difficoltà dal punto di vista della giurisdizione”.

Per ribadire ulteriormente i pericoli di una sovraesposizione di dati personali su Internet, è particolarmente utile la visione di questo video: