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Politica
Salvini e la candidatura di Vannacci. Lega, un'altra svolta come nel 2013
Roberto Vannacci e Matteo Salvini

La strategia che sta dietro alla candidatura del generale è ben precisa nella mente del segretario e non si tratta di una semplice operazione acchiappavoti

La candidatura di Vannacci nella file della Lega, anche se come indipendente, che sta scateneando polemiche e malumori soprattutto all’interno dello stesso partito leghista, era certamente un segreto di Pulcinella, e il fatto di annunciarla, proprio il giorno della festa delle liberazione, è stato solo un piccolo colpo di teatro di quelli in cui fino a qualche anno fa, Salvini è sempre stato  maestro. Il fatto poi che il generale appena “arruolato” per la competizione europea,  si sia lasciato andare ad affermazioni a tratti davvero sconcertanti, come quella sui disabili (anche se poi ritrattata in parte e certamente estrapolata da un contesto), è la rappresentazione plastica del fatto che l'operazione Vannacci era studiata da tempo e che fa parte probabilmente di una strategia che va al di là della singola competizione elettorale europea, e della conquista di qualche migliaio di voto in più.

La strategia che sta dietro alla candidatura del generale è ben precisa nella mente del segretario e non si tratta di una semplice operazione acchiappavoti, come invece quella di Avs nei confronti della Salis, giusto per fare un esempio dall'altro campo della barricata. Certo è chiaro che c’è anche quello, ci mancherebbe, il nome del generale ha avuto in questi mesi una tale esposizione mediatica che non può che non portare ad un auspicabile buon risultato in termini di voti. Ma c’è anche dell’altro e si tratta di quella stessa strategia che il segretario leghista ha estratto fuori dal cilindro nel 2013 quando diventò, un pò a sorpresa , il nuovo leader leghista, per ironia della sorte, proprio mentre era un semplice eurodeputato.  

Qualcuno ricorderà quello che avvenne quando il giovane Matteo Salvini prese le redini della Lega.  Chiamato a risollevare un partito, travolto dallo scandalo Belsito e che alle politiche di febbraio aveva toccato i minimi storici, sia a livello nazionale sia nei suoi tradizionali baluardi locali e regionali, Salvini imprimerà una svolta storica alla Lega, riorientando il suo indirizzo politico verso le destre nazionaliste europee. Ebbene Salvini operò una vera e propria svolta a 360 gradi rispetto a quello che era stato il partito fondato e guidato fino a lì da Umberto Bossi.

All'inizio del 2014 Salvini stringe un'alleanza in vista delle elezioni europee con il Front National di Marine Le Pen, storico partito nazionalista francese, sui temi dell'euroscetticismo, dell'immigrazione e della sovranità. Nel corso dell'anno Salvini stringe anche una collaborazione con il movimento di estrema destra Casapound (grazie alla quale riesce a rieleggere lo storico militante e dirigente leghista Mario Borghezio all'Europarlamento) e avvia una serie di colloqui con Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni per progettare un nuovo soggetto di destra sui temi sovranisti. La vecchia idea di partito regionalista e federalista che guardava al nord autonomo era ormai stata sepolta sotto ad un nuovo progetto di un partito a maggiore identità nazional popolare. Inutile ora rinverdire l'incredibile ascesa della Lega che ha ottenuto  il suo exploit proprio alle scorse Europee, quando arrivo ad un soffio dal 35% dei consensi. Adesso lo scenario è totalmente differente.

Salvini e il partito sono di nuovo di fronte ad un bivio ed occorre una scossa, come quella operata nel 2013 quando sconfisse il  leader Bossi, anche lì sotto i malumori della vecchia guardia leghista. Salvini è fatto cosi si esalta quando sente il rumor di sciabole, e dà il meglio di sé quando sembra che sia all’angolo. Certo adesso il sentiero è davvero strettissimo, considerando che anche fedelissimi come Centinaio e Romeo hanno manifestato qualche dubbio legittimo sulla candidatura del generale, ma Matteo Salvini certamente non è quello che si fa dettare l’agenda da nessuno, nemmeno dai suoi fedelissimi. Il suo intento è quello di per l'ennesima volta, forse l'ultima, di rimescolare le carte, a volte gli è andata bene, a volte decisamente male.

Allo stesso modo è da intendersi il tentativo di spostarsi ancora più a destra della Meloni ( anche se all’ultima assise organizzata a Roma, si è preferito fare a meno degli estremisti di Afd, qualcuno dice su suggerimento della stessa Le Pen). Deve uscire dall’angolo, in cui il governo con i cinque stelle prima e soprattutto quello con Draghi, lo avevano recluso. La scelta di dare retta ai moderati del partito, con in testa Giorgetti, e appoggiare Draghi, si è rivelata alla prova dei fatti una pessima scelta dal punto di vista elettorale. Ed è per questo che ora prova a fare una capriola a 360 ° quasi rispetto a quella scelta. Vannacci è il simbolo perfetto di questa giravolta, l’emblema il totem che rappresenta quello che molti cittadini, magari non dicono, ma dentro di sé condividono, su omosessuali, immigrazione e diritti civili in genere. Ma lui è fatto così, stravagante irrequieto, appassionato, un animale politico anche se forse con qualche piccolo acciacco dopo undici anni ininterrotti di guida al partito.

Ma certo è che con la figura ingombrante di Vannacci, così come con le sue alleanze con l'estrema destra in Europa, Salvini si sta giocando davvero forse le sue ultime carte. Anche sarebbe assai prematuro pensare che sia già finito o comunque sul viale del tramonto, perché all’interno del partito, lui è ancora forte, malgrado le critiche e i distinguo e soprattutto anche perché all'orizzonte non si vede davvero chi mai potrebbe sostituirlo. In caso di risultato ben al di sotto le attese però, inevitabilmente si aprirà un processo all’interno del partito ed ecco anche perchè lui probabilmente non ha voluto mettersi in gioco. Troppo rischioso legare il suo nome ( cosa che onestamente ha sempre fatto con grande coraggio) ad un risultato modesto. Vannacci invece può essere una sua valida controfigura, ma certo è che la eventuale sconfitta non potrebbe che travolgere pure lui, Il problema però in quel caso sarà trovare chi potrebbe sostituirlo. Perché un conto è fare il presidente della Regione, o il ministro o il capogruppo, ben altra cosa è fare il leader di un partito.






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