Affari Europei
Trasfusioni di sangue infetto, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per trasfusioni di sangue. L'organismo di Strasburgo ha rivelato che centinaia di persone "sono state infettate da vari virus (HIV, Epatice B, epatice C) durante trasfusioni per trattamenti curativi od interventi chirurgici".
LA VICENDA
Decine di migliaia di cittadini infettati da aids, epatite B ed epatite C attraverso le trasfusioni di sangue subite durante un ciclo di cure o un intervento chirurgico. E' la drammatica conseguenza di uno degli scandali piu' clamorosi e inquietanti della sanità made in Italy (e non solo, visto che furono numerosi i Paesi coinvolti) accaduto negli anni '80 e '90 ma ancora denso di conseguenze di tipo sanitario e - come conferma pure la nuova sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo - legale.
L'accusa, per più di una casa farmaceutica, fu quella di aver immesso sul mercato flaconi di sangue prelevati a soggetti a rischio - sebbene all'epoca non esistessero test specifici - e non controllati dal Servizio sanitario nazionale, pagando tangenti a politici e medici: gli anni più "caldi" dell'affaire sono proprio quelli di "Mani pulite". Nel nostro Paese, tra gli indagati finirono l'allora direttore del servizio farmaceutico del ministero della Sanità, Duilio Poggiolini, accusato di "omicidio colposo" con altre 10 persone. Secondo i dati dell'Associazione politrasfusi, tra l'85 e il 2008, sono state 2.605 le vittime di trasfusioni con plasma infetto ed emoderivati mentre sono 66mila sono le richieste di risarcimento giunte dai pazienti al ministero della Salute: l'obiettivo era quello di ottenere l'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 (un assegno da 540 euro al mese) e il risarcimento integrale dei danni per i mancati controlli dello Stato nella raccolta, lavorazione e somministrazione di sangue per uso terapeutico, poi risultato infetto.
La maggioranza degli infettati si è avuta tra talassemici ed emofiliaci, costretti ad assumere periodicamente sangue intero od emoderivati. Quella di oggi non è la prima sentenza di Strasburgo favorevole alle vittime dello scandalo: nel 2013 anni fa la stessa Corte aveva dato ragiono a 162 ricorrenti italiani, infettati a seguito di trasfusioni di sangue e prodotti derivati, riconoscendo loro la rivalutazione annuale adeguata al costo della vita dell'indennita' complementare percepita a seguito di quella vicenda.