La povertà formativa, la ricchezza dello studio
Et omnibus fratribus meis clericis et laicis praecipio firmiter per obedientiam, ut non mittant glossas in Regola neque in istis dicendo: "Ita volunt intelligi"(...) simpliciter et pure dicere et scrivere Regulam et ista verba , ita sempliciter et pure sine glossa intelligatis, et cum sancta operatione observetis usque in finem.
E a tutti i miei frati, clerici e laici, comando fermamente per obbedienza che non inseriscano spiegazioni nella regola nè queste parole dicendo "così devono essere intese" ....semplicemente scrivano e dicano con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così voi con semplicità e purezza, senza commento, cercate di comprenderle e con santa operazione osservatele fino alla fine.
Passando davanti alla Porziuncola ad Assisi, all'interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli, il luogo dove si è fondata la
comunità e la preghiera di San Francesco ed in cui si erige la scritta "hic locus santo est", "questo è un luogo santo", si erige anche una regola che - usando le parole del santo - è semplice e pura. Una regola non va interpretata,dice ancora il poverello di Assisi, ma applicata. Con spirito di sacrificio, con la costanza di chi deve andare fino in fondo.
In questo spazio di meditazione, di riflessione e di ricerca interiore, di spiritualità, sofferenza e gioia, ho pensato al concetto di regola secondo San Francesco. Comparandola al contemporaneo modo di porci oggi rispetto alle leggi e alle regole. L' ortodossia francescana si legava, infatti, ad un doppio binario. Da un lato considerava che donarsi completamente a Dio, si traducesse in un lasciarsi completamente andare alle sue regole, ad un amore che diventava etica personale, rigore morale e adesione compiuta a qualcosa di profondo in grado di cambiarti dentro.
Dall'altro voleva contenere la soggettività dei suoi clerici, inclini a modificare in modo funzionale alle proprie fragilità, il rigore di una scelta che era anzitutto emozionale e conseguentemente comportamentale.
Questo modo di essere così severo e rigido, mi ha riportato con la mente al rapporto che l'Italia ha con le regole, a partire da quelle maturate e adottate nel mondo della scuola in cui l'aleatorietà dei suoi programmi e soprattutto la fragilità didattica, inficiata da una complessità di fattori, ne pregiudicano l'efficacia e l'efficienza. Soprattutto però ho pensato alla "conventio ad excludendum" che si declina quando non si riesce a gestire una classe con un assetto comune di apprendimento.
Una condizione data da una mancata adesione ad un piano collettivo ed equivalente di apprendimento, che determina l'impossibilità di rendere uniforme la capacità di comprensione di una materia da parte di un gruppo di ragazzi, chiamati a formarsi per divenire futuri professionisti e cittadini di una democrazia contemporanea.
Questa disomogeneità formativa è dovuta proprio a quella carenza che così bene San Francesco indica nelle regole cui richiama ogni appartenente alla sua comunità.
Uniformità prima di tutto, capacità di fare convergere su un metodo condiviso tutti coloro i quali appartengono ad un gruppo, consentendo a ciascuno di cimentarsi con il metodo per farlo proprio.
Un richiamo che San Francesco àvoca alla spiritualità dell'uomo. Alla sua capacità di compenetrare la realtà. La quale realtà è in grado di essere compresa attraverso l'amore ovvero la passione; ma che, per esempio, Cesare Beccaria - nel definire il rapporto tra regole e comportamenti soprattutto rispetto alle conseguenze penali cui associare un delitto - definisce necessariamente come una condizione della scienza, elemento in sè salvifico di uno Stato democratico ed espressione dunque della ragione e non soltanto del sentimento collettivo.
Nel corso Genio in 21 giorni, per venire al nostro lavoro e agli obiettivi cui lavoriamo, portiamo in dote questa dicotomia tra scienza e amore, tra logos ed eros, tra passione e ragione. Le umane cose sono quelle che si rappresentano attraverso l'uso della ragione e dei suoi alambicchi, ma che prendono "corpo" dentro di noi, quando attraversati dalla passione fino a diventare Statuto ontologico dell'essere.
Fino a diventare identità.
Max Rigano