Vedere orizzonti dove altri vedono ostacoli: la Soft Skills Academy

Massimo De Donno
Affari di Genio

È una scena che si ripete di frequente. Ad ogni latitudine. In un consiglio di Amministrazione di un'azienda, in un incontro tra imprenditori, nel confronto tra professori in un consiglio di classe, in uno spogliatoio prima di una partita di calcio o semplicemente in una discussione familiare.

C'è chi, padroneggiando le proprie paure, le gestisce per infodere coraggio e consapevolezza a sé e agli altri; e chi invece davanti l'avanzata di quelle onde d'angoscia fugge via rifugiandosi dentro le coperte offerte dalla ragione. 

Ebbene, ascoltando chi la Soft Skills Academy l'ha direttamente o indirettamente incrociata, magari attraverso un figlio che ha deciso di navigare il mare della competenze trasversali, si può scoprire di essere dotati di qualcosa che non si sospettava di avere. La forza e il coraggio della capacità critica, ad esempio,  dell'analisi meta etica in grado di scompaginare certezze radicate. È per questo che nell'occasione abbiamo messo uno accanto all'altro Emilio e Stefano.

La Soft Skills Academy, progetto sociale di Genio in 21 Giorni è una rivista innovativa in cui non trovi solo articoli di esperti, ma anche esempi concreti, testimonianze, pareri autorevoli, esercizi pratici grazie ai quali poter apprendere le abilità che servono e valorizzare i propri talenti.

Emilio ha 36 anni, è diventato papà di una bambina di neanche 24 mesi, fa il barbiere in Calabria e afferma: "Con le Soft Skills ho capito quale sia la differenza tra decidere e scegliere" dice dopo aver spiegato che il suo rapporto con le Soft Skills gli ha insegnato che "per chi fa il mio lavoro è fondamentale non solo saper vendere ma saper comunicare; anche semplicemente come s'indossa un taglio di capelli". 

Un segreto che richiede la capacità di saper vedere quello che i più non riescono a cogliere. Che il linguaggio umano è quello delle emozioni, senza scomodare Bertrand Russell o Husserl, filosofi analitici meta etici non cognitivisti, per cui proprio le emozioni costituivano il volano delle relazioni sociali quali architravi della costruzione etica sociale. 

E proprio perché per saper vedere bisogna chiedere a chi sa guardare oltre il buio della ragione ci siamo rivolti a Stefano, dipendente pubblico di Lecce, sessantino, cieco da 35 anni. Stefano ci spiega in che modo, lavorando in gruppo, si può imparare ad osservare e dunque a vedere dentro di sé e accanto a sé, anche se non si è più dotati di vista. Una lezione di vita semplice ma efficace quanto basta, per tradurre a tutti cosa significa 'guardare' nella vita. Vedendo dove chi può vedere, non riesce a farlo, e dove invece un non vedente, usando la luce del cuore, riesce a vedere e ad ancorarsi. 

Il senso dunue è andare oltre i propri orizzonti, mettendosi in una posizione d'ascolto, determinante per rimuovere o modificare le proprie originali posizioni mentali. 

Un esercizio che richiede una radicata coscienza di sé. E la volontà di cambiare per approdare alla parte più profonda della propria persona, in grado di portarci dritto alla felicità che cerchiamo o, quanto meno, alla serenità di un'autodeterminazione attesa. 

Non poca cosa in un momento storico in cui il relativismo etico ci conduce dritti a sbattere contro i limiti della nostra ottusa onnipotenza.

 

Max Rigano

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