Separazione-figli, trasferirsi senza il consenso dell'ex compagno è possibile?

Vivo in un piccolo comune con un figlio di 5 anni. Ora ho trovato lavoro a Milano. Posso trasferirmi senza il consenso del mio ex compagno, latitante da anni?

di Avv. Violante Di Falco*
L'avvocato del cuore
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Separazione e figli, la risposta dell'avvocato del Cuore 

“Gentile Avvocato, mio figlio ha 5 anni e si chiama Luca. Sin dalla sua nascita, sono sempre stata io il genitore di riferimento. Il mio compagno, infatti, non si è mai minimamente preoccupato della cura, della gestione e dell’accudimento di nostro figlio. Viviamo in un piccolo comune, nel quale per me non ci sono prospettive professionali. Di recente, mi è stato proposto un lavoro interessante a Milano che mi permetterebbe di raggiungere l’indipendenza economica. Sono sicura che il mio compagno, se pur sia latitante da anni, si opporrebbe. Posso trasferirmi insieme a Luca senza il suo consenso?”

Quando due genitori si lasciano, i figli hanno il sacrosanto diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi. Si chiama diritto alla bigenitorialità ed è un principio cardine del nostro ordinamento giuridico. Essere genitore significa vantare diritti nei confronti dei propri figli e, allo stesso tempo, garantire loro il rispetto di imprescindibili doveri: oltre a quello di cura, educazione, istruzione, nonché quello di garantire al proprio figlio una sana ed equilibrata crescita psico-fisica, vi è anche quello di stabilire la residenza abituale del minore e, quindi, l’eventuale trasferimento in un’altra città.

Ma cosa si intende per residenza abituale? Si intende il luogo nel quale il minore ha stabilito il centro principale dei propri interessi e affetti. La determinazione della residenza abituale di ogni bambino è talmente importante che va assunta di comune accordo tra i genitori, anche in presenza di affidamento esclusivo a un solo genitore. In caso di disaccordo, l’art. 337 ter c.c. rimette la scelta al Giudice. Questo significa che non è ammessa la decisione unilaterale del singolo genitore di trasferirsi altrove con i figli, giacché se così fosse il genitore commetterebbe un atto illecito con rilevanti conseguenze, sconfinando anche nel territorio penalmente rilevante.

Secondo le diverse pronunce dei Tribunali d’Italia degli ultimi anni, l’eventuale trasferimento del minore, a fronte del dissenso di uno dei genitori, può essere autorizzato dal Giudice solo qualora vi siano provati e giustificati motivi che rendano questo cambiamento necessario.

In mancanza, il Giudice dovrà rigettare la richiesta al fine di preservare l’habitat dei figli inteso, appunto, non solo come casa di abitazione, ma anche come rete di relazioni familiari, scolastiche e amicali. Il compito del Giudice, infatti, è quello di bilanciare il principio del “best interest of child” con due diritti altrettanto fondamentali: il diritto alla bigenitorialità e il diritto di ciascun bambino di conservare la propria stabilità di vita. Pur vero è che di questo bilanciamento, l’interesse del bambino costituisce in assoluto la stella polare.

A tal proposito, voglio segnalarLe una pronuncia recentissima della Cassazione (risale al 14 febbraio 2022 ed è l’ordinanza n. 4796), secondo la quale la tutela del preminente interesse del figlio a una crescita sana ed equilibrata nel rapporto con i propri genitori deve guidare ogni giudice nella scelta del regime di affidamento condiviso, di collocamento e del diritto di visita genitori-figli.

Tuttavia, questa garanzia resta integra anche nel caso nel quale il genitore (nel caso di specie, era la madre) venga autorizzato al trasferimento insieme al proprio figlio in un’altra città, a condizione che consenta al genitore richiedente di avere maggiori possibilità di trovare un lavoro e, quindi, di garantire una vita migliore al proprio bambino. In sostanza, in un’ottica di tutela dell’interesse del minore, che è sempre superiore, l’esigenza lavorativa della madre, per garantire da vivere al figlio, viene prima del diritto del padre di vedere il minore ogni giorno o anche un giorno sì e uno no; basta che questo diritto, com’è logico che sia, non venga completamente compromesso.

*Studio legale Bernardini de Pace