BEYOND ALIEN: H.R. GIGER la prima mostra in Italia

 Photo credit  Nick Zonna

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A dieci anni dalla scomparsa di Hans Ruedi Giger, il Museo Storico Nazionale d’Artiglieria dell’Esercito Mastio della Cittadella di Torino ospita, dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, la mostra Beyond Alien: H.R. Giger, un grande omaggio a uno degli artisti più affascinanti e controversi del secondo Novecento, che presenta la più ricca collezione di opere del maestro esposte in Italia.La mostra, a cura di Marco Witzig, massimo esperto internazionale dell’artista, è prodotta da Navigare s.r.l, in coproduzione con Glocal Project e ONO arte e vuole ripercorrere l’intera carriera del grande maestro svizzero che ha profondamente cambiato e influenzato il surrealismo, l’horror fantascientifico e l’immaginario gotico contemporaneo. In esposizione oltre settanta pezzi originali tra dipinti, sculture, disegni, fotografie, oggetti di design e video provenienti dal Museo Giger, in Svizzera, diretto da Carmen Giger, vedova del maestro.Conosciuto al grande pubblico come l’uomo che ha creato l’immaginario di Alien, il film-capolavoro di Ridley Scott, che nel 1979 consegnò alla storia del cinema, del mondo videoludico e delle arti visive l’icona della bellezza terrorizzante del sanguinario extraterrestre xenomorfo, Hans Ruedi Giger è in realtà un artista poliedrico, dotato di un proprio e unico stile, “biomeccanico”, come lui stesso lo definiva, che ha sperimentato le tecniche più diverse.È un artista plastico, un disegnatore, e, soprattutto, uno dei più grandi maestri dell'aerografo. Il contributo di Giger alla saga di Alien è stato fondamentale: l’artista, infatti, grazie alla sua profonda cultura e sensibilità personale, occupandosi della creazione del mostro, dell’ambientazione aliena e delle strutture tecnologiche in rovina, ha infuso l’intero progetto di quella particolare estetica dell’inquietante. Non è stato però solamente il cinema ad essere profondamente influenzato dalla sua arte. Anche il mondo della moda, del design, della musica - dal pop, all'heavy metal passando per l’elettronica - dei videogiochi, dell'illustrazione, dei fumetti e dell'arte in generale, si nutrono costantemente dell'universo creato da Giger.Il percorso espositivo della mostra permetterà quindi a tutti i fan di immergersi nel mondo dell’artista e di ammirare dal vivo alcuni dei pezzi più iconici, ma anche di approfondire aspetti meno conosciuti del lavoro di Giger. L’allestimento è infatti suddiviso in diverse sezioni che riprendono alcune delle tematiche più importanti sviluppate dal maestro: il cinema, la musica, il surrealismo e l’orrore cosmico.
Nella sezione dedicata al cinema sono esposte le opere che hanno contribuito a creare il mito del ciclo di Alien, ma anche quelle eseguite per il mai realizzato primo adattamento di Dune, progetto epico del regista cileno Alejandro Jodorowsky. L’uso dell’acrilico con la tecnica ad aerografo era già diventato il marchio distintivo dei suoi “biomeccanoidi”, opere cupe e suggestive che fondevano elementi organici e meccanici; e sebbene il film non sia mai stato girato, alimentando comunque una sorta di culto per l’incompiuto, lo storyboard che ne fu realizzato rivela l’impressionante contributo dell’artista nella progettazione di astronavi, personaggi e creature come i celebri vermi giganti del pianeta Arrakis. È grazie a Dune che Giger incontra Dan O’Bannon, sceneggiatore di Alien con Ronald Shusset, con cui lavorerà pochi anni dopo.In mostra un disegno senza titolo realizzato del 1978 per l’alieno originale. Appena schizzato a matita su carta giallina, la testa di quello che diventerà lo Xenomorfo appare sfumata ma presenta già tutte le caratteristiche della creatura: la fila di denti aguzzi, la conformazione fallica del cranio e quella unione di elementi naturali e meccanici, che poi torneranno in maniera molto più definita nelle sculture realizzate per Alien III, come il famoso Necronom IV, anch’esso esposto in mostra, diventato un simbolo del miglior horror fantascientifico.La musica è un altro elemento fondamentale nel lavoro di Giger che, infatti, realizzò le copertine di numerosi dischi di artisti come Debbie Harry, Emerson, Lake and Palmer, Magma, Dead Kennedys, e molti altri. Al rapporto tra Debbie Harry e Giger la mostra infatti dedica spazio presentando il frutto della collaborazione tra i due artisti, nata nella primavera del 1980. Questa collaborazione avrebbe sancito il debutto solista di Debbie che Giger, affascinanto dalla cantautrice, immortala sulla copertina di KooKoo con il volto quasi catatonico, non più bionda, colorata e plasticosa come era apparsa fino ad allora in qualità di frontman dei Blondie, ma pallida e coi capelli corvini, e col volto trafitto da spilloni. Un’importante tematica analizzata in mostra è il surrealismo, che Giger ha contribuito a ridefinire in termini contemporanei. L’esposizione intende infatti indagare il senso di straniamento tipico di questa corrente artistica surrealista e strettamente connesso all’orrore cosmico: la filosofia letteraria sviluppata dallo scrittore H.P. Lovecraft, che Giger ha trasformato in immaginario visivo, creando atmosfere perturbanti che seducono e spiazzano al tempo stesso. In questa sezione troviamo la serie di opere omonime dedicate a Li, la compagna dell’artista morta suicida, realizzate nella prima metà degli anni ’70.  Il volto della donna è scomposto, infestato da una pletora di piccoli teschi, uova, ossa, serpenti e corna. L’incarnato ceruleo è solcato da vene blu e gli occhi sono vitrei, eppure la protagonista di queste opere riesce a trasmettere una forte sensualità, attraendo e coinvolgendo al contempo. Il lavoro di Giger è da considerarsi pietra miliare della contemporaneità e la mostra vuole essere anche un’occasione di riflessione: in un momento storico-culturale crepuscolare come quello corrente, Hans Ruedi Giger ci guida attraverso le tenebre, mostrandoci la profondità e complessità oltre che il profondo valore estetico. La mostra, che vanta il patrocinio della Regione Piemonte e del Comune di Torino, si configura come un evento unico che coinvolgerà la città di Torino. La mostra è realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema e prevede durante il periodo dell’esposizione alcuni incontri alla Mole Antonelliana e un ciclo di proiezioni al Cinema Massimo, che presto verranno divulgati.
 

Servizio realizzato e documentato da Nick Zonna    

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