Tra tv e corsie d’ospedale, con concorsopoli finisce l'epopea del gallismo
Massimo Galli si era costruito un’immagine di duro e puro della sanità, che con le indagini sui concorsi truccati sembra sgretolarsi irrimediabilmente
Tra le corsie dell'ospedale Sacco e i corridoi dell'Università Statale di Milano, in pochi hanno manifestato sorpresa alla notizia che Massimo Galli fosse indagato per presunti concorsi truccati. Gli addetti ai lavori, infatti, sembrano conoscere un’immagine diversa rispetto a quella che ha fatto compagnia per mesi agli italiani dagli schermi di ogni rete televisiva.
Ma andiamo con ordine. Infettivologo, 70 anni, primario del reparto di Malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano, professore ordinario nel dipartimento di Scienze biomediche dell’università Statale di Milano, Galli andrà in pensione dal 1° novembre, data dopo la quale sembrava in arrivo un libro a sua firma.
L’argomento è ancora incerto, ma di cose da raccontare Galli ne ha a volontà: prende parte attiva nel movimento sessantottino a soli 17 anni, esperienza che non rinnega “nemmeno per un pezzettino”, sempre dichiaratamente di sinistra, amico di Gino Strada… ma amato anche a destra, soprattutto per il carattere autoritario e intransigente con cui ha affrontato la pandemia.
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Camice bianco, giacca, cravatta, sguardo severo ed espressione insofferente di chi non ha tempo da perdere nei salotti mediatici: tra i virologi colpiti da prezzemolite a causa del Covid, Galli sembrava fare la parte del saggio prudente, della Cassandra inascoltata, un moderno Seneca, come l’aveva definito Vittorio Feltri.
Da sempre sostenitore della linea dura, delle chiusure preventive, non si è mai sottratto ai confronti (scontri?) con colleghi e politici, a colpi di “servono basi scientifiche, ragazzo mio”: “Non ragiona”, diceva a Massimo Cacciari che chiedeva la fine del coprifuoco dai microfoni di Cartabianca il 4 maggio, “non sei un virologo”, ammoniva Alberto Zangrillo che su Twitter sosteneva che il pronto soccorso del proprio ospedale fosse privo di malati Covid, lasciando intendere la possibilità di un giustificato allentamento del rigore anti-virus.
Ma il suo nemico acerrimo, almeno in tv, è certamente Matteo Bassetti, collega del San Martino di Genova. Il milanese capofila della linea rigorista, il genovese di quella aperturista, dopo frecciatine a distanza si sono apertamente scontrati a fine aprile sulle pagine del Corriere della Sera: “Non mi faccia parlare di Bassetti, non vorrei perdere più tempo. Ne ho piene le scuffie di far polemica con quella gente lì”, aveva dichiarato Galli.
“Cosa devo dire, che io ho ragione e altri dicono corbellerie solenni? Diciamo che alcuni hanno avuto una notevole capacità di contraddirsi, altri praticamente mai. Io non ero nella compagine ristretta ma chiassosa di chi, l’estate scorsa, diceva che il virus era clinicamente morto. Né in quelli dell’immunità di gregge”, metteva in chiaro il milanese.
"Galli ha parlato di nani e ballerine, lo trovo gravissimo, rasenta la querela” contrattaccava Bassetti. “Ormai non lo ascolto più, lo trovo poco interessante. Anche quando dice qualcosa di giusto, lo dice male. Io sono poco ideologico, sono un liberale. Ho posizioni da medico, non da politico”.
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Poi, a maggio, la svolta, il ritiro dalle scene annunciato dal salotto di Myrta Merlino: “Quello che dovevo dire l’ho detto, se non emergono fatti straordinari nuovi preferisco evitare non soltanto di fare televisione ma anche di rilasciare interviste".
In realtà, il professore non si è fatto dimenticare, ma l’annuncio dell’accusa di concorsi truccati e falso ideologico ha di certo spiazzato il pubblico da casa che aveva sempre visto in lui il simbolo del medico integerrimo dedito solo a fare la cosa più giusta per la salute dell’intera nazione.
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Dal canto suo, Galli si mostra tranquillo, e proprio dai microfoni di Cartabianca alla Berlinguer ha dichiarato: “Francamente, sono tranquillo, da quello che leggo non ci vedo niente di particolare in quello che mi viene contestato. Ci ragionerò sopra”. I concorsi contestati "riguardano tutti il 2020, in piena pandemia. È evidente che il diventare un personaggio pubblico ha una serie di contro, e pochi pro, per quanto mi riguarda".