Germano Lanzoni: "Il Signor Imbruttito? Voterebbe Sanna Marin"
L'attore reso celebre dal progetto "Il milanese imbruttito" in un'intervista a tutto tondo ad Affaritaliani.it
"Il Signor Imbruttito voterebbe per Sanna Marin"
“Per chi voterebbe il Signor Imbruttito? Per Sanna Marin, e non c’è bisogno di spiegare perché”. Germano Lanzoni, attore che presta il volto al celeberrimo personaggio – o forse sarebbe dire meglio “maschera” – che incarna gli stereotipi della milanesità. Ed è anche voce ufficiale delle partite casalinghe del Milan. Ad Affaritaliani.it Lanzoni ha voluto raccontare le mille sfaccettature del suo lavoro, tra la difficoltà di riuscire a far ridere e la necessità di trovare sempre nuovi spunti per non diventare scontato. Lui, tra l’altro, pur essendo nato a Milano vive sì in un attico, ma a Brusuglio di Cormano.
Lanzoni, le ha fatte le vacanze?
È un’annata un po’ strana, il campionato è iniziato il 13 agosto, mi sono riposato poco. È la ventiduesima stagione in cui presto la voce al Milan, ma ogni volta che vado a San Siro è talmente strano che è come se vivessi sempre il giorno del mio compleanno.
Ora però avete cambiato proprietà (per la seconda volta in pochi anni): già incontrato Gerry Cardinale?
No, e gli Yankees non mi hanno ancora dato il cappellino, non ho potuto dare sfoggio del mio “english”, altrimenti rischio il licenziamento. Scherzi a parte, sarà interessante vedere che cosa succederà. Non ho mai pensato che la proprietà potesse cambiare, ma la differenza tra una squadra e un’azienda è che nella prima bisogna mantenere sempre il contatto con il pubblico, con la passione. Una società di calcio non è mai di proprietà di nessuno se non dei tifosi. Non ci può essere solo un’aspettativa finanziaria. Certo, per coronare questo sogno servono 1,2 miliardi ed essere pronto ad altre “chicche olistiche”, altre experience...
Ad esempio?
Beh, andare nello spazio con Jeff, ad esempio (ride, ndr).
A proposito di “experience”, Milano è stata per anni una città all’avanguardia, un luogo in cui i sogni diventavano realtà. Ora però si è trasformata in qualcosa di più respingente.
La città è cambiata e si è modificata, per certi versi si è anche evoluta. Ma oggi ci sono criticità che erano inimmaginabili fino a qualche anno fa, anche in zone impensabili come Corso Como. Milano permette di raggiungere i propri obiettivi, ma chi non ce la fa paga un prezzo altissimo. Sta iniziando a diventare come New York, perché il gettone d’ingresso ha un costo molto elevato. E l’aumento di senza tetto e persone in difficoltà è lì a mostrarlo. Sarà un autunno veramente difficile, inutile nasconderselo. E mi sembra che non si sia ancora capito.
Il Signor Imbruttito per chi voterebbe?
Bisognerebbe chiederlo a lui. Sicuramente andrebbe a votare, perché ha ormai una certa età e sa che cosa vuol dire. Uscendo dal personaggio, io ho un nonno che ha vissuto la guerra, so che cosa significa e so quindi che è una scelta che va fatta. Il Meneghino, la maschera che esemplifica la milanesità, nacque da un’idea di Carlo Maria Maggi come sberleffo contro l’invasore, prima francese, poi spagnolo, quindi austriaco. Oggi non c’è un invasore militare, ma il Terzo Segreto di Satira, il collettivo di cui faccio parte, si schiera molto contro questa farloccaggine politica. I neuroni, d’altronde non sono mica tutti uguali e alcuni vengono distribuiti ad… cazzum.
Questo non so se lo possiamo dire… Però edulcorando il suo pensiero si può dire che manca la qualità anche in politica?
Sì, lo diceva anche Gaber: “Ognuno di noi cerca una qualità che non è più richiesta”. Eppure ci sarebbe bisogno di una ricerca, di un riscontro costante nel rapporto con gli altri. Non voglio entrare in politica, ma siamo al teatro dell’assurdo, gli eletti rincorrono il consenso, giocano a fare gli influencer e non capiscono le reali necessità del Paese e del pianeta. Nessuno ci racconta che Italia immagina, che “vision” ha.
Insomma, i politici sono diventati vostri concorrenti. Quanto è difficile fare ridere oggi?
È sempre difficile far ridere. Oggi c’è un’ulteriore complicazione che è il political correct e il fatto che non c’è più un rapporto intimo tra l’artista e il suo pubblico. Solo che adesso tutto è condiviso, tutto è esposto: basta che qualcuno prenda un cellulare e ti riprenda per diventare virale, non necessariamente in senso positivo. Si rischia che chi non la pensa come te si scagli in modalità “eco-nazi”, per citare Jovanotti.
Si può ridere di qualsiasi cosa?
Sì e no. Diciamo che un comico deve poter dire qualsiasi cosa, ma deve accettare la reazione. Pensiamo a quello che è successo agli Oscar, con Will Smith che ha dato un pugno in faccia a Chris Rock dopo le battute sulla moglie. Personalmente preferisco ridere con il pubblico e non del pubblico. Non sono neanche maoista al grido di “picchiarne uno per farne ridere cento”.
Si ruba nel mestiere di comico?
Eccome, basta non dire che si copia. La verità è che tutti citano, basta che non diventino la maggioranza del repertorio di un artista. È una corsa lunga fare ridere, io lo faccio dal 1987. Il successo l’ho ottenuto la prima volta in cui ho scatenato una risata, ma sono diventato celebre a 48 anni, prima non ero molto conosciuto. Ho anche fatto scelte impopolari: quando tutti andavano al Laboratorio di Zelig, io ho evitato, perché è un po’ come sperare di arrivare a casa presto e imboccare la tangenziale alle ore 18.
Ritorna la metafora milanese. Le è mai capitato di non far ridere?
Certo, con balle di fieno che rotolavano e il rumore dei grilli in sottofondo. Però sono testardo: se mi convinco che un pezzo funziona continuo a farlo anche se all’inizio non “sfonda”. D’altronde, cadere è terapeutico, se si torna a casa troppo convinti di sé non si riesce a imparare.
I personaggi hanno una data di scadenza o sono come quelli di Beautiful?
Ce l’hanno di sicuro, ma non la si sa a prescindere. Ci sono dei cicli naturali, il rischio è la saturazione perché sei stato visto troppo o perché le battute vengono anticipate. Quando si sente questa tendenza, compare un’enorme scritta “Exit”: è il momento in cui bisogna cambiare, magari anche maschera. Sulla facciata del liceo Carducci a Milano c’è una frase che racchiude il mio pensiero: “C’è chi getta l’ancora e chi ci crede ancora”.
Lanzoni, lasciamoci con un’ultima battuta…
Ce l’ho: lo sa per chi voterebbe il Signor Imbruttito? Per Sanna Marin. E non c’è bisogno di spiegare perché