Savoia, Borromeo: "Vittorio Emanuele ha fatto cose gravi. Vi dico tutto"

In uscita la docuserie "Il principe", la regista Beatrice Borromeo: "Quando incontri qualcuno che ha commesso un grave errore il paradigma del cattivo evapora"

di redazione costume
Beatrice Borromeo
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Beatrice Borromeo e la docuserie Il Principe su Vittorio Emanuele di Savoia

Beatrice Borromeo Casiraghi firma la regia della docuserie Il principe, una produzione di MDE Films in uscita il 4 luglio su Netflix. I tre episodi realizzati dalla regista e produttrice dai nobili natali portano sul piccolo schermo le vicissitudini di una figura rilevante quanto controversa per l’Italia nel secolo scorso, ovvero, Vittorio Emanuele di Savoia.

In un’intervista a Vanity Fair la giovane 37enne alla corte di Monaco racconta la nuova esperienza professionale, svelando le prospettive future che augura a se stessa e alla sua famiglia – apparentemente perfetta - per il futuro.

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Come scrive il settimanale diretto da Simone Marchetti, lo sceneggiato sull’ultimo erede al trono d’Italia tocca particolarmente da vicino la giovane Borromeo, che dietro la macchina da presa approfondisce la storia dell’omicidio del giovanissimo Dirk Hamer e del coinvolgimento di Vittorio Emanuele di Savoia. Il delitto si consumò la notte tra il 17 e il 18 agosto 1978 sull’isola di Cavallo, in Corsica.

Questo crimine metterà in subbuglio la famiglia Hamer e soprattutto la sorella di Dirk, Birgit, migliore amica della madre di Borromeo, Paola Marzotto. In seguito Vittorio Emanuele fu assolto a Parigi nel 1991, salvo poi farsi “scoprire” nel 2006, mentre era in carcere a Potenza,  confessando la sua colpevolezza di fronte alle telecamere di sorveglianza nascoste a seguito dell’inchiesta “Vallettopoli”.

Nell’intervista, Beatrice Borromeo confessa: “L’omicidio di Dirk ha fatto parte della mia vita. Sempre. Ho ricordi confusi, fin da bambina. Ma in ognuno c’era sempre un grande senso di frustrazione. Prima perché non c’era un processo. Poi perché il processo aveva emesso una sentenza senza senso. Mia madre e Birgit erano amiche da studentesse nella Roma degli anni Settanta.

Lei ha saputo dell’accaduto mentre tornava da un viaggio in Cina e si è subito precipitata da Birgit. L’ha protetta, l’ha portata a Milano dopo la sparatoria, per toglierla dalla sofferenza agonizzante del fratello e della famiglia. E quando Dirk è morto, dopo 19 operazioni, ha organizzato il funerale a Roma. Io l’ho sempre chiamata zia, l’ho sempre sentita famiglia. Ma questo non mi ha impedito di prendere la giusta distanza dalla storia per fare il mio lavoro da regista".

Sulla figura controversa di Vittorio Emanuele – la 37enne aggiunge – “ha fatto cose molto gravi. E non parlo solo della sparatoria ma anche di come ha gestito la faccenda negli anni successivi. Ma quando ti sforzi di incontrarlo, di incontrare qualcuno che ha commesso un grave errore, allora il paradigma del mostro, del cattivo evapora. Col figlio Emanuele, infatti, è stato un padre amorevole e ha spezzato la catena dell’infanzia anaffettiva. Ho quindi voluto intervistare anche il figlio Emanuele Filiberto e la moglie Marina per trovare un lato umano, che certo non cancella i fatti. Però ti consegna una verità più distinta”.

Nel girato non c’è giudizio, non ci sono vinti né vincitori, secondo la regista di casa Casiraghi: “Io penso che, più in generale, per tutti sia importante emanciparsi dal passato e dalle opinioni del passato perché altrimenti saranno loro a decidere per noi. A volte ci facciamo guidare come da un pilota automatico che ci indica una libertà limitata quando invece cambiare opinione è uno dei privilegi più importanti della vita. Col mio lavoro, però, ho provato a raccontare la verità.

E la verità, in questa faccenda, è stata maltrattata per anni. C’è stata una grande differenza tra chi aveva potere e chi non ce l’aveva. Tra chi poteva manipolare le informazioni e chi no. Soprattutto, c’è stata una donna, Birgit, che è rimasta completamente sola. Sola a combattere. Per decenni interi».

Beatrice Borromeo, alla ricerca della verità: “Non riesco a girarmi dall’altra parte, a costo di cacciarmi nei guai”


Sul suo lavoro di “inchiesta” la regista 37enne racconta che si tratta di una missione: “È perché non riesco a guardare dall’altra parte. E la cosa è così forte, in me, da portarmi ad affrontare anche situazioni pericolose. Mi ricordo di un episodio, a Napoli, quando ero incinta di mio figlio Stefano. Ricordo che per timore non riuscii nemmeno a raccontarlo a mio marito per alcuni mesi.

Stavo girando un documentario sui bambini che facevano i pali per la camorra e riuscii a trovare, per intervistarla, una ragazza che era stata stuprata da un boss che continuava a minacciarla di morte con intimidazioni armate. Mi portarono dove era nascosta, per protezione.

Mi ricordo l’intervista a casa sua, ero incinta di sette mesi. E ricordo benissimo i guardiani presenti che fissavano la porta, per paura che entrasse qualcuno armato. In quel momento vivevo un conflitto, ma scelsi di cercare la verità. L’intervista venne pubblicata sul Fatto Quotidiano. E il boss fu successivamente arrestato”.

Quanto ai progetti per il futuro, le prospettive sono particolarmente rosee, a quanto racconta in chiusura la figlia di Paola Marzotto: “Negli ultimi anni ho intrapreso un’esperienza enorme che ha avuto un impatto forte sulla mia carriera ma anche sul mio rapporto con il Principato di Monaco. Sta per iniziare l’avventura di The Rock, una mega produzione sulla storia dei principi di Monaco.

Sarà un grande film, con un grande budget, con grandi distributori – e aggiunge - c’è una storia incredibile nel Principato, una storia di legami di otto secoli a difesa di una comunità che infatti resta legatissima ai principi e alla tradizione. Ho sentito una grande responsabilità nella fase iniziale e ho anche avvertito un certo timore di non essere all’altezza”.

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