Agricoltori, il problema sono i pesticidi: marcino contro le multinazionali

Dietro la protesta non c’è solo la contestazioni alle istituzioni UE ma una visione contrapposta alle lobby che devastano biodiversità e agricoltura

di Antonio Amorosi
Cronache

Pesticidi nel 68% della frutta in Italia. L’industria dei pesticidi sta lottando per sopravvivere, contro tutto e tutti. La protesta degli agricoltori non è quella che vediamo in tv

Gli agricoltori italiani che protestano sostengono di mangiare gli identici prodotti che poi finiscono sulle tavole degli italiani. Questa lettura però contrasta con la vulgata che vorrebbe la UE green e gli agricoltori conservatori e inquinatori. Però che senso avrebbe, da parte degli agricoltori, avvelenarsi anche solo esponendosi a tali e tanti veleni, con le proprie mani? Nulla in realtà è come sembra. 

Le richieste degli agricoltori che protestano in tutta Europa sono sì diverse Paese per Paese ma se si approda nelle chat degli italiani (le chat sono su piano regionali dalla Sicilia al Trentino Alto Adige, più alcune nazionali) si nota un minimo comune denominatore che non però vede la luce sui grandi media. 

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Le richieste in sintesi: essere pagati al giusto prezzo per prodotti qualitativamente migliori di quelli d’importazione, aiutati a produrre la qualità abbassando i costi di energia e materie prime, non avere regole rigide UE, non affrontare il tema ambientale in maniera ideologica, avere meno pesticidi nei prodotti, ricevere contributi per una riconversione reale a nuove forme non tossiche, più aree fiorite per le api, stalle più sostenibili economicamente e prodotti meglio pagati, eccetera. 

Ora, anche se passa in second’ordine, tra i protestatari è un rifiorire di sfide alle istituzioni Ue che hanno fatto della questione ambientale solo un argomento ideologico, al punto che prima la Ue ha approvato i piani per una green economy, poi prolungato l’uso del glifosato e infine bocciato la limitazione dell’uso di pesticidi che stanno minando la biodiversità e la futura produzione alimentare. E’ comprensibile, l’industria dei pesticidi sta lottando per sopravvivere ma fino a quando? 

Siamo di fronte a un’economia verde UE che sembra molto di facciata, come con le auto elettriche, buone per le fasce alte di reddito e che tanti dubbi presentano sotto il profilo inquinamento sul lungo termine o con le nuove tecnologie (vedi l’AI), che consumano più energia delle precedenti ma vengono applaudite perché le lobby che le sponsorizzano determinano il mercato.

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E’ evidente che tra l’uso di pesticidi e il passaggio a rimedi naturali va fatta una pianificazione importante e una riconversione più profonda, sostengono molti agricoltori italiani nelle chat. E’ demenziale anche solo pensare a riconvertire un settore con due righe di provvedimento come ha fatto la UE, minando i raccolti e non valorizzando il bio e la qualità, ripetono. Un uso massivo di pesticidi e veleni però continuerà a mettere in discussione tutto l’habitat fondamentale in cui gli agricoltori stessi vivono.

Un recente rapporto del World Biodiversity Council ha spiegato che il rischio di estinzione di massa delle specie è pari a quello del cambiamento climatico e che di questo passo siamo di fronte a una perdita di specie senza precedenti. Questo comporta problemi gravi anche sulle colture e su cosa mangiamo, al punto che ciò che finisce il tavola sarà sempre più condizionato dalla chimica.

Il risultato: il numero di insetti uccisi è diminuito di quasi due terzi rispetto al 2004. I ricercatori dell’Università di Würzburg hanno recentemente scoperto che nei paesaggi agricoli vivono il 29% in meno di specie e addirittura il 56% in meno di specie di insetti a rischio di estinzione rispetto alle aree naturali, ricorda il quotidiano tedesco Tagesspiegel. Senza i pesticidi, si dice, i raccolti sarebbero inferiori. 

Ma che gli insetti scompaiono, scompaiono anche gli uccelli e cambiano le colture. "Quasi tutte le specie di uccelli utilizzano gli insetti come cibo per i loro piccoli", ha spiegato Ariel Brunner, responsabile europeo dell'organizzazione BirdLife International.

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Tuttavia, nei campi dell’UE continuano a essere spruzzate sostanze effettivamente considerate pericolose: quelle già vietate possono ricevere un’autorizzazione d’emergenza per 120 giorni se il raccolto non può essere altrimenti salvato. In Francia le vendite di pesticidi sono aumentate da 61.000 a 76.700 tonnellate dal 2011 al 2020, racconta sempre Tagesspiegel. In Italia, ha rivelato un report di Legambiente, ci sono tracce di pesticidi nel 68% della frutta. E in ordine decrescente sono stati segnalato gli insetticidi Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph, presenti dalla frutta più diffusa in commercio a quella meno.

Di questo passo però uno scontro solo ideologico non fa che favorire le lobby che puntano su mantenere lo status quo proprio, a danno di consumatori e agricoltori, soggetti molto più vicini di quanto si creda.

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