Alla guida del Dap favorito Renoldi, il giudice che vuole ammorbidire il 41bis
Dopo l'addio di Bernardo Petralia, al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria potrebbe arrivare Renoldi, che nel 2020 si schierava proprio contro il Dap
Carlo Renoldi, il favorito al Dap che parla contro l'"antimafia militante arroccata nel culto dei martiri"
Dopo il picchetto d'onore per salutare il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, che pochi giorni fa ha lasciato salutando tutti i suoi collaboratori nell'atrio della sede romana del dipartimento, è corsa alle nomine: al suo posto, ora, il favorito sembra essere Carlo Renoldi, che sull'antimafia ha idee ben precise.
A rivelarlo è il Fatto Quotidiano, che cita un intervento di Renoldi del 29 luglio 2020 a un convegno sul carcere organizzato a Firenze, in cui decanta i provvedimenti “epocali” della Consulta “che hanno riscritto importanti settori dell ’ordinamento penitenziario” e si congratula per la sentenza che apre ai permessi premio per mafiosi ergastolani non collaboratori, perché “ha minato alle fondamenta i dispositivi di presunzione di pericolosità sociale che sono incentrati sull’articolo 4-bis dell Ordinamento penitenziario”.
Ma non solo. Renoldi, magistrato e professore di diritto processuale penale, si è schierato contro l'antimafia “arroccata nel culto dei martiri”, riconosce alla Consulta il merito di aver “riconosciuto finalmente il divieto di effetto retroattivo della Spazzacorrotti”, quella di Bonafede, e ha plaudito alla Cedu e alla “sentenza Viola” contro l’Italia che ha “acquisito alla dimensione del diritto convenzionale il principio della flessibilità della pena, del finalismo rieducativo con la conseguente incompatibilità con l’ergastolo ostativo”, misura a cui, dice, ci sono state reazioni opposte “abbastanza trasversali”.
Ed ecco l’attacco proprio al Dap, alla cui guida oggi è il candidato preferito: “Mi riferisco al Dap, ad alcuni sindacati della polizia penitenziaria, ad alcuni ambienti dell’antimafia militante, ad alcuni settori dell’ass ociazionismo giudiziario e anche ad alcuni ambiti della magistratura di Sorveglianza" tuonava nel 2020. "Un Dap che in questi anni è rimasto profondamente ostile a quegli istituti che tentano di varare una nuova stagione di diritti ‘giustiziabili’ per le persone detenute. Un atteggiamento miope di alcune sigle sindacali che declinano ancora la loro nobile funzione in una chiave microcorporativa”.
E qui arriva la stoccata, sempre riportata dal Fatto Quotidiano, all'"antimafia militante arroccata nel culto dei martiri, che certamente è giusto celebrare, ma che vengono ricordati attraverso esclusivamente il richiamo al sangue versato, alla necessaria esemplarità della risposta repressiva contro un nemico che viene presentato come irriducibile, dimenticando ancora una volta che la prima vera azione di contrasto nei confronti delle mafie, cioè l’affermazione della legalità, non può essere scissa dal riconoscimento dei diritti”, non per “esercizio di buonismo, ma come gesto politico ed etico di fedeltà alla Costituzione”.