Andreoli: "Stragi familiari? Nella mente del killer c'è il senso d'impotenza"
Parla il guru della psicoanalisi in Italia. "In due anni il futuro da radioso è diventato drammatico. C'è quasi da stupirsi che non ci siano stati più episodi"
Vittorino Andreoli: "Gli assassini sono spesso persone per bene"
Vittorino Andreoli, 82 anni, uno dei guru della psicoanalisi in Italia lo ammette senza problemi: "Ho paura anch’io. E chi non ce l’ha in questo periodo?". Parte da qui la sua analisi sulle stragi di famiglia che nell'ultimo periodo si sono moltiplicate. L'ultima in ordine di tempo è stata quella in provincia di Varese, dove martedì scorso Alessandro Maja ha ucciso a martellate la moglie e la figlia e ferito gravemente l'altro figlio più grande. "Stiamo impoverendoci in una società malata che in questo momento - spiega Andreoli alla Stampa - ha una febbre altissima: dopo due anni di pandemia e con la prospettiva di una guerra atomica, c’è quasi da stupirsi che le stragi familiari non siano di più…".
"Nei soggetti che compiono questi gesti - prosegue Andreoli alla Stampa - ci sono tre componenti che si intrecciano: disperazione, autodistruzione, paura di non farcela. Non c’entra niente la depressione. Il depresso uccide se stesso e basta. Qui invece a prevalere è il senso d’impotenza, cioè la disperazione di quando si percepisce che la propria condizione non possa più cambiare. Va detto che a una regressione economica corrisponde sempre una regressione di civiltà. Soprattutto in provincia, luoghi dove l’apparire, il sembrare, è importantissimo e quando succede che magari viene a mancare la possibilità di apparire come si era o si vorrebbe essere si crolla. Normalmente sono delle persone per bene, proprio come raccontano i loro vicini. E nella loro distruttività non hanno odio, sentono quasi il dolore della persona che uccidono e che di solito è quella che amano".