"Il killer di nostra figlia era in fila alle Poste con noi. Stavo per fare una pazzia". I problemi della giustizia in Italia
Biella, parlano i genitori della ragazza uccisa dal fidanzato nel 2017. Fuori perché obeso, non può stare in carcere. Libero di uscire tre ore al giorno
Biella, il killer in fila alle Poste con i genitori della vittima. Una storia che ha dell'incredibile
Da Biella arriva una vicenda di cronaca che fa emergere in maniera chiara i problemi della giustizia in Italia. Nel luglio del 2017, Dimitri Fricano, 30 anni, durante una vacanza in Sardegna ha ucciso con 57 coltellate la fidanzata Erika Petri, di 28. Il processo ha decretato la sua colpevolezza ed è arrivata la condanna a 30 anni di carcere per lui, ma poco dopo c'è stato il colpo di scena: il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha stabilito che il killer di Erika è troppo obeso e quindi non può stare in carcere. Vive con i genitori, può uscire al mattino per le cure e nel pomeriggio per andare dove vuole. E proprio un pomeriggio di qualche giorno fa l'assassino si è recato in Posta a Biella dove vive e in fila per pagare c'erano anche i genitori di Erika.
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Tiziana Suman entra nell’ufficio postale e con la coda dell’occhio, scorge una figura che la sconvolge e la costringe a uscire in tutta fretta. "Non posso accettare - dice la donna a La Stampa - che l’assassino di Erika possa uscire liberamente tutti i giorni dalle 15 alle 18. A quell’ora io ho finito di lavorare, mi avvio verso casa e rischio di trovarmelo davanti al supermercato, per strada, in centro", racconta Tiziana. Era già successo subito dopo l’uscita dal carcere. "Mi ha fermato mia cognata, altrimenti avrei fatto una pazzia". Nel momento in cui Fricano nel novembre dell’anno scorso era stato scarcerato "ero convinta che l’avessero mandato a casa perché era in condizioni gravissime ma quando l’ho visto apparire in televisione ho capito che non era così".
Da quel momento la vita per i due genitori è diventata ancora più difficile. "Come fai a stare tranquillo? - si sfoga Fabrizio Preti, il padre di Erika -. Con gli anni il dolore non fa che peggiorare, piango tutte le sere e se sono ancora vivo è grazie all’aiuto degli amici che cercano di starmi vicino". A peggiorare la loro condizione è la sensazione di essere impotenti. "Peggio. Non contiamo proprio nulla. Ci è mancata la vicinanza delle istituzioni. Abbiamo parlato con politici, chiesto di essere aiutati a capire, almeno di essere informati. Non è servito. Dopo il processo siamo stati abbandonati". "Fricano - concludono i genitori di Erika a La Stampa - l'abbiamo anche inserito nei manifesti funebri, ci sembrava impossibile fosse stato lui. I carabinieri lo sospettavano fin da subito, invece noi non ce ne siamo resi conto. L’avevano capito tutti tranne noi".