Bimbo ucciso dal padre, nessuna tutela applicata per il minore di Varese
I bambini sono direttamente titolari di diritti ma nelle decisioni delle pubbliche istituzioni non sempre prevale il “superiore interesse del minore”
Bambino ucciso dal padre a Varese, quale tutela per il minore accoltellato dal padre in provincia di Varese?
Come si può scegliere come vittima delle proprie sconfitte affettive un minore è un fatto che sfugge ad ogni comprensione umana. La consapevolezza che ci sono nostri concittadini, vicini di casa o di quartiere che hanno tale confidenza con il male assoluto, la privazione della vita di un minore, provoca ripugnanza emotiva ma necessita di un salto di qualità della nostra reazione e non può esimerci dal porci alcuni interrogativi. Il minore e titolare di diritti consacrati nella Convenzione di New York del 1989 resa esecutiva con legge del 1991. L’articolo 19 di detta convenzione recita:
Gli Stati Parte adottano tutte le adeguate misure legislative, amministrative, sociali ed educative per proteggere il bambino e il ragazzo da ogni forma di violenza fisica o mentale, lesioni o abusi, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, ivi compreso l’abuso sessuale, per tutto il tempo in cui sono affidati alle cure del genitore (genitori), del tutore legale o di qualsiasi altra persona che svolga tale funzione.
Quali di queste misure sono state adottate per la tutela dei diritti di un minore che viene lasciato solo in balia di un padre in stato di detenzione domiciliare per tentato omicidio ai danni di un collega? Ha forse prevalso, come spesso accade, il diritto del padre a intrattenere rapporti con il figlio e la soggezione del minore ad incontrare suo padre anche se violento, con tutti i rischi connessi?
Sarebbe interessante leggere la motivazione del provvedimento con cui questo diritto di visita al padre sia stato riconosciuto. E il dubbio non è peregrino se si pensa a quante volte, anche nel caso di violenza domestica, difronte al rifiuto del minore di incontrare il proprio padre si individua, come colpevole, la madre, che avrebbe manipolato il minore per indurlo a tale rifiuto e si indaga solo superficialmente sulle motivazioni profonde per cui è il minore, in prima persona. che esprime tale ostilità.
La consapevolezza che il minore è direttamente titolare di diritti, tarda ancora a venire e questo è un limite imperdonabile della cultura adultocentrica. Il principio della prevalenza del “superiore interesse del minore” in tutte le decisioni delle pubbliche istituzioni che lo coinvolgono non è un optional e la sua negazione non può essere solo oggetto di sconcerto sociale ma deve essere punita al pari di qualunque violazione di legge.
Su questa violazione quale segnale concreto intendono dare le istituzioni e il Ministro della Giustizia per verificare che tutte le decisioni siano state assunte nel rispetto di queste norme ?