Blitz antimafia in Puglia: criminali sui social e gli interrogatori. Esclusivo

La criminalità 3.0 nel maxiblitz antimafia in Puglia. Uno degli arrestati: “Grazie al gip e al pm, non volevo più quella vita”

di Fabiana Agnello
Auto dei Carabinieri
Cronache

Blitz antimafia in Puglia: criminalità 3.0 tra social e redenzione

Aspetta! Voglio dirti quello che sento, farti morire nello stesso momento bastardo…” accompagnato dal messaggio “questo è per il magistrato che ha rigettato il permesso di Pasqua a mio marito” e dagli hashtag #marito #detenuto #rigetto: è uno dei tanti video postati su TikTok da Marina Raffaella Guarini (@marinagua80), moglie di Francesco Turrisi alias “Ciccio” detenuto nel carcere di Lecce e, oggi, tra i 22 arrestati nel blitz antimafia in Puglia del 18 luglio che ha fermato l’ascesa dello spietato e violento boss Gianluca Lamendola, nipote del sanguinario Carlo Cantanna, frangia dei mesagnesi della Sacra corona unita.

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Lo scacco, messo a segno dal Nor della compagnia di San Vito dei Normanni, che ha visto coinvolte tutte e sei le province pugliesi con 22 arrestati per associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsione e altri reati e 39 indagati, racconta anche i nuovi linguaggi della criminalità organizzata sui social e conferma la capacità delle mafie di reinventarsi continuamente in base alle esigenze del presente. E di progredire, man mano che il digitale prende la scena facendo cadere i confini tra il reale e il virtuale, diventando, il social, luogo di sponsorizzazione e comunicazione con gli affiliati e nemici da sostenere o colpire.

Come fa Savio Di Gioia (@ansia087) che posta un video su TikTok con una musica in sottofondo e la frase “Da quando ero carcerato mi hanno voltato tutti le spalle, grazie a loro ho capito che non cambia nulla! Hanno tutti la stessa faccia del culo” che, secondo i carabinieri che hanno condotto le indagini, si è trattata di una denuncia pubblica del tradimento del gruppo di Sanvitesi affiliati a Ciccio Turrisi, ora transitati sotto il boss Lamendola.

E non solo, perché con l’arrivo di TikTok è stato messo tutto in diretta come un Grande fratello mafioso: fanno vedere le case, le famiglie, la vita agli arresti domiciliari, i colloqui in carcere.

Come Marina Guarini che, oltre a postare le video chiamate col marito Ciccio in carcere, simula di farsi portavoce delle disposizioni che le vengono impartite, con l’espressione “quando mi telefona dal carcere e dice: prendi carta e penna” e con l’accento napoletano dice “ma che ti sei messo in testa, paga a questo, paga a quello, regali qua e là e adesso che cos’è questa storia?”, come sempre video accompagnati dagli hashtag #marito# detenuto #carcere. Insomma, alla Mimina Biondi moglie di Pino Rogoli.

Maxiblitz antimafia in Puglia, attenti al "Lupo"

Non sapendo che Lupo, come loro nominano il tenente Alberto Bruno comandante del Nor di San Vito dei Normanni che ha condotto le indagini, li ascoltava già da un po’. Lupo di cui Ciccio Turrisi ha avuto il terrore dal giorno in cui l’ha arrestato la prima volta nel 2018.

“Il fatto di qui è che Lupo mi cucina, capito? Quello è il problema…nemmeno quei mongoloidi mi preoccupano…il fatto di Lupo, quello mi fa! Quello mi mette sotto, lo sai no?” ha detto Turrisi durante alcuni dei colloqui avuti con la moglie Marina nel Borgo San Nicola.

E, tornando alla mafia 3.0, sempre Savio Di Gioia quando è stato sottoposto agli arresti domiciliari, in alcuni video ha mostrato in primo piano il braccialetto elettronico con una musica neomelodica napoletana, “Tu piens solo a sta buon…” in sottofondo con le frasi “Io so chi tradirà e chi lo sta già facendo ma il vero guaio è che io non dimentico mai…” e che secondo gli investigatori del Nor è un chiaro messaggio diretto al gruppo rivale.

Maxiblitz antimafia in Puglia: l’ostentazione del lusso, dai cavalli di razza alle maniglie in oro come i Casamonica

Le mafie 3.0 sono amanti della musica, dalla trap al neomelodico, delle auto di lusso, delle armi, dei gioielli e dei cavalli. Come il boss Gianluca Lamendola che emulando la famiglia mafiosa dei Casamonica, possiede due cavalli di razza e che proprio come loro vorrebbe apporre alcuni inserti dorati sulla stalla e all’ingresso della sua base operativa, masseria Mascava, tra le campagne di Brindisi, San Vito e Mesagne, per ostentare la propria mafiosità sui social, acquisendo consenso sociale e consolidare il proprio potere intimidatorio.

Où, ora sto facendo come ai Casamonica, ora mi devono fare tutti i bordini dorati e le scritte Louis Vuitton” dice in una intercettazione al suo affiliato Adriano De Iaco, tra i 22 arrestati. E il padre, Cosimo Lamendola alias “bicicletta”: “Vai dall'amico nostro della gioielleria e ti fai fare tutte di oro le maniglie”.

Sul cellulare del boss Gianluca Lamendola sono stati trovati dei video, uno con il paese di Platì (Reggio Calabria) e uno con il santuario della Madonna dei polsi, a San Luca (Reggio Calabria), simbolo ndranghetista noto alle cronache per il suo rapporto storico-tradizionalista proprio con la mafia calabrese, dove ogni anno si riuniscono i boss della regione in occasione della festa mariana. Video incorniciati da canzoni neomelodiche.

Come tutte quelle che inneggiano alla malavita e agli “uomini d’onore”, in cui emerge un disprezzo esplicito per “sbirri” e “infami” e sono espressione di solidarietà al sistema delle mafie. Si pensi ai casi celebri dei cantanti Niko Pandetta (nipote del boss Turi Cappello, recluso al 41-bis) e Daniele De Martino, le cui canzoni e video sono molto d’impatto nel celebrare la “legge dell’omertà” e una vita notturna sfrenata.

Ma ora, al boss Lamendola, con testa rasata e lunga barba all’Emanuele Sibillo, spetta la sorte di Toto Riina rilanciata da lui stesso su TikTok e relativa a una scena tratta dalla serie “Il capo dei capi”, in cui riproduce il testo: “Lo hanno rinchiuso in quattro mura, senza problemi e senza paura, il rispetto non gli mancava, il rispetto era importante, ci furono arresti e latitanti”.

Tuttavia, la battaglia alla criminalità è ancora aperta sui social ed è per questo che Lupo, il tenente Alberto Bruno, ha istituito da tre anni il Premio Honestas su Instagram attraverso cui dona delle borse di studio agli adolescenti.

Si tratta di un video contest che ha la finalità di instillare nei giovani il seme della legalità, parlando loro con il linguaggio dei social e trasmettere i valori e i principi che formeranno le donne e gli uomini di domani. Perché la legalità, l’essere onesto e corretto, coerente e credibile ripaga anche in termini monetari.

Blitz antimafia in Puglia, interrogatori di garanzia: in silenzio davanti al gip. La redenzione di Bryan Maggi

“Grazie gip, grazie pm, non volevo più quella vita”: è la redenzione di Bryan Maggi di Brindisi, uno dei 22 arrestati nell’inchiesta antimafia in Puglia che prende il nome “The Wolf”, durante gli interrogatori di garanzia che si sono svolti nella giornata del 20 luglio dinnanzi al gip Maria Francesca Mariano.

L’operazione antimafia è stata condotta dal Nor al comando del tenente Alberto Bruno, da cui l’inchiesta prende il nome, “The Wolf” (Lupo era il nome dell’ufficiale durante la sua militanza al Ros), della compagnia di San Vito dei Normanni guidata dal capitano Vito Sacchi, coordinati dal pm della direzione distrettuale Antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero.

L’inchiesta, definita “dettagliatissima e assai curata in ogni particolare”, ha fermato l’ascesa dello spietato e violento boss Gianluca Lamendola, nipote del sanguinario Carlo Cantanna ergastolo al 41bis, appartenente alla frangia mesagnese della Sacra corona unita.

Con Lamendola sono finite in carcere altre 19 persone: il padre, Cosimo Lamendola alias “Bicicletta”, (51 anni, nato a Latiano, residente a Brindisi); lo zio Rosario Cantanna (49 anni, di Mesagne); Luca Balducci alias “Luchino” (29 anni, di Corato); Roberto Calò alias “Carvignulo” (40 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Angelo Potenzo Cardone alias “Jackie Chan” (36 anni, nato a Cisternino, residente a Fasano); Pancrazio Carrino alias “Stellina” (41 anni, nato a Mesagne, residente a San Pancrazio Salentino); Maurizio D'Apolito (46 anni, nato a Milano, residente a Torre Santa Susanna) Adriano De Iaco alias “Lu Meccanico”, (33 anni, nato a Mesagne, residente a San Vito Dei Normanni); Alessandro Elia (40 anni, di Brindisi); Domenico Fanizza alias “Fcazz” (41 anni, di Fasano); Renato Loprete (47 anni, nato a Putignano, residente a Fasano); Bryan Maggi “Lu Biondo” (33 anni, di Brindisi); Gionathan Manchisi (42 anni, nato in Germania, residente a Monopoli); Adriano Natale (41 anni, nato in Germania, residente a Carovigno); Domenico Nigro (23 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Giovanni Nigro alias “Lu Macu o Binocolo” (54 anni, di San Vito Dei Normanni); Giuseppe Prete alias “Vaccaredda o Ovi” (49 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Giulio Salamini (44 anni, di Taranto); Francesco Turrisi alias “Ciccio” (47 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Noel Vergine alias “Puma” (35 anni, nato a Taranto, residente a San Vito Dei Normanni). Ai domiciliari: Angelo Roccamo detto “Lino” (77 anni, di Brindisi).

Gli arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, eccetto Maurizio D’Apolito e Giuseppe Prete che si sono dichiarati estranei ai fatti.

Mentre, Bryan Maggi, cui il collaboratore di giustizia Andrea Romano ha passato il testimone per il comando del clan Romano- Coffa che avrebbe dovuto contrastare il clan Lamendola- Cantanna, non solo si è messo sotto al boss della frangia mesagnese, ma ha anche ringraziato il gip Maria Francesca Mariano e il pm Carmen Ruggiero per averlo arrestato perché stanco di quella vita, avendo la moglie e il suocero avviato attività legali.

I nomi degli avvocati difensori: Giuseppe Presicce, Giacomo Serio, Andrea D'Agostino, Giancarlo Camassa, Cinzia Cavallo, Michele Arcangelo Iaia, Mauro Durante, Vincenzo Nacci, Francesco Sozzi, Antonio Maurino, Livio Di Noi, Luigi Marinelli, Aldo Di Tommaso e Fabio Bisceglie.

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