Caso Gedi-Inps, l'inchiesta si allarga: "Procura pronta per altri sequestri"

Finiscono nel mirino degli inquirenti anche gli ex dipendenti andati in pensione, ai quali verranno chiesti indietro i soldi

Cronache
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Nel mirino anche chi è andato in pensione

Dopo aver rivelato il sequestro di oltre 30 milioni di euro a carico del Gruppo Gedi, nell'inchiesta su una presunta truffa ai danni dell'Inps, La Verità annuncia che “la Procura di Roma sarebbe pronta a prelevare all'incirca la stessa somma anche agli ex dipendenti che sarebbero, secondo gli inquirenti, andati in pensione senza averne diritto”. Secondo l'ipotesi accusatoria, attraverso un sistema di demansionamenti e trasferimenti (in alcuni casi fittizi) presso aziende del gruppo che usufruivano della Cigs, l'impresa editoriale avrebbe risparmiato sia sugli ingenti stipendi che sui contributi da versare ai propri manager. Un presunto profitto indebito che, appunto, supera i 30 milioni di euro, sui quali è stato operato il sequestro dei giorni scorsi. 

Si ipotizza il reato di concorso in truffa aggravata

La Guardia di Finanza, secondo quanto pubblica La Verità, starebbe inoltre completando i conteggi per definire l'importo delle prestazioni indebitamente prestate dall'Inps a partire dal 2012, quando il gruppo faceva capo all'Ing. Carlo De Benedetti, oggi editore de Domani, giornale che non ha nulla a che vedere con questa vicenda. Nel 2020 De Benedetti ha ceduto il gruppo alla famiglia Agnelli, che tuttora edita La Repubblica, La Stampa, L'Espresso e le altre prestigiose testate che ne fanno parte. Parlando di pensioni che ammonterebbero anche a 7.000 euro al mese, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro stima in circa 30 milioni di euro l'importo sul quale la Finanza interebbe operare un secondo prelievo forzoso, parlando di circa 70 ex dipendenti iscritti nel registro degli indagati per concorso in truffa aggravata.

"I controlli sul Gruppo Espresso? Tutto regolare"

Queste persone verranno sentite dagli inquirenti nei prossimi giorni e, nel caso non fossero in grado di restituire le somme percepite, viene ipotizzato il coinvolgimento dei manager Gedi e dei sindacalisti che hanno sottoscritto i relativi accordi, i quali verrebbero obbligati in solido nei confronti dello Stato. Un'ipotesi che comporterebbe un forte allargamento della vicenda, con evidenti ripercussioni sociali. Andrà probabilmente chiarita (anche sul piano erariale) anche la posizione dei dirigenti Inps che hanno avallato tali procedure di pensionamento. La Verità cita la risposta che la direzione regionale del Lazio avrebbe dato in seguito alla prima segnalazione di irregolarità e alle successive richieste di chiarimento da parte delle direzioni centrali competenti, nella quale si affermava che i controlli esperiti sul Gruppo Espresso (allora si chiamava ancora così) erano risultati regolari, senza elementi che suffragassero tale segnalazione. Anche il d.g. degli ammortizzatori sociali del Ministero del Lavoro, secondo una versione che La Verità attribuisce a quattro dirigenti Inps, avrebbe escluso anomalie nelle verifiche semestrali sul gruppo editoriale in questione.

L'ipotesi di un ulteriore allargamento della vicenda

Le vigilanze di Inps e Inail sono in seguito confluite nell'Ispettorato del Lavoro, dal quale sarebbe partita l'informativa alla Procura che ha dato il via all'indagine attualmente in corso. Un'indagine che già nel 2018 aveva partito all'acquisizione di numerosi documenti nelle varie sedi del Gruppo, ma, osserva il giornalista Giacomo Amadori, non fu accompagnata da “nessuna comunicazione agli organi di stampa, una decisione del tutto inusuale”. A parte alcuni brevi lanci di agenzia, “la palla fu lasciata a Gedi, costretta a diffondere una nota essendo quotata in Borsa”. Un basso profilo mediatico che La Verità ipotizza possa essere collegato ad analoghe pratiche da parte di altre testate, sulle quali negli scorsi anni sono stati avviati accertamenti, dei quali al momento non si conosce l'esito definitivo. 

 

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