Chico Forti, ecco come è diventato "paladino della destra" meloniana

Il rimpatrio di Chico Forti divide la politica. Il Governo elogia il proprio operato diplomatico, mentre le opposizioni attaccano: "Solo uno spot"

di Eleonora Perego
Cronache

Chico Forti paladino della destra meloniana? La trattativa, le foto, i precedenti

È il primo ergastolano a cui Washington consente di espiare il resto della pena nel Paese di origine. Un fatto più unico che raro. Eppure il rientro in Italia di Chico Forti, oggi 65enne condannato negli Stati Uniti per omicidio, invece che unire ha diviso l’opinione pubblica e i partiti diventando, ça va sans dire, l’ennesimo caso politico. A far discutere, da ultimo, l’“accoglienza” riservata a Forti, rientrato sabato mattina all’aeroporto militare di Pratica di Mare, nientemeno che dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che lo ha incontrato in una saletta riservata per la prima volta dopo la missione di marzo negli States. Un tappeto rosso, o per meglio dire azzurro - visto il colore politico assunto dalla vicenda - “steso nei confronti di un uomo condannato in via definitiva per il delitto di un altro uomo” hanno gridato a gran voce le opposizioni. “Bene Chico Forti che torna in Italia, una lunga battaglia che dura da anni. Ora facciamo eleggere Ilaria Salis e liberiamola” è stato il commento di Angelo Bonelli, esponente di Alleanza Verdi Sinistra.

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“Davvero non comprendo questo tripudio di governo su Chico Forti. Va bene la soddisfazione per l’azione diplomatica andata a buon fine, ma la presidente del Consiglio che lo va ad accogliere all’aeroporto non ha nessun senso” ha aggiunto Enrico Costa di Azione. Ma un “senso” al comportamento della premier si può trovare nella vera e propria campagna intrapresa da questo governo per il trasferimento del connazionale, quasi una sorta di rivincita sulle opposizioni dopo il flop di queste ultime non troppo tempo fa. Per capire di cosa stiamo parlando, e il cambiamento di colore che ha assunto la vicenda di Chico Forti, occorre riavvolgere il nastro fino al governo “Conte I”, di stampo giallorosso. Era il 23 dicembre 2020, e l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio annunciava di aver piegato la resistenza degli americani: “Ho una bellissima notizia da darvi: Chico tornerà in Italia. L’ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Il governatore della Florida ha infatti accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia”.

Lo stesso premier Conte aveva fatto tributo a “Di Maio e a tutto il corpo diplomatico italiano per la determinazione e l’impegno che hanno permesso di raggiungere questo importante risultato”. L’iter però, allora, si era inceppato, e quasi quattro anni dopo si ode solo un assordante silenzio da parte dei due principali partiti del cosiddetto “campo largo”. Nel frattempo, “in silenzio” - come sottolineato dall’attuale titolare della Farnesina Antonio Tajani - il partito di Meloni aveva ripreso l’operazione diplomatica attraverso il suo deputato eletto all’estero Andrea Di Giuseppe: legittimo dunque, secondo molti, che da Palazzo Chigi oggi si faccia notare “l’iter in tempi record” e il fatto che l’operazione sia “stata resa possibile grazie all’autorevolezza e alla riservatezza del governo”. Una coccarda da appuntare sui manifesti propagandistici in vista delle imminenti elezioni Europee? Un facile mordente populistico che fa leva sul patriottismo? Davvero Chico Frorti è diventato un “paladino della destra” come ha titolato parte della stampa nazionale? L’opinione, anche pubblica, è divisa.

Una cosa è sicuramente bipartisan, ossia la volontà di cavalcare la rilevanza mediatica di casi giudiziari che coinvolgono connazionali, siano essi innocenti, colpevoli, condannati o imputati. Silvia Baraldini, accusata negli Stati Uniti di associazione sovversiva, venne fatta rimpatriare grazie alle pressioni del governo Prodi prima e D’Alema poi, sulla presidenza Clinton. A riceverla c’era il leader del Partito dei Comunisti Italiani Armando Cossutta che le portò rose rosse. Mario Monti accolse a Fiumicino i due marò processati in India, e Matteo Salvini trasformò in uno spot elettorale il rimpatrio del latitante Cesare Battisti.

L’unico dato certo è che Enrico “Chico” Forti è rientrato in Italia, ma da condannato in via definitiva: ecco perchè la prossima battaglia che si giocherà, anche dal punto di vista politico, potrebbe essere quella dallo slogan “Chico Forti libero”.

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