Delitti irrisolti e misteriosi, Elisa True Crime batte Netflix su caso Orlandi
Da Elisa True Crime a Franca Leosini, in Italia esplode il fanatismo per la cronaca nera
Cronaca nera, in Italia esplode la passione per i crimini di sangue
Elisa True Crime ha battuto anche Netflix: il network americano usciva nell’ottobre del 2022 con Vatican Girl, sette mesi prima che la Procura di Roma riaprisse il caso Emanuela Orlandi. Ma lei, Elisa de Marco, la crime teller più famosa d’Italia con 800.000 iscritti e circa 70 milioni di visualizzazioni (più della popolazione italica) già nell’agosto 2021 pubblicava sul suo canale YouTube un podcast dal titolo degni di un romanzo di Dan Brown: “Dovete cercare dove guarda l’angelo”, riferendosi alla lettera anonima ricevuta per mezzo dell’avvocato della famiglia Orlandi, dove si davano indicazioni sul probabile luogo di sepoltura della ragazza sparita nel 1983.
Ma se il caso Orlandi, insoluto da 40 anni, torna sulla breccia, la passione italiana per il crimine, uno dei temi più trattati dalle pagine social delle testate giornalistiche, secondo Agicom, trova in Elisa la sua più avvincente narratrice: da Wanna, sul caso Wanna Marchi, a Dahmer, il cannibale di Milwaukee, per toccare delitti ormai entrati nell’immaginario collettivo come l’omicidio di Yara Gambirasio, Sarah Scazzi e (ahimé) tante altre vittime.
Uno dei suoi libri, Il Cold case di Elisa Claps, scomparsa nel 1993 e ritrovata morta nel 2010, risulta stabilmente fra i più venduti. Tutto parte nel 2018 quando, confinata a Shanghai in periodo pandemico, Elisa accende la telecamera del cellulare e registra il primo video sul caso di Chris Watts, che sterminò la famiglia in Colorado. «Non avevo nemmeno un microfono. E non sono una criminologa. L’ho fatto per me stessa, per capire. Credo che la semplicità e la spontaneità siano la ragione per cui tanti mi seguono», aveva dichiarato.
“Gli assassini non sono geniali, sono stupidi”
Quasi presentendo la domanda che ci si pone regolarmente, ovvero perché la gente sia così attratta dalla nera, soprattutto nel nostro paese, Stefano Nazzi, autore del podcast “Indagini” de Il Post, a luglio dal palcoscenico del Lecco Film Festival aveva puntato il dito sulla spettacolarizzazione del crimine, narrato come se ci si trovasse sempre su un set televisivo: “Mi stupisce sempre il superamento del confine di chi fa del male al prossimo. E mi stupisce la cattiveria, che ha sempre a che fare con la stupidità”.
Eppure, è una stupidità che attrae forse perché, come affermava Alessandro Baricco riferendosi a un famoso romanzo di Conrad, è “il movimento a pendolo con cui la coscienza dell’uomo normale viene attratta dall’orrore e poi se ne allontana per non essere in grado di tollerarla. […] È una storia ipnotizzante, che non vorremmo sentire, e che non riusciamo a non sentire”.
La maggior parte dei delitti? Lucida e premeditata
La famosa criminologa Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa investigativa con una specializzazione negli Usa, ha dichiarato espressamente in una delle sue tante apparizioni televisive che “la maggior parte dei delitti avviene in maniera lucida e premeditata. Sento spesso evocare la follia per spiegare atti che sono conducibili invece alla piena consapevolezza”.
La conferma arriva da John Douglas, che ha guidato per quindici anni il Behavioral Science Unit di Quantico (Virginia), la centrale da cui si dipana la ricerca dei colpevoli di crimini violenti e, soprattutto, dei serial killer. È stato lui, il celebre investigatore, che ha seguito i casi più clamorosi ed efferati della storia recente del crimine seriale negli Stati Uniti, che ha fatto prendere Jeffrey Dahmer e l’astuto Ted Bundy ed è stato chiamato anche ad esprimere il proprio parere sul "mostro di Firenze”. Secondo Douglas, autore fra l’altro di Mindhunter, edito da Rizzoli, “un assassino seriale pianifica il suo "lavoro" con la stessa cura con cui un pittore elabora il soggetto e l'esecuzione di una tela".
Ed è proprio in questo nero che va a scavare Elisa, vincente proprio perché scevra da un approccio clinico o accademico, animata come scrive lei stessa nella presentazione del canale dall’intento di “denunciare, diffondere consapevolezza ma soprattutto per ricordare le vittime di queste storie”. Prima di lei lo aveva fatto Franca Leosini con le sue Storie Maledette, che pare torni dopo le 18 edizioni registrate dal 1994 al 2020. Nel 2021 la giornalista aveva creato un nuovo programma, “che fine ha fatto Baby Jane”, indagando la vitsa post carcere dei protagonisti delle sue storie. Ma ora, a furor di popolo, pare che torni a raccontarcene altre su Rai3.
Anche Emma D’Acquino tornerà con Amore Criminale, programma che dal 2007 di occupa di femminicidi e violenze sulle donne. Uno studio del 2010 dell'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign ha rilevato che le donne tendono ad essere attratte dal true crime più degli uomini e che sono più interessate alle storie che presentano vittime femminili e che riescono a riferire che cosa abbia motivato un assassino a compiere i suoi delitti. Elisa de Marco conferma: secondo lei, infatti, oltre a percepire un maggiore coinvolgimento, “è possibile che le donne sentano di riuscire a individuare meglio i segnali di pericolo documentandosi su determinati casi”. E infatti, la giovane Youtuber ha più volte affermato che la consapevolezza aiuta a imparare a riconoscerei campanelli d’allarme per potersi difendere al meglio.
Anche Bologna riapre al true crime, con Bo-Noir
Ritorna Bo Noir anche a Bologna, dopo una lunga interruzione visto che l’ultima edizione risaliva al 2008. Da fine giugno a inizio luglio si è parlato di casi particolarmente incisivi, dall’omicidio di Federico Aldrovandi al delitto di Cogne, alla presenza di giornalisti, scrittori, esperti.
La passione adolescenziale per il tema è foraggiata dai network, Netflix ha una parte espressamente dedicata in cui i titoli cascano addosso come la tracimazione di una diga: Memorie di un omicida, l’infermiere killer, Breaking Bad, Better call Saul, Mindhunter, Dahmer, Amanda Knox e via discorrendo.
La spettacolarizzazione? Pare sia la cosa più ambita dai serial killer
In un bellissimo documento diffuso da Adir, dal titolo “La ricostruzione del profilo psicologico comportamentale del serial killer”, Gianluca Massaro evidenzia che l'interesse generalizzato e, per certi versi morboso, verso questo fenomeno, ha indotto i mass media ad occuparsi costantemente dell'argomento serial killer, rilevandolo ad ogni sua manifestazione, ma anche, soprattutto negli Stati Uniti, procedendo ad una spettacolarizzazione di un fenomeno così brutale. In Italia, c'è stato un bisogno di conoscenza e di risposta agli interrogativi aperti e posti dai grandi processi del 1994, come il processo nei confronti di Pacciani, il presunto "mostro di Firenze", e il processo Chiatti, per le gesta del "mostro di Foligno".
“Quel che stupisce, tuttavia, è il sereno cinismo impiegato ad alimentare il mito di questi nuovi divi del male, anche da parte di individui o riviste all'apparenza alieni da morbosità. In fondo i serial killer, psicotici o psicopatici che siano, o ipernormali, come definiti da alcuni, possiedono quasi tutti un'altissima opinione di sé. E finiscono, piaccia o no, per prendersi la scena”.